da Trump a
Bolsonaro. In «Democrazie a rischio» l’analisi di Fabrizio Tonello
di Simone Pieranni *
Come siamo
arrivati a questo punto? Trump presidente degli Stati Uniti, la Brexit infinita
in Gran Bretagna, le democrazie illiberali nell’est Europa, Bolsonaro in
Brasile: è davvero questo il nostro futuro? Chi ne è responsabile? Ridendo e
scherzando, da più parti si levano addirittura richieste di rivedere la
possibilità di concedere a tutti il voto (di recente Beppe Grillo ha proposto
di togliere il voto agli anziani…). Troppa ignoranza, si dice, non favorisce un
processo elettorale corretto, in grado cioè di fornire governanti capaci. Si
tratta di un’iperbole che lavora però sottotraccia e confonde le cause di
questa situazione con il suo esito.
COME E
PERCHÉ oggi assistiamo a una mancanza di
cultura politica ed economica (e in alcuni casi di cultura tout court) nella
maggior parte della popolazione e come questo si riverbera negli esiti politici
delle società capitalistiche, è l’oggetto di Democrazie a rischio, la
produzione sociale dell’ignoranza di Fabrizio Tonello (Pearson, pp. 146,
euro 21), professore associato di scienza politica all’università di Padova e
firma che i lettori del manifesto conoscono bene. Gli spunti del libro di
Tonello sono moltissimi; proviamo a procedere nel ragionamento effettuato dalprofessore
e nella sua ricerca di risposte (per quanto nessuna spiegazione sia completa e
sufficiente a spiegare l’attuale stato delle nostre democrazie), partendo, però
dalla fine: di sicuro i media, la disinformazione (come andrebbe chiamato il
fenomeno, anziché usare l’espressione fake news), l’infantilizzazione della
vita «social» (cui Tonello dedica un gustoso capitolo) e l’imbarbarimento del
linguaggio contro tutto quanto è «politicamente corretto», hanno contribuito.
Ma si tratta, come si sarebbe detto un tempo, di «sovrastrutture».
LA CAUSA
PRINCIPALE è, infatti, insita nel sistema di
produzione, nel capitalismo, la cui recente dinamica finanziaria e neoliberista
ha volontariamente eroso sempre più gli spazi democratici, sfruttando il nuovo
sistema mediatico spinto dalla Rete e portando le nostre democrazie a diventare
sempre più povere in termini di capacità di rappresentare e contrapporre ai
rappresentanti un corpo sociale in grado di avere spazio e di discernere sulle
scelte effettuate.
A QUESTO
PROPOSITO non è un caso, forse, se il luogo
nel quale oggi il capitalismo sembra essere governato al meglio è la Cina, un
paese controllato da un processo autoritario ma nel quale sussiste uno sforzo
immenso per provare a combinare la politica con la «meritocrazia». Qualche anno
fa Daniel Bell ed Eric Li sul Financial Times, avevano scritto che il Partito
comunista da partito rivoluzionario era diventato un partito «meritocratico». Ça
va sans dire che in Cina di fatto non esiste società civile, completamente
strozzata dalla gestione autoritaria anche dell’informazione. Tonello scrive
infatti che «la situazione attuale è il frutto non di una mancanza di nozioni
di educazione civica da parte dei cittadini, ma piuttosto di una condizione di
disorientamento mescolato a nozioni errate, risultato di una convergenza di
fattori tecnologici, psicologici e sociali e soprattutto di scelte politiche di
lungo periodo ostili alla scuola, alla cultura, all’ambiente».
Ecco perché
l’attuale sistema neoliberista sembra sempre più a proprio agio con forme
autoritarie di governo, come dimostrano i casi dell’Europa dell’est, o con
forme clownistiche della politica, utilissime a svuotare di senso l’intero
processo culturale e mediatico. Si assiste sempre più, infatti, all’ascesa di
personaggi come Trump i quali interpretano «emozioni più che classi sociali»
all’interno di una cornice «spettacolare» (come previsto da Debord) nella quale
recitano una parte: «gli scandali, il caso che regna alla Casa bianca», non lo
danneggiano perché sono considerate, dai suoi elettori (e fan) come parte dello
spettacolo stesso.
Nel volume,
infine, c’è un importante capitolo dedicato proprio alla scuola, alla sua
mercificazione e più in generale a quel mix letale che oggi come oggi sembra opporsi
a chi, semplicemente, ha studiato, nonché allo «svuotamento» delle classi
medie. Tonello a questo proposito introduce un elemento intrigante: a fronte di
una minore partecipazione elettorale della popolazione, lo dicono le
percentuali sempre più alte degli astenuti, negli ultimi dieci anni sono nati
moltissimi movimenti in grado di scardinare alcune di queste caratteristiche
delle nostre democrazie.
DA GEZI PARK
A TAHRIR, da Hong Kong agli Indignados, fino
al recente Extinction Rebellion. Tutti fenomeni accomunati da istanze
comuni, da un rifiuto delle forme di leadership tradizionali e dal fatto di
aver creato in quelle che potremmo chiamare «zone autonome», delle biblioteche,
simbolo della cultura non mercificata: un «bene pubblico – Tonello prende in
prestito le parole di Zeynep Tufekci – e spazio pubblico non commerciale e
condiviso».
*
da il manifesto – 12 novembre 2019
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