7 ottobre 2019

Tunisia, sullo sfondo del voto legislativo la sfida tra diversi populismi



Oggi ( domenica) elezioni legislative. Oggi sette milioni di tunisini eleggeranno il nuovo Parlamento 15mila candidati (per 1.592 liste) concorrono per 217 seggi. Ma il ballottaggio presidenziale polarizza la società civile 




In Tunisia, nel giorno delle elezioni legislative che devono disegnare il nuovo parlamento, il vero arbitro delle sorti del Paese che rischia di presentarsi sfaccettato per la formazione di un governo stabile, l’attenzione è già rivolta al secondo turno delle elezioni presidenziali tra due candidati che hanno fatto della lotta al vecchio sistema il loro cavallo di battaglia. L’appuntamento è fissato per il 13 ottobre.

ESATTAMENTE UN MESE prima, nella giornata della chiusura della campagna elettorale per le presidenziali, i sostenitori di Nabil Karoui si sono dovuti accontentare di acclamare il loro leader attraverso i cartelli elettorali e i comizi dei rappresentanti del partito Au cœur de la Tunisie su un palco posizionato di fronte alla stazione dei treni di Tunisi.
Karoui, infatti, dal 23 agosto si trova in carcere con l’accusa di frode fiscale e riciclaggio in un processo partito dall’inchiesta dell’organizzazione non governativa I Watch nel 2016. 56 anni, aria rassicurante, capello bianco tirato all’indietro e un viso riempito da piccoli occhiali rotondi, Karoui ha saputo convincere i tunisini conquistando il secondo turno delle presidenziali con il 15,6% delle preferenze.

PROPRIETARIO DEL CANALE televisivo privato più importante del Nord Africa, Nessma TV, e fondatore di un’associazione di beneficenza con cui si è fatto largo nelle sacche più povere del Paese, in Tunisia è conosciuto anche come il «Berlusconi tunisino». Il 13 ottobre sfiderà Kais Saied, professore universitario e costituzionalista, famoso per le sue posizioni ultraconservatrici a favore della pena di morte e contro il mondo Lgbtqi. Si è guadagnato il ballottaggio con il 18,4% dei voti grazie a un tour elettorale sobrio e posato che gli è valso il soprannome di «Robocop».
Grazie alla sua forte presenza mediatica e una campagna contro la vecchia classe politica rappresentata dal partito islamista Ennahda e da Nidaa Tounes, partito dell’ex presidente Beji Caid Essebsi, Karoui ha vinto il premio per il candidato più populista di queste elezioni. Dalle dichiarazioni di uno dei suoi referenti politici più vicini, Samy Achour, il nemico cui rivolgere la colpa è chiaro fin da subito: «A imprigionarlo sono stati il capo di governo (Youssef Chahed, ndr) ed Ennahda. Non vogliono lasciare il potere e non conoscono lo spirito della democrazia. Hanno ancora un’ottica dittatoriale e non hanno capito nulla della rivoluzione, è il popolo che decide».

LE AMBIZIONI POLITICHE di Karoui non sono recenti ma risalgono a quattro anni fa: «A partire del 2015 è stato chiaro che avesse in mente un obiettivo politico e che voleva il potere – spiega Thameur Mekki, caporedattore del giornale indipendente Nawaat Press – A oggi non è ancora stato condannato ma io sono sicuro che le accuse siano fondate. Non ho alcun dubbio sull’influenza diretta del capo di governo sull’inchiesta per farlo arrestare esattamente prima dell’inizio della campagna elettorale». Karoui, ben conscio della sua influenza nel Paese, ha spesso usato il suo canale televisivo Nessma TV per diffamare chiunque potesse porre un ostacolo davanti a lui.
Come è successo ad Al Bawsala, un osservatorio democratico nato nel 2011 che controlla l’operato del parlamento e il processo di applicazione della costituzione: «Al Bawsala con Karoui ha dei precedenti importanti a livello personale – afferma Nesrine Jelalia, la presidente – Vorrebbe che noi avessimo paura di uscire di casa la mattina. Ha detto che vorrebbe mandare delle persone nei bar, prendere le fatture e mostrarle alla televisione per dimostrare che beviamo alcool con i soldi dell’associazione. Questo è stato detto in una delle riunioni di redazione di Nessma. Noi abbiamo deciso di non concedere più nessuna dichiarazione alla sua televisione ma eravamo anche contrari all’emendamento della legge elettorale mirata a escluderlo perché il timing era sospetto. Per noi però resta un mafioso, un esperto di diffamazione e disinformazione».

«È UN UOMO PRONTO A TUTTO per eliminare i suoi nemici, so fino a che punto se ne frega della libertà d’espressione, non solamente attraverso la sua televisione per lanciare una campagna di linciaggio contro I Watch o per le tre denunce che ha depositato contro di me», aggiunge Mekki. Nel corso delle settimane Karoui è stato anche accusato di avere fatto un uso strumentale della sua associazione di beneficienza per raccogliere voti.
Un’accusa, questa, che Samy Achour rispedisce al mittente: «È falsa. Dopo la morte di suo figlio in un incidente stradale ha deciso con la sua famiglia di aiutare il popolo di Dio. Hanno voluto fare un gesto di bontà verso i più umili. Karoui ha aiutato queste persone come neanche lo Stato ha mai fatto. Io l’ho visto coi miei occhi, sono state loro a chiedergli di presentarsi alla presidenza della Repubblica e lui rispondeva di no. E loro lo imploravano dicendo che era il solo ad averli compresi».

«IN TUNISIA SIAMO PASSATI direttamente dalla dittatura all’era dei populismi. Non siamo riusciti a costruire una vera identità democratica», conclude Mekki.
Il popolo tunisino assisterà dunque a una vibrante sfida Robocop vs Berlusconi. Se dovesse vincere il secondo, Tunisi conoscerà il primo vero cortocircuito istituzionale della sua breve storia democratica: un presidente della Repubblica eletto in carcere.

* da il manifesto 6 ottobre 2019

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