Nuova finanza pubblica. Grandi manovre finanziarie
all'orizzonte, fatte all’oscuro di tutti i detentori della ricchezza di Cdp ( Cassa Depositi e prestiti ),
ovvero quelle oltre 20 milioni di persone che vi depositano i risparmi (oltre
250 miliardi) e che sapranno sempre meno intorno alla loro tutela e utilizzo
di Marco
Bersani *
Occorreranno
studi approfonditi di psicologia per riuscire un giorno o l’altro finalmente a
capire come mai, ogni volta che si parla di debito pubblico, al ministro
dell’Economia di turno brillino gli occhi, si guardi furtivamente intorno e con
riflesso pavloviano decida di mettere sul mercato un altro pezzo di ricchezza
sociale. Come fossimo agli albori della dottrina neoliberale, ci tocca ogni
volta sentire la litania: «Servono le privatizzazioni per abbattere il debito
pubblico». Nel frattempo, ci siamo venduti quasi tutto e il debito pubblico ha
continuato allegramente la sua irresistibile ascesa.
Poco
importa. Ormai sappiamo che ogni volta che si «accende» lo «scontro» tra il
nostro governo e e l’Unione Europea, dobbiamo controllare le nostre tasche
perché è quasi automatica la soluzione: la sottrazione di un bene comune.. Per
carità, questa volta siamo solo alla fase istruttoria, ma il fatto che sia già
uscita sulla stampa appare una studiata strategia di sondaggio preventivo per
vedere di nascosto l’effetto che fa.
Il ministero
dell’Economia sta studiando un nuovo assetto della Cassa depositi e prestiti
(Cdp), che prevede la cessione di una quota del 15%, che porterebbe la
proprietà pubblica al 65% (essendo il 15,93% già in possesso delle Fondazioni
bancarie. Essendo il patrimonio complessivo pari a 33 miliardi, nelle casse
dello Stato entrebbero 5 miliardi che naturalmente sarebbero destinati
all’abbattimento del debito pubblico. Inutile sottolineare come la parola
«abbattimento» nel dizionario italiano ha un preciso significato: demolizione,
distruzione, abolizione. Può chiamarsi abbattimento un’operazione che porterà
il nostro debito pubblico dagli attuali 2.217,7 miliardi (dicembre 2016) ai
futuri 2.212,7 miliardi? In compenso, se l’ultimo dividendo staccato da Cdp
corrispondeva a 850 milioni di euro (dei quali, 680 milioni sono andati allo
Stato), in futuro, su ogni dividendo simile, lo Stato ne incasserà solo 550.
Non è neppure chiaro ad oggi a chi verrà ceduto il 15% se a investitori
istituzionali, a fondi o banche estere.
La svendita
di un ulteriore pezzo di Cdp si incrocia anche con le grandi manovre intorno
alla privatizzazione di Poste: l’idea del ministero dell’Economia è quella di
cedere entro l’anno il residuo 29,3% (dopo aver ceduto il 35% a Cdp e il 36,7%
a investitori individuali e istituzionali). Grandi manovre finanziarie, fatte
all’oscuro di tutti i detentori della ricchezza di Cassa Depositi e Prestiti,
ovvero quelle oltre 20 milioni di persone che vi depositano i risparmi (oltre
250 miliardi) e che sapranno sempre meno intorno alla loro tutela e utilizzo.
Forse è
davvero giunto il momento di rilanciare una campagna di massa per la
socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti, per il suo decentramento
territoriale e per la gestione partecipativa dell’utilizzo del risparmio
postale. Hanno venduto tutti i beni comuni e ora scappano con la Cassa. È il
momento di riprenderci la ricchezza sociale che rappresenta.
* da il
manifesto , 18 marzo 2017
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