di Linda Maggiori *
Viviamo felicemente
senz’auto da vari anni e spesso mi chiedono: “Perché non vi comprate un’auto
elettrica? Avreste tutte le comodità a zero emissioni“. E noi rispondiamo: e a
che ci serve un’auto privata, anche se elettrica? Come scrive Alberto Bellini
nel suo libro: è chiaro che l’uso di autoveicoli privati deve subire un
drastico ripensamento: immaginare di convertire l’attuale parco mezzi in
veicoli a emissioni zero non rappresenta una soluzione …la mobilità privata
(anche a emissioni zero) rappresenta un grande spreco di risorse; si utilizzano
grandi quantità di materia e energia per una funzione limitata nel tempo e
largamente sovradimensionata rispetto alle necessità, poiché spesso i mezzi
sono utilizzati per poche ore al giorno e per una sola persona”.
Le auto elettriche
sono un progresso solo se sono alimentate con energia rinnovabile e solo se
vengono condivise tra più famiglie.
Altrimenti si
rischia il paradosso: per alimentare un numero sempre crescente di auto
elettriche si aprono nuove centrali a carbone (come a Rotterdam) spostando solo
la fonte dell’inquinamento. Ogni auto, che sia elettrica o a benzina, che sia
ferma o in moto, consuma suolo, materie prime e energia. Il suo “zaino
ecologico” è pesantissimo: per costruire un’auto di una tonnellata (che sia
elettrica o ibrida o a benzina) occorrono grosso modo 25 tonnellate di materiali,
200 tonnellate di acqua e 1,5 tonnellate di petrolio sotto forma di materie
plastiche; e tutto questo, alla fine, si trasforma in 4 tonnellate di CO2.
Elettriche, ibride o
alimentate mediante carburanti fossili non importa: le auto intasano, uccidono,
sprecano risorse, tempo e spazio. Circa 3500 morti in Italia, provocati dalle
auto in incidenti stradali, in un anno. Più delle armi da fuoco. Eppure
basterebbe poco per fermare questa strage: è stato calcolato che ad ogni punto
percentuale di aumento degli spostamenti in bicicletta in ambito urbano
corrisponde una diminuzione del 2-5% degli incidenti fra tutti gli utenti della
strada (Safety in numbers, Jacobsen 2003-2009).
Le città, se lo
vogliono, possono fare a meno delle auto, così come dimostra Oslo. Dopo
l’accordo tra i principali partiti politici per impedire la vendita delle
vetture a benzina e gasolio entro il 2025, la giunta della città ha un nuovo
obiettivo: entro il 2019, vietare tutte le auto nel centro città. Anche quelle
ibride o elettriche. Eh, ma loro sono norvegesi… tanti dicono. Da noi è
diverso. E perché? I norvegesi hanno forse un territorio particolare,
un’intelligenza superiore? Non c’è niente di immodificabile, a livello di
cultura, di comportamenti appresi. Con un po’ di buona volontà anche le
peggiori abitudini si possono sradicare. La concentrazione di auto per abitante
che c’è oggi in Italia è sopra la media europea: 61 ogni 100 abitanti, contro
le 46 auto ogni 100 abitanti di media europea. Si tratta di una reale necessità
o di una pessima abitudine?
Ma come faranno a
Oslo? Isole pedonali e ciclabili sempre più estese, e rimozione di tutti i
parcheggi e stalli per la sosta, fatta eccezione per i posti riservati ai
disabili. Se facessero la metà di questo, in qualsiasi città italiana, ci
sarebbero la rivolta e le barricate, peggio che se togliessero il diritto di
voto.
C’è chi,
ipocritamente, in Italia protesta: “Una città senz’auto è impossibile! Come
farebbero gli anziani, i disabili senza auto?”. E’ vero il contrario: io lavoro
con giovani adulti disabili, la maggior parte di loro sono autonomi nello
spostamento, non guidano auto, ma vanno in bici o coi mezzi pubblici. Il
traffico è un ostacolo che aumenta il loro svantaggio, la loro disabilità.
Anche i disabili più gravi e gli anziani, che non riescono a spostarsi
autonomamente e necessitano di essere accompagnati in auto, beneficerebbero di
una città car free, con parcheggi solo per loro.
E’ proprio vero,
come diceva E. J. Mishan, “L’invenzione dell’auto privata è una delle più
grandi sciagure abbattutesi sul genere umano” E. J. Mishan-Evalutation of Life
and Limb, 1971. E forse solo amministrazioni lungimiranti, con scelte
drastiche, e magari impopolari, possono salvarci da questa sciagura.
* Mamma e scrittrice
impegnata nella difesa dell'ambiente (da ilfattoquotidiano,12 marzo 2017)
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