Intervista a Jeff Halper, realizzata da Barbara Bertoncin *
Jeff Halper
è un antropologo, già direttore dell’Icahd, è cofondatore di The People Yes!
Network
All’indomani della cosiddetta legge furto, approvata dal parlamento israeliano,
sembrano ormai venute meno le condizioni per una soluzione a due stati; il
rischio di uno scenario in cui Israele si annette l’area C, si proclama lo
stato palestinese a Gaza e il resto della Cisgiordania diventa un protettorato
internazionale; l’unica alternativa: uno stato binazionale e democratico, dove
i popoli di entrambe le nazioni si possano sentire a casa e al sicuro.
Intervista a Jeff Halper.
Jeff Halper,
antropologo, già direttore dell’Israeli Committee Against House
Demolitions (Icahd), è cofondatore di The People Yes! Network (Tpyn).
Vive a Gerusalemme.
Tu da tempo denunci come in Israele-Palestina non ci siano più le condizioni per una soluzione a due stati.
Abbiamo trascorso anni e anni lavorando sulla questione palestinese. Ovunque nel mondo è uno dei temi principali di cui la gente parla. Ecco, io dico che la soluzione a due stati è andata. È morta. Ed è così da anni. Il problema è che la sinistra non ha ancora definito un nuovo obiettivo da raggiungere. Qual è il nostro progetto?
Io ho scritto molto su quella che ritengo debba essere la via da percorrere una volta venuta meno l’opzione dei due stati. Dobbiamo puntare a uno stato democratico binazionale.
Questa è la mia idea, ce ne sono altre in giro. Purtroppo la sinistra non si esprime, inclusi i palestinesi, e noi siamo bloccati, perché io non posso rivendicare nulla in nome dei palestinesi, posso spingermi solo fino a un certo punto, ma non posso rappresentarli.
Continuo a partecipare a grandi convegni, fra un paio di settimane sarò in Irlanda a intervenire sul diritto internazionale e i palestinesi. Gli incontri si susseguono, c’è la campagna Bds (boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni), ci sono i dossier, i rapporti dell’Onu, di Human Rights Watch, di Amnesty e milioni di altri gruppi differenti, c’è la protesta... Ecco, il punto è che ci sono solo proteste e documenti! Non c’è un movimento politico pro-attivo. Non si fa nulla di politico.
Israele non ha più l’appoggio incondizionato da parte della comunità internazionale. Trump si proclama suo amico, ma non sono certo lo sia davvero.
Io continuo ad andare all’estero a parlare, e la gente mi dice: va bene, ti ascoltiamo da vent’anni, sappiamo tutto, abbiamo capito, l’occupazione è una brutta cosa, vìola i diritti umani... Ma dicci cosa vuoi, dicci cosa vogliono i palestinesi e gli israeliani di sinistra. Dicci cosa fare e lo faremo.
Boicottare Sodastream non libererà la Palestina. Ripeto, serve un obiettivo politico. Il problema è che noi di sinistra non ci vediamo davvero come attori politici: commentiamo, analizziamo, scriviamo, ma non ci buttiamo, non ci impegniamo in un processo politico. Così lasciamo il terreno libero a Netanyahu e alla destra.
Tu da tempo denunci come in Israele-Palestina non ci siano più le condizioni per una soluzione a due stati.
Abbiamo trascorso anni e anni lavorando sulla questione palestinese. Ovunque nel mondo è uno dei temi principali di cui la gente parla. Ecco, io dico che la soluzione a due stati è andata. È morta. Ed è così da anni. Il problema è che la sinistra non ha ancora definito un nuovo obiettivo da raggiungere. Qual è il nostro progetto?
Io ho scritto molto su quella che ritengo debba essere la via da percorrere una volta venuta meno l’opzione dei due stati. Dobbiamo puntare a uno stato democratico binazionale.
Questa è la mia idea, ce ne sono altre in giro. Purtroppo la sinistra non si esprime, inclusi i palestinesi, e noi siamo bloccati, perché io non posso rivendicare nulla in nome dei palestinesi, posso spingermi solo fino a un certo punto, ma non posso rappresentarli.
Continuo a partecipare a grandi convegni, fra un paio di settimane sarò in Irlanda a intervenire sul diritto internazionale e i palestinesi. Gli incontri si susseguono, c’è la campagna Bds (boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni), ci sono i dossier, i rapporti dell’Onu, di Human Rights Watch, di Amnesty e milioni di altri gruppi differenti, c’è la protesta... Ecco, il punto è che ci sono solo proteste e documenti! Non c’è un movimento politico pro-attivo. Non si fa nulla di politico.
Israele non ha più l’appoggio incondizionato da parte della comunità internazionale. Trump si proclama suo amico, ma non sono certo lo sia davvero.
Io continuo ad andare all’estero a parlare, e la gente mi dice: va bene, ti ascoltiamo da vent’anni, sappiamo tutto, abbiamo capito, l’occupazione è una brutta cosa, vìola i diritti umani... Ma dicci cosa vuoi, dicci cosa vogliono i palestinesi e gli israeliani di sinistra. Dicci cosa fare e lo faremo.
Boicottare Sodastream non libererà la Palestina. Ripeto, serve un obiettivo politico. Il problema è che noi di sinistra non ci vediamo davvero come attori politici: commentiamo, analizziamo, scriviamo, ma non ci buttiamo, non ci impegniamo in un processo politico. Così lasciamo il terreno libero a Netanyahu e alla destra.
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