Centro America. Domenica il narco-Stato elegge il nuovo presidente. Zero previsioni: sondaggi inaffidabili. Campagna insanguinata: uccisi 30 candidati al parlamento e ai municipi
di Gianni Beretta *
Non sarà affatto
agevole per gli osservatori elettorali della già non particolarmente affidabile
Organizzazione degli Stati americani verificare la correttezza delle
consultazioni presidenziali che si terranno domenica in Honduras. E per un
semplice motivo: stiamo parlando di un narco-stato a tutti gli effetti
(manovrato dai cartelli messicani) che garantisce impunemente il transito della
cocaina oltre che il lavaggio di una fetta dei suoi proventi. Basti pensare che
Tony Hernandez, fratello del presidente uscente Juan Orlando (al governo dal
2013 per il Partido Nacional), si è visto affibbiare l’ergastolo negli Stati
uniti per narcotraffico nel marzo scorso. Mentre lo stesso Juan Orlando è da
anni nel mirino della antinarcotici Usa.
PER NON PARLARE poi di uno dei
favoriti alla vittoria (tra la dozzina di candidati alla guida del paese):
l’impresario Yani Rosenthal, segretario del Partido Liberal, condannato in
passato a tre anni negli States per riciclaggio di narcodollari. E dire che
l’Honduras, tra i paesi dell’istmo centroamericano, è quello che più di ogni
altro avrebbe mantenuto le caratteristiche storiche di banana republics del
«cortile di casa» del gigante del nord.
NEL TRADIZIONALE schema
bipartitico honduregno il contendente nacionalista Nasry Asfura non sarebbe
direttamente coinvolto nel malaffare, salvo essere chiacchierato per
corruzione. Mentre a fare da terza incomodo (per l’ennesima volta e con scarse
possibilità) ci sarà Xiomara Castro, del Partido Libertad y Refundación, moglie
dell’ex presidente Manuel Zelaya rovesciato da un golpe civico-militare nel
2009 per essersi collocato nell’orbita dell’allora leader bolivariano Hugo
Chavez.
Come stabilisce la legge
elettorale locale, le urne esprimeranno il capo dello stato direttamente al
primo turno tra chi prenderà più voti. E di sondaggi affidabili alla vigilia
non ne sono praticamente circolati. A conferma di come l’Honduras sia privo di
una qualsiasi dinamica politica propriamente detta. La campagna elettorale ha
registrato l’assassinio di una trentina di candidati al parlamento e
municipali, in un paese dove la criminalità organizzata imperversa al fianco
delle maras (bande giovanili). L’essere ambientalista poi è tipificato come uno
dei peggiori delitti; basti pensare all’assassinio della giovane militante
Bertha Caceres, i cui mandanti sono rimasti nell’impunità.
STIAMO PARLANDO del resto di un
paese che contende da sempre al Nicaragua il primato della povertà in America
Latina (dopo Haiti). Anche se in quanto a vaccinazione anti-Covid Tegucigalpa
raddoppierebbe il 19% di Managua. D’altronde il Centro America (che ha
solennemente celebrato nel settembre scorso il bicentenario dell’indipendenza
dalla Spagna) è un po’ tutto precipitato in una disperante deriva
antidemocratica che (soprattutto dal presidente Usa Donald Trump in poi) non ha
neppure più la valvola di sfogo dell’emigrazione.
CON LA VORACE oligarchia
guatemalteca anch’essa impregnata nel narcotraffico. Con El Salvador alle prese
del rampante twittero Najib Bukele che, oltre a controllare i tre poteri dello
stato, si è avventurato (primo al mondo) a introdurre il bitcoin. Per finire in
Nicaragua con l’autarchia della neodinastia del clan Ortega.
* da il manifesto – 27
novembre 2021
nella foto: la candidata presidente Xiomara Castro del Partido Libertad y
Refundación durante un comizio a San Pedro Sula
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