America latina. Il repubblicano ottiene due punti in più del progressista Boric. I due candidati presidenti al ballottaggio il prossimo 19 dicembre in uno scenario mai così polarizzato. Ma ora entrambi al lavoro per assicurarsi i voti del centro
di Ariadna Dacil Lanza *
Alla luce dei
risultati di ieri, il capitolo finale delle presidenziali in Cile si terrà il
19 dicembre, quando José Antonio Kast del Partido Republicano de Chile e
Gabriel Boric, l’attuale candidato della coalizione di sinistra Pacto Apruebo
Dignidad, si affronteranno in un ballottaggio. L’occasione sarà un momento
decisivo in cui optare per due coalizioni che non sono mai state al governo e
che muovono gli orientamenti politici un po’ più agli estremi rispetto alle
ultime due cariche presidenziali, quelle di Sebastián Piñera e di Michelle
Bachelet.
Antonio e Patricia
sono una coppia sposata che odora di profumo importato, portano orologi e
cellulari costosi, e si trovano nel quartiere Las Condes di Santiago del Cile
dove Kast parlerà di lì a pochi minuti, quando saranno confermati i risultati
che gli hanno dato la vittoria al primo turno. Chiedono «cambiamento ma con
sicurezza» e di «mantenere la tradizione di un paese con valori familiari e
meritocrazia». Con un sottofondo di musica rap che intona «Osa per il Cile, per
la tua famiglia e per tua madre», Marcela Ferreira, 50 anni, critica Piñera per
aver «ceduto stupidamente il potere a un gruppo di sinistra». Marcela apprezza
che Kast sia «politicamente scorretto» e che – riferendosi al conflitto con i
Mapuche – il candidato di estrema destra chiami «ciò che sta accadendo in
Araucanía per quello che è, terrorismo del tipo più puro in cui si sono
infiltrate le Farc e molte altre organizzazioni legate al traffico di droga». E
infine, assicura, «il terrorismo non può essere risolto con il dialogo». Andrea
Torres, una giovane venezuelana che non vota ancora in Cile ma accompagna il
suo fidanzato alla festa, è fiduciosa che «Kast avrà la mano dura» di fronte
alla crisi migratoria che il paese ha vissuto recentemente: «Anche se sono i
miei connazionali a essere entrati».
La domanda è cosa ne è
stato della rivolta sociale di due anni fa e come spiegare queste affermazioni
dei sostenitori di Kast, che cantano «Viva il Cile e Pinochet» o «Il Cile non
sarà mai comunista», e che replicano il discorso del loro candidato che durante
la campagna ha detto: «Se Pinochet fosse vivo voterebbe per me». Ora è il
favorito al ballottaggio. Inoltre Kast, che ha punti in comune con Jair
Bolsonaro e che ha stretto legami con Vox, propone che al momento del
referendum finale si bocci la nuova Costituzione – che la Convenzione
Costituente sta elaborando – e si mantenga quella della dittatura. Questa
continuità aiuta a ricordare che la transizione democratica in Cile è avvenuta
dopo il referendum del 1988 con una minima differenza di voti tra sostenitori e
avversari del dittatore.
Un’altra domanda che
risuona dopo domenica è quanto i «vincitori» siano in sintonia con le esigenze
della società, perché sebbene Kast abbia ottenuto il 27,9% dei voti (nel 2017
ottenne l’8%) e Boric il 25,83%, entrambi hanno raccolto una minuscola porzione
di voti: quasi 3,8 milioni su un totale di votanti che ha superato i 7 milioni
ma che rappresenta meno della metà dei 15 milioni degli aventi diritto. È
chiaro che questi numeri rientrano nella media storica (è la quinta elezione in
12 mesi e in nessuna l’affluenza ha superato il 51%) e all’interno del sistema
elettorale cileno un presidente può essere eletto con questi margini. Ma in uno
scenario di polarizzazione come questo e con un numero enorme di elettori
indecisi e disincantati, chiunque assuma la prossima presidenza avrà davanti a
sé una consistente parte della società che non lo ha eletto.
I programmi di
entrambi i candidati sono radicalmente diversi, ma nel ballottaggio dovranno
reindirizzarsi verso il centro per cercare di catturare voti. Ci sono stati
segnali in questo senso nei discorsi di Kast e Boric dopo gli spogli di
domenica. Il candidato repubblicano dovrà attenuare alcuni dei suoi programmi
economici liberali e sociali conservatori. Finora Kast ha proposto, per
esempio, l’eliminazione di alcuni ministeri per ridurre le dimensioni dello
Stato, l’abrogazione della legge del 2017 che permette l’aborto per tre
causali, è critico nei confronti dell’educazione sessuale nelle scuole, si
muove sull’asse legale-illegale per quanto riguarda le questioni migratorie e
ha proposto 10 passi per affrontare quella che lui chiama «l’invasione degli
immigrati illegali», compresa la creazione di una forza di polizia ispirata all’Immigration
and Customs Enforcement (Ice) degli Stati uniti.
Intanto Boric, che ha
parlato dopo le 22 di domenica nel quartiere Italia di Santiago, ha chiesto ai
suoi sostenitori di andare a fare opera di convincimento in vista del
ballottaggio, ma senza scontri perché «nessuno è di troppo». Il programma
dell’ex leader studentesco dovrà insomma virare verso il centro, cercando
l’appoggio degli elettori della democristiana Yasna Provoste, ex ministra del
governo Bachelet. Finora, Boric ha criticato il modello economico cileno,
proponendo la sostituzione del sistema pensionistico Afp, una delle principali
richieste della rivolta del 2019, oltre a insistere sulla necessità di rendere
le tasse progressive. Contrariamente a Kast, la sua idea di Stato è piuttosto
espansiva in termini di assistenza e servizi sociali.
Il bunker di Apruebo
Dignidad, come quello di Kast, era in strada. L’atmosfera era più ambigua,
festosa dal palco in cui suonavano bande musicali, rilassata tra il pubblico,
si ballava e si cantava, ma anche incerta perché il ballottaggio non sarà
facile. «Siamo venuti qui con un sapore dolce e amaro perché è andato al
secondo turno, ma è difficile. Non avrei mai pensato che Kast e ciò che
rappresenta potesse essere una forza importante», dice Álvaro. Per Patricia era
importante esserci «per motivare un po’ la gente» e perché «se Kast vince la
rivolta sociale è stata inutile». Pablo Calixto, 30 anni, dice che non è
militante in nessun partito ma che è al bunker di Boric «per affrontare un
movimento che è il fascismo e che è presente in numeri troppo evidenti» e per
appoggiare le rivendicazioni «ecologiche e femministe».
È fondamentale anche
guardare ai risultati delle elezioni legislative perché, essendo Kast e Boric
due candidati degli «estremi», oltre che tra gli elettori, dovranno cercare
alleati tra i partiti di centro per governare: chiunque sia il vincitore non
avrà la maggioranza in parlamento. D’altra parte, il Congresso ha un ruolo
decisivo: una volta che la nuova Costituzione sarà stata redatta, se
modificherà i punti chiave del sistema politico – potrebbe cambiare la durata
delle cariche elettive, eliminare il Senato, o anche andare verso un sistema
semi-presidenziale o parlamentare – sarà il Congresso a decidere se convocare
elezioni anticipate per rendere vigenti le nuove regole del gioco. Lo scenario
rimane quindi molto aperto, soprattutto se Kast diventerà presidente e dovrà
governare con una nuova carta costituzionale, che lui e il suo settore
rifiutano.
Il Congresso si
configura adesso con una maggioranza per l’attuale partito al potere, anche se
il suo candidato alla presidenza, Sebastián Sichel, è giunto terzo con il 12%
dei voti. Al Senato, dove 27 dei 43 seggi erano in palio, Cile Podemos Más di
Piñera avrà 22 seggi e alla Camera dei Deputati, che ha rinnovato tutti i 155
seggi, lo stesso ha ottenuto 53 seggi. Significativo il gesto di Sichel che
dopo le elezioni ha detto che «parlerà» con Kast e che non voterà per Boric
perché non vuole che «l’estrema sinistra vinca», gesto che lascia presagire una
serrata dei ranghi al Congresso. La seconda forza parlamentare sarà l’ex
Concertación, che era in maggioranza nel governo Bachelet e che ha sostenuto la
candidatura presidenziale di Yasna Provoste, arrivata quinta con l’11,74% dei
voti – anche al di sotto di Franco Parisi, un candidato che ha fatto campagna
elettorale dagli Stati uniti essendo indagato in Cile per non aver pagato il
mantenimento dei figli – che ha ottenuto il 12,8%. Il settore di Provoste non
ha ancora dato il suo appoggio formale a Boric, ma lei ha chiamato a «non
permettere l’avanzata del fascismo che Kast rappresenta». Boric avrà 37 seggi
alla Camera dei deputati e Kast 15, mentre al Senato Boric avrà cinque seggi e
Kast uno. Una metafora per analizzare i movimenti politici regionali può essere
presa in prestito dalla fisica: «A ogni azione corrisponde sempre una reazione
uguale e contraria». Così come in Brasile al grido di «Ele Nao» hanno risposto
i conservatori del bolsonarismo e in Argentina la «marea verde» ha risvegliato
una «marea celeste», in Cile la rivolta che chiedeva riforme radicali e metteva
in discussione lo status quo ha toccato le corde sensibili del pinochetismo,
che Kast ha saputo interpretare e a cui ha risposto con un messaggio di «ordine
e pace».
Ora la sfida per Kast sarà sedurre coloro che sono d’accordo con queste
premesse, ma da posizioni dai valori più democratici. Nel frattempo Boric, pur
essendo riuscito finora a tradurre istituzionalmente alcune delle proposte
della rivolta sociale, dovrà affrontare la sfida di mostrare governabilità e
moderazione, ma dovrà anche essere capace di entusiasmare i disincantati.
* da il manifesto 23
novembre 2021
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