23 novembre 2021

Il Cile si risveglia troppo pinochetista: Kast arriva primo

 America latina. Il repubblicano ottiene due punti in più del progressista Boric. I due candidati presidenti al ballottaggio il prossimo 19 dicembre in uno scenario mai così polarizzato. Ma ora entrambi al lavoro per assicurarsi i voti del centro


di Ariadna Dacil Lanza *

Alla luce dei risultati di ieri, il capitolo finale delle presidenziali in Cile si terrà il 19 dicembre, quando José Antonio Kast del Partido Republicano de Chile e Gabriel Boric, l’attuale candidato della coalizione di sinistra Pacto Apruebo Dignidad, si affronteranno in un ballottaggio. L’occasione sarà un momento decisivo in cui optare per due coalizioni che non sono mai state al governo e che muovono gli orientamenti politici un po’ più agli estremi rispetto alle ultime due cariche presidenziali, quelle di Sebastián Piñera e di Michelle Bachelet.

Antonio e Patricia sono una coppia sposata che odora di profumo importato, portano orologi e cellulari costosi, e si trovano nel quartiere Las Condes di Santiago del Cile dove Kast parlerà di lì a pochi minuti, quando saranno confermati i risultati che gli hanno dato la vittoria al primo turno. Chiedono «cambiamento ma con sicurezza» e di «mantenere la tradizione di un paese con valori familiari e meritocrazia». Con un sottofondo di musica rap che intona «Osa per il Cile, per la tua famiglia e per tua madre», Marcela Ferreira, 50 anni, critica Piñera per aver «ceduto stupidamente il potere a un gruppo di sinistra». Marcela apprezza che Kast sia «politicamente scorretto» e che – riferendosi al conflitto con i Mapuche – il candidato di estrema destra chiami «ciò che sta accadendo in Araucanía per quello che è, terrorismo del tipo più puro in cui si sono infiltrate le Farc e molte altre organizzazioni legate al traffico di droga». E infine, assicura, «il terrorismo non può essere risolto con il dialogo». Andrea Torres, una giovane venezuelana che non vota ancora in Cile ma accompagna il suo fidanzato alla festa, è fiduciosa che «Kast avrà la mano dura» di fronte alla crisi migratoria che il paese ha vissuto recentemente: «Anche se sono i miei connazionali a essere entrati».

La domanda è cosa ne è stato della rivolta sociale di due anni fa e come spiegare queste affermazioni dei sostenitori di Kast, che cantano «Viva il Cile e Pinochet» o «Il Cile non sarà mai comunista», e che replicano il discorso del loro candidato che durante la campagna ha detto: «Se Pinochet fosse vivo voterebbe per me». Ora è il favorito al ballottaggio. Inoltre Kast, che ha punti in comune con Jair Bolsonaro e che ha stretto legami con Vox, propone che al momento del referendum finale si bocci la nuova Costituzione – che la Convenzione Costituente sta elaborando – e si mantenga quella della dittatura. Questa continuità aiuta a ricordare che la transizione democratica in Cile è avvenuta dopo il referendum del 1988 con una minima differenza di voti tra sostenitori e avversari del dittatore.

Un’altra domanda che risuona dopo domenica è quanto i «vincitori» siano in sintonia con le esigenze della società, perché sebbene Kast abbia ottenuto il 27,9% dei voti (nel 2017 ottenne l’8%) e Boric il 25,83%, entrambi hanno raccolto una minuscola porzione di voti: quasi 3,8 milioni su un totale di votanti che ha superato i 7 milioni ma che rappresenta meno della metà dei 15 milioni degli aventi diritto. È chiaro che questi numeri rientrano nella media storica (è la quinta elezione in 12 mesi e in nessuna l’affluenza ha superato il 51%) e all’interno del sistema elettorale cileno un presidente può essere eletto con questi margini. Ma in uno scenario di polarizzazione come questo e con un numero enorme di elettori indecisi e disincantati, chiunque assuma la prossima presidenza avrà davanti a sé una consistente parte della società che non lo ha eletto.

I programmi di entrambi i candidati sono radicalmente diversi, ma nel ballottaggio dovranno reindirizzarsi verso il centro per cercare di catturare voti. Ci sono stati segnali in questo senso nei discorsi di Kast e Boric dopo gli spogli di domenica. Il candidato repubblicano dovrà attenuare alcuni dei suoi programmi economici liberali e sociali conservatori. Finora Kast ha proposto, per esempio, l’eliminazione di alcuni ministeri per ridurre le dimensioni dello Stato, l’abrogazione della legge del 2017 che permette l’aborto per tre causali, è critico nei confronti dell’educazione sessuale nelle scuole, si muove sull’asse legale-illegale per quanto riguarda le questioni migratorie e ha proposto 10 passi per affrontare quella che lui chiama «l’invasione degli immigrati illegali», compresa la creazione di una forza di polizia ispirata all’Immigration and Customs Enforcement (Ice) degli Stati uniti.

Intanto Boric, che ha parlato dopo le 22 di domenica nel quartiere Italia di Santiago, ha chiesto ai suoi sostenitori di andare a fare opera di convincimento in vista del ballottaggio, ma senza scontri perché «nessuno è di troppo». Il programma dell’ex leader studentesco dovrà insomma virare verso il centro, cercando l’appoggio degli elettori della democristiana Yasna Provoste, ex ministra del governo Bachelet. Finora, Boric ha criticato il modello economico cileno, proponendo la sostituzione del sistema pensionistico Afp, una delle principali richieste della rivolta del 2019, oltre a insistere sulla necessità di rendere le tasse progressive. Contrariamente a Kast, la sua idea di Stato è piuttosto espansiva in termini di assistenza e servizi sociali.

Il bunker di Apruebo Dignidad, come quello di Kast, era in strada. L’atmosfera era più ambigua, festosa dal palco in cui suonavano bande musicali, rilassata tra il pubblico, si ballava e si cantava, ma anche incerta perché il ballottaggio non sarà facile. «Siamo venuti qui con un sapore dolce e amaro perché è andato al secondo turno, ma è difficile. Non avrei mai pensato che Kast e ciò che rappresenta potesse essere una forza importante», dice Álvaro. Per Patricia era importante esserci «per motivare un po’ la gente» e perché «se Kast vince la rivolta sociale è stata inutile». Pablo Calixto, 30 anni, dice che non è militante in nessun partito ma che è al bunker di Boric «per affrontare un movimento che è il fascismo e che è presente in numeri troppo evidenti» e per appoggiare le rivendicazioni «ecologiche e femministe».

È fondamentale anche guardare ai risultati delle elezioni legislative perché, essendo Kast e Boric due candidati degli «estremi», oltre che tra gli elettori, dovranno cercare alleati tra i partiti di centro per governare: chiunque sia il vincitore non avrà la maggioranza in parlamento. D’altra parte, il Congresso ha un ruolo decisivo: una volta che la nuova Costituzione sarà stata redatta, se modificherà i punti chiave del sistema politico – potrebbe cambiare la durata delle cariche elettive, eliminare il Senato, o anche andare verso un sistema semi-presidenziale o parlamentare – sarà il Congresso a decidere se convocare elezioni anticipate per rendere vigenti le nuove regole del gioco. Lo scenario rimane quindi molto aperto, soprattutto se Kast diventerà presidente e dovrà governare con una nuova carta costituzionale, che lui e il suo settore rifiutano.

Il Congresso si configura adesso con una maggioranza per l’attuale partito al potere, anche se il suo candidato alla presidenza, Sebastián Sichel, è giunto terzo con il 12% dei voti. Al Senato, dove 27 dei 43 seggi erano in palio, Cile Podemos Más di Piñera avrà 22 seggi e alla Camera dei Deputati, che ha rinnovato tutti i 155 seggi, lo stesso ha ottenuto 53 seggi. Significativo il gesto di Sichel che dopo le elezioni ha detto che «parlerà» con Kast e che non voterà per Boric perché non vuole che «l’estrema sinistra vinca», gesto che lascia presagire una serrata dei ranghi al Congresso. La seconda forza parlamentare sarà l’ex Concertación, che era in maggioranza nel governo Bachelet e che ha sostenuto la candidatura presidenziale di Yasna Provoste, arrivata quinta con l’11,74% dei voti – anche al di sotto di Franco Parisi, un candidato che ha fatto campagna elettorale dagli Stati uniti essendo indagato in Cile per non aver pagato il mantenimento dei figli – che ha ottenuto il 12,8%. Il settore di Provoste non ha ancora dato il suo appoggio formale a Boric, ma lei ha chiamato a «non permettere l’avanzata del fascismo che Kast rappresenta». Boric avrà 37 seggi alla Camera dei deputati e Kast 15, mentre al Senato Boric avrà cinque seggi e Kast uno. Una metafora per analizzare i movimenti politici regionali può essere presa in prestito dalla fisica: «A ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria». Così come in Brasile al grido di «Ele Nao» hanno risposto i conservatori del bolsonarismo e in Argentina la «marea verde» ha risvegliato una «marea celeste», in Cile la rivolta che chiedeva riforme radicali e metteva in discussione lo status quo ha toccato le corde sensibili del pinochetismo, che Kast ha saputo interpretare e a cui ha risposto con un messaggio di «ordine e pace».
Ora la sfida per Kast sarà sedurre coloro che sono d’accordo con queste premesse, ma da posizioni dai valori più democratici. Nel frattempo Boric, pur essendo riuscito finora a tradurre istituzionalmente alcune delle proposte della rivolta sociale, dovrà affrontare la sfida di mostrare governabilità e moderazione, ma dovrà anche essere capace di entusiasmare i disincantati.

* da il manifesto 23 novembre 2021

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