Venezuela. L'opposizione conquista solo tre stati. All'elezione di domenica ha partecipato tutto l'arco politico
di Claudia Fanti *È stata una vittoria
schiacciante quella riportata dal governo Maduro alle elezioni municipali e
regionali di domenica in Venezuela. Il chavismo – o, come preferiscono
definirlo i settori più critici della sinistra, il “madurismo” – si è affermato
in 20 stati su 23, oltre che a Caracas, dove l’ex ministra dell’Interno Carmen
Meléndez si è imposta con il 58,9% dei voti.
COME PREVISTO, l’opposizione,
che è riuscita a conquistare solo Cojedes, Nueva Esparta e Zulia, benché
quest’ultimo sia il più popoloso del Venezuela, ha pagato duramente la mancanza
di unità: se si fosse presentata unita, avrebbe potuto giocarsi la vittoria in
almeno altri tre stati. Ma, ancor di più, ha scontato il discredito provocato
da tre anni di appelli a «restare a casa» e dalla lunga serie di fallimenti,
scandali di corruzione e promesse mancate che hanno segnato la stagione del
“governo per Internet” di Juan Guaidó.
Non è da addebitare
però solo alla rovinosa strategia dell’opposizione la bassa affluenza
registrata domenica: la partecipazione di appena il 41,8% degli elettori è il
segnale di una disaffezione politica crescente che non può non investire anche
il governo Maduro.
E se il presidente ha ragione a ricondurre l’ennesima vittoria alla
«perseveranza» e alla «rettitudine» della militanza, ciò non assolve il governo
da tutti i suoi limiti ed errori: gli accordi di vertice con la borghesia, lo
smantellamento dei servizi pubblici, il burocraticismo, l’inefficienza delle
politiche in difesa dei settori più poveri, la concentrazione di potere
nell’esecutivo, l’ingresso di capitali privati in diversi settori chiave
dell’economia. E più in generale, l’abbandono nei fatti di quel processo di
transizione all’ecosocialismo che era stato, pur nelle contraddizioni, il
grande sogno di Chávez.
PERCHÉ è di tutt’altro
che parlano la controversa Ley Antibloqueo, descritta da più parti come uno
strumento per una sotterranea privatizzazione delle risorse del paese, e
l’ancor più criticato progetto di legge per la creazione di Zone economiche
speciali, le quali, quasi per definizione, finiscono per costituire enclave
estrattiviste sottratte al controllo dello stato.
Che il governo non sembri disposto a porre freni al modello estrattivista, lo
dimostra del resto non solo la mancata rinuncia al carbone, a cui si deve la
contaminazione della Sierra de Perijá, ma anche il rifiuto ad aderire
all’accordo globale per frenare la deforestazione firmato, alla Cop 26, da ben
124 paesi.
La vittoria di
domenica, stavolta legittimata anche dalla partecipazione di tutto l’arco
politico, oltre che dalla presenza degli osservatori elettorali (la missione
della Ue riferirà oggi), rappresenta in ogni caso una bella boccata di ossigeno
per il presidente Maduro, il quale ha esortato tutti, vincitori e sconfitti, a
«rispettare i risultati» e a portare avanti il dialogo politico e «la
riunificazione nazionale».
QUANTO ALL’OPPOSIZIONE, tra i pochissimi a
commentare il risultato è stato il candidato a sindaco di Caracas per la Mud,
la Mesa de la Unidad Democrática, Tomás Guanipa: «Dobbiamo riconoscere la necessità
di cambiare la strategia seguita finora. La nostra sfida deve essere quella di
stare con i cittadini, perché è innegabile che il paese vuole un cambiamento ed
è per questo che dobbiamo lottare».
* da il manifesto
-23 novembre 2021
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