Se fosse stato facile realizzare una “economia dell’idrogeno”, lo si sarebbe già fatto da tempo. Sono almeno vent’anni che se ne parla, con scarsi risultati (almeno fino ad ora). Eppure sull’idrogeno, dal grigio al blu, dal viola al verde se ne dicono di tutti i colori. Qualche approfondimento al riguardo.
di Pierluigi Argoneto *
Partiamo dalle basi: l’idrogeno, che i chimici amano identificare con la lettera H, è l’elemento più diffuso nell’universo: quasi il 75% della materia è costituita da idrogeno. Può sembrare poetico, e forse lo è davvero, ma parafrasando Dante si potrebbe dire che è l’idrogeno che move il sole e l’altre stelle, perché proprio di idrogeno sono composte, così come pure in gran parte lo sono i pianeti come Giove e Saturno. Sulla Terra, però, questo elemento non ama stare da solo, è tanto socievole quanto abbondante: quando si lega all’ossigeno otteniamo l’acqua, se si associa al carbonio otteniamo gli idrocarburi (dal metano al carbone), quando è legato sia all’ossigeno che al carbonio otteniamo i vari composti organici. Trovarlo da solo, è praticamente impossibile: non esistono miniere di idrogeno sulla Terra! E però ci serve, e tanto: prima ancora di immaginare usi in ottica green transition, dobbiamo prendere consapevolezza del fatto che oggi l’idrogeno viene utilizzato tantissimo per l’agricoltura: serve idrogeno per fare ammoniaca, e dunque sali di ammonio, quindi fertilizzanti. Con l’idrogeno, letteralmente, si mangia.
I colori dell’idrogeno: una questione di produzione
Sulla terra l’idrogeno deve essere prodotto, e qui
cominciano i problemi perché per ottenerlo bisogna letteralmente staccarlo
dalle molecole in cui è combinato. E farlo richiede energia, a volte tanta
energia. Per descrivere in modo veloce in che modo l’idrogeno viene prodotto,
si sono iniziati ad utilizzare i “colori”, sebbene non si tratti della tonalità
reale dell’elemento, che è del tutto trasparente e, allo stato gassoso,
invisibile all’occhio umano.
Nero. Una prima
molecola da cui è possibile “staccare” l’idrogeno è quella dell’acqua. Tutti
sappiamo, più o meno dalle elementari, che la molecola di acqua infatti è
costituita da due atomi di idrogeno (H) e uno di ossigeno (O): la famosa H2O.
Facendo attraversare l’acqua da un flusso molto potente di corrente elettrica,
cioè usando un processo che si chiama elettrolisi, riesco a
staccare i singoli atomi gli uni dagli altri e a ottenere idrogeno da una parte
e ossigeno dall’altra. La questione è: come genero la (tanta) energia elettrica
necessaria all’elettrolisi? Se la ottengo da centrali elettriche a carbone o a
petrolio inquino. E tanto: per fare un 1kg di idrogeno con questa tecnologia serve
una quantità di energia pari al fabbisogno di una famiglia media italiana per
una intera settimana. Essendo molto inquinante, si identifica l’idrogeno
prodotto in questo modo con il colore nero.
Grigio. La maggior
parte dell’idrogeno prodotto, per la precisione ben il 97%, è grigio.
Il processo tecnologico utilizzato è quello cosiddetto di reforming:
si parte cioè non dall’acqua, ma dal metano – costituito da un atomo di
carbonio e ben quattro di idrogeno (CH4) – o da altri idrocarburi.
Durante questa operazione si libera in atmosfera molta anidride carbonica, la
famigerata CO2 che, essendo inodore e incolore, non è mai stata
un problema fino a qualche anno fa: l’abbiamo da sempre liberata in atmosfera senza
grandi preoccupazioni andando a creare il disastro climatico che oggi iniziamo
a percepire.
Marrone. È marrone l’idrogeno
estratto mediante il processo di gassificazione del carbone fossile (lignite):
anche qui, grande produzione di CO2 che viene liberata in
atmosfera.
Blu. Viene
definito blu l’idrogeno prodotto come quello grigio,
mediante un procedimento che però non butta la CO2 prodotta
direttamente in atmosfera, ma la cattura e la immagazzina: una buona idea,
sulla carta. Nella pratica però non è così semplice: immagazzinare la CO2 ha
un costo, non solo energetico, molto alto. Ad oggi, l’unico utilizzo è quello
delle industrie petrolifere che usano questa anidride carbonica per il recupero
secondario del petrolio: si spinge dentro i giacimenti la CO2 con
l’obiettivo di fare affiorare il petrolio residuo dai pozzi che diversamente
non sarebbero riusciti ad estrarre. Ma questo significa non disperdere in
atmosfera la CO2 – generata per produrre idrogeno – per
ottenere del petrolio che poi, bruciando, genera altra CO2 che
viene dispersa in atmosfera. Un non-sense (in ottica green transition,
non di certo da un punto di vista economico per l’industria petrolifera). E
poi: per pompare anidride carbonica nei pozzi a 1000 metri di profondità serve
energia: una centrale elettrica, e come viene alimentata? Se uso combustibili
fossili, c’è un doppio non senso. Se uso le rinnovabili, beh, allora avrei
potuto usarle direttamente inquinando meno. Quindi, il blu è un bellissimo
colore, ma per l’idrogeno rappresenta solo una bella idea che nella pratica
genera più problemi di quanti ne risolve.
Verde.
L’idrogeno verde viene generato dall’acqua, come quello nero.
Solo che, in questo caso, l’energia elettrica necessaria all’elettrolisi la
ricavo non da fonti fossili, ma con l’energia rinnovabile come quella
idroelettrica, solare o fotovoltaica. Per produrre idrogeno in questo modo,
quindi, serve un surplus di rinnovabile. Attualmente l’Italia – che è tra i
primi produttori europei di rinnovabile – ne produce il 40% rispetto al suo
fabbisogno. Questo significa che la consumiamo tutta per l’ordinario e non ne
“avanza” per produrre idrogeno verde.
Viola. L’idrogeno
viola viene generato dall’acqua, come quello nero. Solo che, in
questo caso, l’energia elettrica necessaria all’elettrolisi la ricavo non da
fonti fossili, ma con energia nucleare. E dunque è necessario
prevedere la realizzazione di centrali nucleari che, come sappiamo, sono molto
efficienti, tecnologicamente avanzate, non producono anidride carbonica ma
residui di lavorazione radioattivi molto difficili da smaltire e trattare e con
un alto impatto sociale.
E una volta prodotto, l’idrogeno, come si
distribuisce?
Qualunque sia la tecnologia che si utilizza per produrre
idrogeno, con i pro e i contro che abbiamo provato a sintetizzare, l’idrogeno
ha un altro problema molto serio: è difficile da stoccare e da trasportare.
L’idrogeno è l’elemento più leggero in natura, ed è la molecola più piccola
dell’universo. Per provare ad immagazzinarlo, attualmente, posso fare
principalmente due cose:
·
potrei comprimerlo, ma dovrei portarlo a pressioni
elevatissime e non è per niente banale (circa 700 bar) e metterlo in serbatoi;
·
potrei liquefarlo, ma per farlo dovrei essere in grado
di portarlo – e mantenerlo – a meno 253 gradi sotto lo zero,
quindi dovrei consumare tantissima energia. Non è un caso che ad oggi lo si
possa fare solo per lo Space Shuttle.
© NASA
Imagery – L’External Tank – Serbatoio Esterno – dello Space Shuttle
contiene idrogeno e ossigeno liquidi utilizzati in fase di decollo.
Ci sono poi altre modalità di stoccaggio (sotto forma
di ammoniaca, idruri metallici, utilizzando solidi altamente porosi, e via
dicendo) ma in molti casi stiamo ancora parlando di ricerca di base non
utilizzabile sul mercato. Di certo non è vero che già oggi lo si possa
trasportare nelle condotte del metano attuali: in poco tempo andrebbe a
corrodere le tubature esistenti, e bisognerebbe cambiare le valvole e i
compressori che devono essere diversi da quelli utilizzati per il metano,
infatti ne servirebbero di più potenti di almeno tre volte. Servono quindi test
molto sofisticati per pensare alla rete distributiva dell’idrogeno e
investimenti molto costosi da un punto di vista infrastrutturale.
Conclusioni temporanee
La via della transizione energetica non è banale ed è
irta di ostacoli e difficoltà tecnologiche, sociali ed economiche. Lasciarsi
fuorviare da semplificazioni “colorate”, che spesso nascondono insidie o
interessi marcatamente di parte, è semplice ed è quanto i decisori politici
devono assolutamente evitare. Non esiste, ad oggi, una chiara via da
percorrere: vanno esplorate tutte con pazienza e buon senso per individuare
quella migliore e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che ci si è
prefissati. Allora, alcune riflessioni e qualche domanda:
·
la ricerca nel settore dello stoccaggio e della
distribuzione di idrogeno è fondamentale e va finanziata: non ha senso per il
nostro Paese o per l’Europa non investire in ricerca e poi acquistare
tecnologia da terzi: cosa stiamo facendo in tal senso?
·
bisogna puntare in modo deciso alla elettrificazione
spinta dei consumi finali, all’efficientamento e al recupero energetico, far sì
che ci trasformiamo tutti in prosumer energetici. Ad oggi, le centrali
termoelettriche convenzionali convertono circa il 30% dell’energia del
combustibile in elettricità e il restante 70% viene perso in calore. Se a
questo aggiungiamo la dispersione termica a valle (edifici, automobili,
elettrodomestici, etc.) ci rendiamo conto dell’enorme assurdità che viviamo.
Efficientare. Efficientare. Efficientare. Cosa si sta facendo in tal senso?
Per concludere: la fine dell’era del petrolio e
l’avvento di una società dove l’energia per buona parte dell’umanità sarà
ricavata dall’idrogeno è una intuizione abbastanza datata. Ne aveva parlato la
prima volta Cesare Marchetti, ricercatore dell’International Institute for
Applied Systems Analysis di Luxemburg negli anni ’70 del secolo scorso. E poi
anche l’economista Jeremy Rifkin, in un suo libro di circa venti anni fa dal
titolo “Economia all’idrogeno”, ne aveva descritto tutti gli aspetti positivi.
Se però fosse stato così facile come Rifkin sosteneva, lo avremmo già fatto. Ma
non è facile. Motivo per cui è necessario impegnarsi, come al solito, partendo
dalla consapevolezza che il futuro non può che derivare da scelte politiche
coraggiose basate sui dati, sulle evidenze, sulla scienza e la tecnologia.
Lasciarsi suggestionare, dicendone di tutti i colori soprattutto sull’idrogeno,
ci allontana da quello che dovrebbe essere il nostro vero obiettivo.
nella foto: Lignite. Viene utilizzata per produrre idrogeno cosiddetto “marrone”
Alcuni approfondimenti: - Strategia nazionale Idrogeno https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Strategia_Nazionale_Idrogeno_Linee_guida_preliminari_nov20.pdf
- Verso un mercato dell’idrogeno per l’Europa: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/12/11/towards-a-hydrogen-market-for-europe-council-adopts-conclusions/#
* da www.smartgreenpost.it - 8 Novembre 2021
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