Un nuovo rapporto di Greenpeace, The Climate Emergency Unpacked, svela che Coca-Cola, Nestlé, PepsiCo - ma anche Mondelēz, Danone, Unilever, Colgate Palmolive, Procter & Gamble e Mars - acquistano i loro imballaggi da produttori che, a loro volta, si approvvigionano da aziende come ExxonMobil, Shell, Chevron Phillips, Ineos e Dow. "Cercano di eludere le loro responsabilità per le violazioni dei diritti umani e ambientali"
di Luisiana Gaita *Esistono legami commerciali e comuni
attività di lobby tra le aziende che
impiegano imballaggi monouso e l’industria petrolifera e del gas. Se compagnie come Saudi
Aramco, Total, Exxon e Shell stanno
facendo enormi investimenti nel settore petrolchimico e nella produzione di
plastica, dall’altro le multinazionali come Coca-Cola,
Nestlé, PepsiCo (ma l’elenco è lungo) sono i principali
acquirenti di imballaggi in plastica monouso (il più grande settore di utilizzo
di plastica vergine). Un nuovo rapporto di Greenpeace, The Climate Emergency Unpacked, svela che le tre
multinazionali, ma anche Mondelēz,
Danone, Unilever, Colgate Palmolive, Procter & Gamble e Mars acquistano i loro
imballaggi da produttori che, a loro volta, si approvvigionano da aziende come
ExxonMobil, Shell, Chevron Phillips, Ineos e
Dow. La plastica del packaging, infatti, è ricavata in gran parte dal petrolio
e dal gas fossile, considerati i principali responsabili del riscaldamento globale. “Celando queste relazioni dietro
una cortina fumogena – scrive Greenpeace – multinazionali come Coca-Cola,
PepsiCo e Nestlé cercano di eludere le loro responsabilità per le violazioni dei diritti umani e ambientali riconducibili alla produzione di
plastica ricavata dalle fonti fossili”.
LE EMISSIONI ASSOCIATE
ALLA PLASTICA – In realtà più del 99% della plastica deriva dai combustibili fossili
e le emissioni di gas serra sono associate a ogni fase del ciclo produttivo.
Nel 2019, un’analisi di CIEL (Center
for International Environmental Law) ha stimato le emissioni di gas serra
associate all’intero ciclo di vita della plastica: per estrazione, trasporto e
raffinazione vengono emesse globalmente circa 108 milioni di tonnellate di
anidride carbonica equivalenti. Secondo le stime di Plastics Europe, nel 2020 la produzione globale di
plastica ha raggiunto i 367 milioni di tonnellate, rispetto ai 359 milioni di
tonnellate del 2018. Se si procederà seguendo tale traiettoria, la produzione
di plastica raddoppierà i volumi del 2015 entro il 2030-2035, per poi
triplicarli entro il 2050. Queste stime, se si concretizzassero, aumenterebbero
del 50% le emissioni associate al ciclo di vita della plastica entro il 2030.
CRESCE L’USO DEGLI
IMBALLAGGI – Gli imballaggi monouso
trainano la crescita della produzione di plastica e i grandi marchi non ne
riducono significativamente l’utilizzo. Come
rivelato da ilfattoquotidiano.it la revisione nel
2020 degli impegni delle aziende che hanno aderito al Global Plastics Commitment della Ellen MacArthur Foundation, ha mostrato che l’uso di
imballaggi in plastica da parte dei firmatari nel 2019 è cresciuto dello 0,6%. Inoltre, l’impiego di packaging riutilizzabile (la vera soluzione per
risolvere l’inquinamento del pianeta) era pari solo all’1,9% del totale degli imballaggi, in crescita di
appena lo 0,1% rispetto all’anno precedente.
IL SOSTEGNO ALLE
COMPAGNIE DELL’OIL&GAS – “La catena di fornitura della plastica è in gran parte opaca ed
è difficile risalire – si legge nel rapporto – partendo da una singola
confezione, all’azienda che ha fabbricato l’imballaggio, alla provenienza del
polimero di cui è fatto, al sito petrolchimico in
cui quest’ultimo è stato raffinato o all’area in cui il petrolio e il gas
fossile necessari a produrlo sono stati estratti”. Ma quasi ogni tipo di
imballaggio in plastica è il prodotto finale di tutte queste fasi di lavorazione.
E i maggiori produttori mondiali di plastica vergine, come ExxonMobil, Shell
e ChevronPhillips, sono aziende petrolchimiche integrate
verticalmente che producono i propri prodotti a partire da petrolio e gas
fossile e commercializzano resine plastiche, acquistate dai cosiddetti ‘convertitori’, che fabbricano imballaggi e trasformano
le resine nei prodotti in plastica a noi familiari. Secondo il rapporto, su 12
produttori di resine con cui si fabbrica il packaging (utilizzato da nove
multinazionali) dieci sono grandi aziende di combustibili fossili e solo due
producono esclusivamente plastica e imballaggi in plastica.
LA MANCANZA DI
TRASPARENZA – “Per molto tempo, le multinazionali che impiegano grandi quantità
di plastica usa e getta nei loro prodotti hanno
cercato di nascondere i legami con le aziende dei combustibili fossili e con
l’industria petrolchimica”, spiega Giuseppe Ungherese,
responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia. Intanto, nessuna
delle nove grandi aziende a cui è stato inviato il questionario per redigere
questo rapporto (Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé, Mondelēz, Danone, Unilever,
Colgate Palmolive, Procter & Gamble e Mars) rivela pubblicamente come
calcola le emissioni prodotte da ogni tonnellata di plastica utilizzata,
rendendo peraltro impossibili verifiche indipendenti.
Eppure il rapporto mostra che, per decenni, le multinazionali dei beni di
consumo hanno collaborato con l’industria dei combustibili fossili per
presentare il riciclo come soluzione all’inquinamento da plastica “nonostante –
scrive Greenpeace – l’inefficacia di questa presunta soluzione sia oggi
evidente su scala globale (solo il 9% di tutti i rifiuti di plastica prodotti
fino al 2015 è stato riciclato, ndr). Tutte queste
realtà produttive hanno unito gli sforzi per ostacolare l’introduzione di nuove leggi in grado di limitare l’uso di
imballaggi e hanno sostenuto progetti di ‘riciclo chimico o avanzato’ che
ancora restano sulla carta”. Il rapporto rileva inoltre che le industrie del
monouso e delle fonti fossili fanno parte di gruppi che sostengono queste
soluzioni, tra cui la Recycling Partnership,
l’American Chemistry Council e l’Alliance to End Plastic Waste, nata nel 2019 e di cui
fanno parte aziende dei combustibili fossili e alcune di quelle che basano il
loro business sul massiccio impiego di imballaggi monouso.
* da FQ – 24 settembre
2021
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