Accordo del
Secolo. Il Piano Usa che si appresta ad annunciare Donald Trump lascia ai
palestinesi sotto occupazione solo qualche briciola di territorio dove
proclamare uno loro Stato senza sovranità.
di Michele Giorgio *
Ieri mattina
mentre Donald Trump annunciava l’intenzione di presentare nei prossimi giorni
l’Accordo del secolo, il suo «piano di pace» per il Medio Oriente, i vigili del
fuoco di Gerusalemme erano impegnati a spegnere le fiamme divampate in una
piccola moschea di Beit Safafa alla periferia meridionale della città. Un
incendio doloso. La scritta su di un muro non ha lasciato dubbi sugli autori
del rogo: «Kumi Ori non cede e distrugge i suoi nemici». E’ la firma dei coloni
israeliani del «Prezzo da pagare»: attaccano luoghi di preghiera, case e auto
palestinesi per vendetta quando ritengono di aver subito un torto da parte
delle autorità israeliane. Kumi Ori è un avamposto coloniale. Da quando lo
scorso ottobre l’esercito ha demolito un paio di container nell’avamposto, i
coloni hanno compiuto decine di raid a Gerusalemme Est e in Cisgiordania.
«Nelle
prossime settimane non vedremo solo queste aggressioni, assisteremo soprattutto
a nuove occupazioni di terre da parte di coloni», ci dice il ricercatore ed
attivista Dror Ektes, esperto di colonizzazione nella Cisgiordania palestinese
occupata nel 1967. «Le anticipazioni del piano di Trump – spiega Ektes –
annunciano l’annessione delle colonie ebraiche (circa 150 più un centinaio di
avamposti, ndr) e pertanto rappresentano un via libera alla conquista di altre
terre palestinesi che saranno assorbite da Israele. Sarà come dopo la vittoria
di Trump alle presidenziali Usa nel 2016 quando il governo Netanyahu approvò
migliaia di nuove case per i coloni approfittando del cambiamento avvenuto alla
Casa Bianca». Il ricercatore è convinto che la decisione di Trump di presentare
ora il suo piano rappresenti un tentativo di dare sostegno alla campagna per le
elezioni del 2 marzo del premier di destra e suo stretto alleato Netanyahu, che
nei sondaggi è dietro al capo dell’opposizione Benny Gantz. «Si faccia
attenzione però» ammonisce Ektes «Gantz non è un centrista e un moderato, anche
lui è di destra e va a caccia di voti tra gli estremisti. Il piano Usa perciò
va bene a Gantz. Anche lui, seguendo i propositi di Netanyahu, qualche giorno
fa ha detto di essere favorevole all’annessione a Israele della Valle del
Giordano».
Gli
avvertimenti di Ektes hanno trovato un immediato riscontro. I coloni,
rappresentati da diversi ministri, vogliono tutto e subito. «Piena sovranità
ora. Entro due settimane dobbiamo estendere la sovranità su tutti i nostri
insediamenti. Ci si presenta l’occasione di estendere la legge israeliana sul
100 per cento degli insediamenti in Cisgiordania, prima ancora delle elezioni
del 2 marzo, senza il riconoscimento di uno Stato palestinese e con l’assenso
degli Stati Uniti», ha scritto ieri su twitter il ministro della difesa Naftali
Bennett, leader della lista nazionalista religiosa Yemina. «È giunto il momento
di agire. L’estensione della sovranità alla sola Valle del Giordano – ha
aggiunto – significherebbe farsi sfuggire l’occasione migliore negli ultimi 50
anni, lasciando fuori mezzo milione di israeliani» (i coloni che vivono negli
insediamenti in Cisgiordania).
Intanto il
cinismo di Donald Trump non ha limiti. Il presidente Usa ripete che il suo
piano sarà «molto positivo» anche per i palestinesi. Le sue proposte invece
sono la realizzazione concreta e riconosciuta dagli Stati uniti di bantustan
palestinesi simili a quelli del vecchio Sudafrica. Nei propositi degli Usa, a
Israele andranno la Valle del Giordano e le ampie parti dell’Area C (il 60%
della Cisgiordania) dove sono situate le colonie, in aggiunta ad altre porzioni
di territorio e a tutta Gerusalemme. Per 15 colonie israeliane, le più isolate,
sarà trovata una soluzione. Nelle briciole di territorio che rimarranno – le
città e i villaggi che già amministrano civilmente – i palestinesi potranno
proclamare un loro Stato, che, è persino superfluo ricordarlo, non avrà
sovranità reale. Peraltro solo a determinate condizioni: a Gaza Hamas dovrà
consegnare le sue armi (e nessuno crede che questo possa avvenire) e i
palestinesi dovranno riconoscere Israele come lo Stato del popolo ebraico con
l’intera Gerusalemme come sua capitale.
Il piano Usa
infatti è stato respinto dall’Autorità Nazionale (Anp) di Abu Mazen. In queste
ore però emergono la solitudine internazionale e l’inadeguatezza dei dirigenti
palestinesi a Ramallah, mentre Hamas ormai pensa a consolidare il suo emiratino
a Gaza, grazie forse alla tregua a lungo termine che sta negoziando proprio con
Israele. «Che Israele e Usa non valichino linee rosse» è il poco che è riuscito
a pronunciare Nabil Abu Rudeina, il portavoce di Abu Mazen. Come l’Anp intenda
reagire al piano di Trump non è chiaro. Non pochi pensano che l’unica risposta
efficace sia mettere fine proprio all’Autorità Nazionale che amministra milioni
di palestinesi sottraendo Israele alle sue responsabilità di occupante.
* da il
manifesto - 25 gennaio 2020
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