di Lia
Curcio *
La tratta di
esseri umani è un crimine che consiste nello sfruttamento di uomini,
donne e bambini per numerosi scopi, tra cui il lavoro forzato e la schiavitù
sessuale. È un fenomeno che colpisce quasi tutti gli stati e si basa su tre
elementi: uno spostamento, un mezzo coercitivo e lo sfruttamento, come nel caso
di un lavoro estorto ad una persona sotto minaccia.
Nel mondo,
il 23% delle vittime di tratta sono bambine e adolescenti e nell'Unione Europea
la forma più comunemente segnalata è quella ai fini dello sfruttamento sessuale,
che colpisce in modo sproporzionato donne e ragazze. Nel settore economico lo
scopo della tratta è il lavoro forzato. A questo è dedicato il Toolkit per il settore economico
presentato in Italia a fine novembre dalla CILD - Coalizione Italiana Libertà
e Diritti Civili insieme a On
the Road Società Cooperativa Sociale nell’ambito di un progetto internazionale finanziato
dal Fondo per la Sicurezza Interna dell'Unione Europea e coinvolge oltre
all’Italia, Romania, Germania, Bulgaria e Grecia. Come può il settore
economico contribuire alla lotta contro la tratta di esseri umani?
Partendo da questo interrogativo, il Toolkit spiega come i trafficanti
utilizzino i servizi offerti dai settori economici - si avvalgono di servizi
di trasporto con prezzi contenuti, di siti web di reclutamento
online, dell’industria alberghiera e turistica, di enti
finanziari per effettuare pagamenti - e fornisce informazioni utili per
sostenere le aziende nella revisione delle proprie policy al fine di
mitigare il rischio di essere coinvolte in fenomeni di tratta, evitando alcune
pratiche a rischio. Diversi sono gli strumenti inclusi nel Toolkit: un
manuale per la formazione dei dipendenti, la proposta di un codice di condotta
per le aziende, un modulo sulle ripercussioni della tratta sui settori
economici.
Per quanto
riguarda i Paesi d’origine, la disoccupazione dilagante, l’instabilità sociale
e il desiderio di migliorare la propria situazione emigrando in paesi più
ricchi, sono i motivi principali che spingono le vittime a credere alle false
offerte di lavoro di trafficanti e intermediari, per poi finire nelle maglie
dello sfruttamento e del lavoro nero. Le operazioni congiunte dell’Europol
individuano diversi settori a rischio per lo sfruttamento lavorativo: agricoltura,
edilizia, industria alimentare, servizi, settore tessile,
assistenza domestica, trasporti, autolavaggi, smaltimento
dei rifiuti, piccole attività commerciali, ristorazione, agenzie
di collocamento, porti e centri per massaggi. Secondo gli
esperti, ciò che accomuna questi settori è che non richiedono grandi competenze
linguistiche e lavorative, permettono di precludere ai dipendenti il contatto
con le strutture di sostegno e di impedire l’accesso delle autorità ai
luoghi di lavoro. Nei Paesi di destinazione, l’agricoltura è un ambito a
forte rischio di tratta e lavoro forzato. I trafficanti cercano imprese
agricole sull’orlo del fallimento per offrire lavoro nero a basso costo. Al di
là dell’agricoltura, la pressione economica spinge alcuni subappaltatori a
trattenere il salario dei propri dipendenti o ad eludere i contributi
previdenziali. Anche le gare d’appalto pubbliche sono sotto accusa,
secondo il documento, per il loro contributo indiretto allo sfruttamento poiché
spesso adottano il prezzo più basso come unico criterio. La natura
transnazionale delle attività economiche odierne, che spesso richiede
subappaltatori e varie forme di distacco dei lavoratori, può trasformare un’impresa
onesta in un ingranaggio del sistema della tratta. Dagli studi condotti per
l’elaborazione del Toolkit si evince che le agenzie di collocamento possono,
in qualità di intermediari, facilitare il trasferimento all’estero
dei lavoratori che verranno poi sfruttati. Una forma particolare di intermediazione
illecita è il fenomeno italiano del caporalato, che costringe le vittime a
vivere e lavorare in condizioni disumane.
Tra gli
elementi che favoriscono le attività della tratta c’è anche l’accesso a Internet,
poiché i trafficanti usano annunci online per promuovere offerte di lavoro
fasulle e manipolare i soggetti più vulnerabili che non hanno alcuna esperienza
di vita o lavoro in un altro Paese. La tratta di esseri umani, spiega l’agenzia
delle Nazioni Unite UNICEF nell’ultimo rapporto globale, è
pericolosamente in aumento. Queste tendenze sono confermate anche dal rapporto
"Piccoli schiavi invisibili 2019"
di Save the Children, secondo il quale in Europa una vittima su 4 è minorenne e
l’obiettivo principale dei trafficanti è lo sfruttamento sessuale. Sono ben
20.500 le vittime registrate tra il 2015 e il 2016; il 56% dei casi riguarda la
tratta a scopo di sfruttamento sessuale, mentre il 26% è destinato a quello
lavorativo. In Italia sono 1.660 le persone che hanno subito questo tipo di
crimine ed il business dello sfruttamento lavorativo si svolge principalmente
nei servizi di alloggio e ristorazione, nel commercio, nel settore
manifatturiero, nell'agricoltura e nell'edilizia.
Professionisti
e studiosi concordano sul fatto che potenziare l’informazione rivolta a
cittadini e imprese sia il modo migliore per coinvolgerli nella lotta alla
tratta di esseri umani. Ad esempio in alcuni stati esistono pratiche
positive in cui le agenzie di collocamento sono un mezzo efficace per dialogare
con le imprese sul rischio di finire nelle reti dello sfruttamento. Ugualmente,
alcuni provvedimenti adottati in Italia per mitigare il rischio di tratta in
agricoltura includono l’organizzazione del trasporto gratuito dei
braccianti verso il posto di lavoro, progetti per l’uso temporaneo delle
proprietà statali per l’accoglienza dei lavoratori stagionali, punti
informativi per la fornitura di servizi domestici e corsi di lingua e
formazione. Gli effetti di tali misure sono ancora oggetto di studio ma una
cosa è certa: la lotta alla tratta degli essere umani non possa solo dallo
strumento normativo e giudiziario ma richiede la partecipazione di tutti gli
enti che possono esservi coinvolti, inclusi gli enti economici.
* da www.unimondo.org – 30 dicembre 2019
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