3 gennaio 2020

Come riconoscere (e combattere) la tratta degli esseri umani


di Lia Curcio * 

La tratta di esseri umani è un crimine che consiste nello sfruttamento di uomini, donne e bambini per numerosi scopi, tra cui il lavoro forzato e la schiavitù sessuale. È un fenomeno che colpisce quasi tutti gli stati e si basa su tre elementi: uno spostamento, un mezzo coercitivo e lo sfruttamento, come nel caso di un lavoro estorto ad una persona sotto minaccia.

Nel mondo, il 23% delle vittime di tratta sono bambine e adolescenti e nell'Unione Europea la forma più comunemente segnalata è quella ai fini dello sfruttamento sessuale, che colpisce in modo sproporzionato donne e ragazze. Nel settore economico lo scopo della tratta è il lavoro forzato. A questo è dedicato il Toolkit per il settore economico presentato in Italia a fine novembre dalla CILD - Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili insieme a On the Road Società Cooperativa Sociale nell’ambito di un progetto internazionale finanziato dal Fondo per la Sicurezza Interna dell'Unione Europea e coinvolge oltre all’Italia, Romania, Germania, Bulgaria e Grecia. Come può il settore economico contribuire alla lotta contro la tratta di esseri umani? Partendo da questo interrogativo, il Toolkit spiega come i trafficanti utilizzino i servizi offerti dai settori economici - si avvalgono di servizi di trasporto con prezzi contenuti, di siti web di reclutamento online, dell’industria alberghiera e turistica, di enti finanziari per effettuare pagamenti - e fornisce informazioni utili per sostenere le aziende nella revisione delle proprie policy al fine di mitigare il rischio di essere coinvolte in fenomeni di tratta, evitando alcune pratiche a rischio. Diversi sono gli strumenti inclusi nel Toolkit: un manuale per la formazione dei dipendenti, la proposta di un codice di condotta per le aziende, un modulo sulle ripercussioni della tratta sui settori economici.

Per quanto riguarda i Paesi d’origine, la disoccupazione dilagante, l’instabilità sociale e il desiderio di migliorare la propria situazione emigrando in paesi più ricchi, sono i motivi principali che spingono le vittime a credere alle false offerte di lavoro di trafficanti e intermediari, per poi finire nelle maglie dello sfruttamento e del lavoro nero. Le operazioni congiunte dell’Europol individuano diversi settori a rischio per lo sfruttamento lavorativo: agricoltura, edilizia, industria alimentare, servizi, settore tessile, assistenza domestica, trasporti, autolavaggi, smaltimento dei rifiuti, piccole attività commerciali, ristorazione, agenzie di collocamento, porti e centri per massaggi. Secondo gli esperti, ciò che accomuna questi settori è che non richiedono grandi competenze linguistiche e lavorative, permettono di precludere ai dipendenti il contatto con le strutture di sostegno e di impedire l’accesso delle autorità ai luoghi di lavoro. Nei Paesi di destinazione, l’agricoltura è un ambito a forte rischio di tratta e lavoro forzato. I trafficanti cercano imprese agricole sull’orlo del fallimento per offrire lavoro nero a basso costo. Al di là dell’agricoltura, la pressione economica spinge alcuni subappaltatori a trattenere il salario dei propri dipendenti o ad eludere i contributi previdenziali. Anche le gare d’appalto pubbliche sono sotto accusa, secondo il documento, per il loro contributo indiretto allo sfruttamento poiché spesso adottano il prezzo più basso come unico criterio. La natura transnazionale delle attività economiche odierne, che spesso richiede subappaltatori e varie forme di distacco dei lavoratori, può trasformare un’impresa onesta in un ingranaggio del sistema della tratta. Dagli studi condotti per l’elaborazione del Toolkit si evince che le agenzie di collocamento possono, in qualità di intermediari, facilitare il trasferimento all’estero dei lavoratori che verranno poi sfruttati. Una forma particolare di intermediazione illecita è il fenomeno italiano del caporalato, che costringe le vittime a vivere e lavorare in condizioni disumane.

Tra gli elementi che favoriscono le attività della tratta c’è anche l’accesso a Internet, poiché i trafficanti usano annunci online per promuovere offerte di lavoro fasulle e manipolare i soggetti più vulnerabili che non hanno alcuna esperienza di vita o lavoro in un altro Paese. La tratta di esseri umani, spiega l’agenzia delle Nazioni Unite UNICEF nell’ultimo rapporto globale, è pericolosamente in aumento. Queste tendenze sono confermate anche dal rapporto "Piccoli schiavi invisibili 2019" di Save the Children, secondo il quale in Europa una vittima su 4 è minorenne e l’obiettivo principale dei trafficanti è lo sfruttamento sessuale. Sono ben 20.500 le vittime registrate tra il 2015 e il 2016; il 56% dei casi riguarda la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, mentre il 26% è destinato a quello lavorativo. In Italia sono 1.660 le persone che hanno subito questo tipo di crimine ed il business dello sfruttamento lavorativo si svolge principalmente nei servizi di alloggio e ristorazione, nel commercio, nel settore manifatturiero, nell'agricoltura e nell'edilizia.

Professionisti e studiosi concordano sul fatto che potenziare l’informazione rivolta a cittadini e imprese sia il modo migliore per coinvolgerli nella lotta alla tratta di esseri umani. Ad esempio in alcuni stati esistono pratiche positive in cui le agenzie di collocamento sono un mezzo efficace per dialogare con le imprese sul rischio di finire nelle reti dello sfruttamento. Ugualmente, alcuni provvedimenti adottati in Italia per mitigare il rischio di tratta in agricoltura includono l’organizzazione del trasporto gratuito dei braccianti verso il posto di lavoro, progetti per l’uso temporaneo delle proprietà statali per l’accoglienza dei lavoratori stagionali, punti informativi per la fornitura di servizi domestici e corsi di lingua e formazione. Gli effetti di tali misure sono ancora oggetto di studio ma una cosa è certa: la lotta alla tratta degli essere umani non possa solo dallo strumento normativo e giudiziario ma richiede la partecipazione di tutti gli enti che possono esservi coinvolti, inclusi gli enti economici. 

 * da www.unimondo.org – 30 dicembre 2019

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