Sinistra.
Tutto ciò che il Psoe ha fatto dopo le elezioni l’ha fatto in questa chiave:
raggiungere l’obiettivo del governo monocolore o far fallire l’investitura,
incolpare di questo Podemos e tornare a elezioni aumentando il proprio consenso
ai suoi danni
* di Loris Caruso
Perché in
Spagna è fallita l’investitura di Pedro Sanchez? Le ragioni si possono
riassumere in quattro parole. La prima è un nome proprio: Ivàn Redondo, lo spin
doctor di Pedro Sanchez, che ne guida le strategie comunicative e quindi quelle
politiche.
La strategia
di Sanchez è stata dall’inizio quella di governare da solo in un governo
monocolore, grazie all’astensione di qualsiasi gruppo parlamentare (ha chiesto
l’astensione anche al Partito popolare e a Ciudadanos). Tutto ciò che il Psoe
ha fatto dopo le elezioni l’ha fatto in questa chiave: raggiungere l’obiettivo
del governo monocolore o far fallire l’investitura, incolpare di questo Podemos
e tornare a elezioni aumentando il proprio consenso ai suoi danni. Le
trattative sono state irretite in questa strategia comunicativa.
Per i
socialisti la guerra del consenso contro i competitori di sinistra valeva più
di un governo. Sanchez, sotto la guida di Redondo, ha dapprima rifiutato un
governo di coalizione, poi ha detto che nel governo non doveva esserci
Iglesias. Una volta ritiratosi quest’ultimo, ha avanzato proposte che
prefiguravano una presenza di Podemos quasi decorativa, con pochi ministeri
minori e senza capacità di spesa. Proposte fatte per essere rifiutate. Ogni
mossa politica di Sanchez è stata una mossa comunicativa, funzionale a
raggiungere l’effetto retorico e discorsivo che si era prefisso. Anche in
Spagna, come in un numero crescente di sistemi politici, la dimensione
comunicativa incorpora quindi e ingloba quella politica.
La seconda
parola è Lavoro. Lavoro come Ministero del lavoro. La rottura tra Psoe e Unidas
Podemos (UP) è avvenuta sul rifiuto socialista di riconoscere a UP la guida di
questo dicastero, motivata dal fatto che “Podemos è inquietante per la
Confindustria spagnola”. Una nobile motivazione che fa trasparire quali siano i
referenti sociali dei socialisti. Quella che appare come una rottura “per le
poltrone” è però una rottura sui contenuti: UP voleva questo ministero per
abolire la riforma del mercato del lavoro del Partito Popolare e aumentare il
salario minimo a 1200 euro.
Due cose su
cui i socialisti, probabilmente sentita la Confindustria, non sono d’accordo.
Bisogna ragionare sulla decantata fine della centralità del lavoro nelle
dinamiche politiche contemporanee: la nascita di un governo è stata ostacolata
per evitare che la sinistra guidasse le politiche su questa materia. Le élite
sanno sempre molto bene quale sia il punto.
La terza
parola è bipartitismo. Tutta l’azione politica di Sanchez è riassumibile nel
tentativo di portare indietro le lancette della politica spagnola, a quando era
quasi monopolizzata da Psoe e PP. Accreditare Podemos come forza di governo
sarebbe stato, quindi, controproducente da questo punto di vista.
La quarta
parola è Europa. I socialisti hanno affermato più volte che il profilo
programmatico di UP è inquietante (ancora) per le istituzioni europee. Si può
immaginare che anche da questo versante siano arrivate pressioni notevoli.
Sanchez
questo governo non l’ha mai voluto. Podemos invece l’ha cercato strenuamente,
quasi disperatamente. Non solo per motivazioni disinteressate (“il bene della Spagna
e delle classi popolari”), ma anche perché Iglesias e i suoi pensano che il
governo sia il luogo migliore da cui rilanciare il partito. Un partito che,
negli ultimi anni, ha costruito solidissime relazioni con la società civile
organizzata, tanto è vero che i due principali sindacati spagnoli hanno
appoggiato dall’inizio l’idea del governo di coalizione. Tuttavia questa
presenza nella società non basta. Podemos non può essere percepito come “la
protesta” o solo come uno strumento di mobilitazione collettiva. Ha bisogno di
mostrarsi come forza di governo affidabile ed efficace sul piano nazionale.
Tutta la
strategia di Iglesias degli ultimi due anni è stata costruita attorno a questo.
La mancata investitura di Sanchez è quindi una sconfitta seria. In caso di
elezioni, Podemos dovrà affrontare non solo la campagna avversa dei media
vicini al Psoe (come El Pais e il potente gruppo Prisa), ma anche,
probabilmente, un doppio rischio: una rottura con Izquierda Unida (ora
favorevole all’appoggio esterno a Sanchez), e l’irruzione elettorale del
partito del suo ex numero due, Inigo Errejon. L’irruzione di Errejon
corrisponde ai sogni del Psoe, che lo ritengono un fattore decisivo per
sconfiggere definitivamente Podemos e avere di fronte una sinistra più moderata e flessibile.
Le
responsabilità del fallimento di Sanchez, quindi, non vanno ripartite
equamente. Solo una delle due parti voleva il governo. La destra gongola. I
socialisti europei, una volta di più, non imparano dai propri errori, salvo poi
chiamarci alla mobilitazione «contro i fascisti».
nella foto: Il leader
socialista Pedro Sanchez
* da il manifesto – 28 luglio 2019
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