Il ministero dell’Ambiente prevede 140 interventi da
870mila euro, ma rimane il problema di smaltire i rifiuti delle bonifiche in
sicurezza: in Italia non ci sono abbastanza impianti
Sono in arrivo circa 870 mila euro per 140 interventi
in oltre 100 Comuni, dedicati agli edifici pubblici nei quali debbono essere
svolti interventi di rimozione e smaltimento dell’amianto e del cemento-amianto
presente in coperture e manufatti: è quanto prevede il decreto il decreto del
ministero dell’Ambiente appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, che
sostanzialmente approva la graduatoria delle richieste presentate dal 30/1/18
al 30/4/18 per la concessione del finanziamento di cui al decreto del ministero dell’Ambiente n. 562/STA del 14
dicembre 2017.
«Questi finanziamenti – spiega il ministro
dell’Ambiente Sergio Costa – sono una grande opportunità per liberare
dall’amianto tante strutture pubbliche disseminate su tutto il territorio
nazionale e insieme per dare stimolo al sistema delle imprese che opera in
questo settore. La lotta contro l’amianto è ancora lunga e c’è ancora tanto
lavoro da fare. Il nostro impegno finora è stato profuso nel velocizzare il
trasferimento delle risorse, aumentare la progettualità, la trasparenza su un
problema spesso invisibile e dunque ancor più pericoloso per le persone. Per
questo, gli interventi sono estremamente necessari proprio perché risolvono
criticità presenti in quegli edifici più sensibili come le scuole o dove sono
presenti situazioni particolarmente a rischio come l’amianto friabile».
Complessivamente si tratta di un problema dalle
dimensioni enormi, che il decreto appena pubblicato – e il conseguente
stanziamento di 870mila euro – potrà lenire ma di certo non risolvere,
purtroppo: si stima ci siano ancora dalle 32 (secondo Cnr-Inail) alle 40
milioni di tonnellate (secondo l’Ona) di amianto presenti in Italia, e proprio
i dati dell’Osservatorio nazionale amianto indicano che l’amianto è presente
tra glia altri in almeno 2400 scuole, con esposizione alla fibra
killer di almeno 352.000 alunni e 50.000 tra docenti e non docenti; 1000
biblioteche ed edifici culturali (stima ancora per difetto); 250 ospedali
(ancora stima per difetto), etc. Una situazione che «sta provocando –
sottolineano dall’Ona – un fenomeno epidemico con 6.000 decessi ogni anno di
mesotelioma (1900), asbestosi (600), e tumori polmonari (3.600)».
Come affrontare un’emergenza del genere? Sul lato
della prevenzione è evidente come sia necessario rimuovere l’amianto ancora
presente in Italia, e intervenire – seppur in modo modesto come nel caso del
presente decreto – sugli edifici pubblici rappresenta certamente un buon punto
di partenza. In quest’approccio emerge però una grande verità pressoché rimossa
dal dibattito pubblico, che mina alla base l’efficacia dell’operazione: in
Italia non ci sono abbastanza impianti dove poter smaltire in sicurezza
l’amianto rimosso, e senza di essi le bonifiche non vanno avanti.
A dimostrarlo sono anche i dati più aggiornati forniti del
merito dall’Ispra: i rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel
2017 sono pari a 327 mila tonnellate, con una diminuzione rispetto al 2016 di
circa 25 mila tonnellate (-7%), e non è una buona notizia: l’andamento della
produzione nel periodo 2007 – 2017, osserva l’Ispra, è collegata allo
smantellamento dei manufatti e alle bonifiche dei siti contaminati dalla
presenza dei rifiuti di amianto. In compenso, anche il poco amianto bonificato
prende in larga parte la via dell’estero: la Germania è il Paese che riceve
(profumatamente pagata) la quasi totalità del nostro export d’amianto, circa
100 mila tonnellate smaltite in miniere dismesse e in particolare in quella
salina di Stetten, autorizzata a ricevere 250 tipologie di rifiuti utilizzate
per la messa in sicurezza delle cavità che si generano a seguito dell’attività
estrattiva.
Come testimoniato da Legambiente l’anno scorso
presentando il dossier Liberi dall’amianto? il «numero
esiguo di discariche presenti nelle Regioni incide sia sui costi di smaltimento
che sui tempi di rimozione, senza tralasciare la diffusa pratica dell’abbandono
incontrollato dei rifiuti. Non è più sostenibile l’esportazione all’estero
dell’amianto rimosso nel nostro Paese, per questo è importante provvedere ad
implementare l’impiantistica su tutto il territorio nazionale».
Un problema evidenziato con forza già nel 2017 proprio
dal ministero dell’Ambiente – nella figura di Laura D’Aprile – alla Camera, durante un convegno promosso dal Movimento 5 Stelle per
i primi 25 anni della legge che nel 1992 ha messo al bando l’amianto in Italia.
«Uno dei principali problemi è che mancano le discariche: a volte i monitoraggi
non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove poter smaltire
l’amianto – spiegava per l’occasione D’Aprile – Ci sono regioni che hanno
fatto delibere definendosi a discarica zero e quindi quando faremo la
programmazione del conferimento a livello nazionale ci andremo a scontrare con
queste regioni». Dopo due anni però, di cui uno trascorso dal M5S in Parlamento
e al Governo come forza di maggioranza relativa, siamo ancora allo stesso
punto.
da greenreport.it - 22 Agosto 2019
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