Secondo l'associazione Codici il
Blue book realizzato con il contributo di Cassa depositi e prestiti "è un
modo per chiedere all’Autorità più soldi" che però "andranno a
nutrire ulteriormente l’inefficienza del management". E anche per il Forum
dei movimenti per l’acqua, tra i promotori del referendum del 2011, la cura
proposta è peggio della malattia
di Elena Veronelli *
Sul fatto che il sistema idrico italiano abbia
grossissime e preoccupanti falle sono tutti d’accordo. Le divergenze, che
spesso finiscono in veri e propri scontri, nascono quando si deve decidere come
uscire dall’impasse: da una parte c’è il settore che chiede più soldi
per fare investimenti, soldi che dovrebbero arrivare dall’aumento delle bollette
dell’acqua, dall’altra ci sono le associazioni che difendono i consumatori
secondo cui le tariffe sono già troppo alte a fronte di un servizio
pessimo se non addirittura pericoloso per la salute. Ad accendere di nuovo la
miccia è questa volta lo studio Blue Book, promosso da Utilitalia e
realizzato dalla fondazione Utilitatis con il contributo
scientifico di Cassa depositi e prestiti. Uno studio contro cui si sono
scagliate le associazioni dei consumatori e i movimenti a difesa dell’acqua.
Nel mirino in particolare la parte in cui si sostiene che per risollevare il
settore l’unica soluzione è una politica tariffaria “full cost recovery”:
alzare il prezzo dell’acqua per i cittadini e adeguarlo a quello medio europeo
che sarebbe più alto.
“Non possono essere i consumatori a pagare 5
miliardi di investimenti all’anno, fabbisogno stimato da Utilitalia”, dice
l’associazione Codici che spiega: “Ci sono città che arrivano a pagare
cifre sproporzionate per un servizio che non viene loro offerto, per
un’acqua che è ben lontana dall’essere potabile, eppure pagano per una depurazione
che non viene effettuata”. Dunque, continua Codici, lo studio di Utilitatis non
è altro che “un ulteriore strumento per fare azione di lobby e per
chiedere all’Autorità più soldi per fare investimenti”. Senza contare che
queste maggiori risorse, alla fine, “non equivalgono ad investimenti necessari
ed utili” ma “andranno a nutrire ulteriormente l’inefficienza del management
che viene collocato ad hoc da nomine politiche nazionali e locali, ingrossando
ulteriormente le fila del clientelismo”. Contattata da ilfattoquotidiano.it,
Utilitalia non ha voluto commentare.
Ma a contestare il Blue Book c’è anche il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, tra i promotori del referendum del 2011 sull’acqua
pubblica, secondo cui la cura proposta dallo studio è peggio della
malattia: “Se da una parte l’analisi dello stato dell’arte risulta
condivisibile, ovvero bassi investimenti, reti vecchie con dispersione
elevatissima e ritardi nella depurazione, descrivendo così un sistema
gravemente malato, è la cura prospettata ad essere peggio della malattia”. Il
Forum snocciola quindi i dati sulle tariffe idriche che emergono dai vari studi
di settore, dati considerati “tra i più rilevanti nel panorama europeo e tra i
più elevati rispetto agli altri servizi pubblici locali”: +100 % tra il
2000 e il 2016 (dati Federconsumatori ottobre 2016); +61,4 % tra il 2007 e il
2015 (dati Dossier Cittadinanzattiva 2016); +85,2 % tra il 2004 e il 2014 a
fronte di un’inflazione nello stesso periodo che in Italia è stata del 23,1 %
(dati Cgia di Mestre Luglio 2014). “Ciò sta provocando un aggravio sulla spesa
delle famiglie che è giunto al limite della sostenibilità economica soprattutto
per quelle fasce della popolazione fortemente toccate dalla crisi”, dice il
Forum. Sulla stessa linea il Codacons: “Oggi le tariffe idriche in
Italia sono elevatissime a fronte di un servizio che, specie nel sud, lascia
molto a desiderare”. In sostanza “i cittadini pagano sempre di più per ricevere
sempre meno in un comparto, quello dell’acqua, che rappresenta un settore essenziale
e un bene primario per la collettività”.
In realtà a ritenere che le tariffe debbano essere più
elevate è anche l’Autorità per l’Energia e il sistema idrico (Aeegsi),
che però ritiene anche che comunque servano misure aggiuntive. Le stime di
settore dicono infatti che per recuperare l’attuale insufficienza
infrastrutturale e per mettersi in regola con gli adempimenti comunitari,
occorrono investimenti per oltre 25 miliardi di euro nei prossimi 5 anni. “Una
spesa così rilevante è difficilmente sostenibile con le sole tariffe. Per
questo, insieme alle misure tariffarie, l’Autorità ritiene opportuno lo
sviluppo di nuove opzioni finanziarie integrative e innovative quali, ad
esempio, l’introduzione di hydrobond (titoli obbligazionari vincolati al
finanziamento di piani di investimento), titoli di efficienza idrica e
fondi nazionali, locali o ancor meglio di garanzia”, ha spiegato Alberto
Biancardi, membro del collegio dell’Aeegsi, in un’intervista rilasciata a Elementi,
il periodico del Gestore dei Servizi Energetici (Gse).
Per cercare di trovare la quadra, a ottobre scorso il
governo ha emanato il decreto sul bonus acqua, che prevede “la tariffa
sociale” per chi non ce la fa a pagare la bolletta. L’obiettivo è
quello di permettere a chiunque di continuare a bere, lavarsi, cucinare
anche in caso di morosità. Tuttavia anche in quel caso i consumatori hanno
protestato ritenendo che il meccanismo farà salire le tariffe e
deresponsabilizzerà i gestori del servizio.
*
da ilfattoquotidiano, 3 febbraio 2017
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