3 novembre 2020

Nunzia Catalfo: «Dai licenziamenti ai rider: l’obiettivo è di tutelare tutti»

Intervista a Nunzia Catalfo. La ministra del lavoro: salario universale? Si può sperimentare. Riconvoco anche Ugl e Assodelivery per un contratto condiviso per i ciclofattori. Pensione di garanzie e flessibilità in uscita per il post Quota 100

di Massimo Franchi *

Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro, dopo l’innegabile successo dell’accordo di venerdì che proroga il blocco dei licenziamenti fino a marzo, il governo sta predisponendo nuove restrizioni per l’aumento dei contagi. L’emergenza non finirà a marzo: serviranno nuovi interventi?

L’accordo di venerdì che prevede altre 12 settimane di cassa integrazione Covid ci consente di traghettarci a cinque mesi. L’evolversi della situazione però potrebbe creare necessità in termini di risorse e per alcune categorie che potrebbero essere colpite da restrizioni – penso ai lavoratori del turismo invernale e di settori che verrebbero chiusi. Se sarà necessario interverremo con un ulteriore decreto.

L’accordo prevede che per le aziende la «cassa» sia gratuita. Il presidente Bonomi lo aveva chiesto, dimenticandosi però che anche i lavoratori pagano un’aliquota per la cassa integrazione…

In generale la Cig prevede un contributo a carico delle imprese che permette loro di gestire crisi temporanee mantenendo la propria forza lavoro da un lato e, dall’altro, consente al lavoratore di ricevere una quota parte del salario. Il decreto Agosto aveva previsto 9 settimane di cassa Covid gratuita e 9 settimane con un contributo dalle imprese rispetto al fatturato, ma era una fase di ripresa e di minor contagio. Oggi ci troviamo di fronte ad una maggiore diffusione del virus e siamo andati incontro alle richieste di tutti, sindacati e imprese. Tutti stanno facendo sacrifici e io credo fermamente che serva ascoltare attentamente le richieste per ottenere il miglior risultato possibile.

Proprio oggi Beppe Grillo dal suo blog rilancia l’idea di un reddito universale incondizionato, elencando le sperimentazioni in giro per il mondo. È una richiesta che sale anche dalle piazze pacifiche e di sinistra di questi giorni. È una prospettiva che il governo intende prendere in considerazione?

Se avessimo avuto un reddito universale durante la pandemia non avremmo dovuto finanziare tutti questi ammortizzatori sociali. Però la questione è che il reddito universale ha un costo importante. Io penso che si possano fare sperimentazioni su alcune categorie, come è successo per esempio in Finlandia. È un dibattito che in Europa c’è e che è giusto che ci sia anche in Italia. Noi abbiamo fatto il Reddito di cittadinanza e ora puntiamo ad introdurre il salario minimo orario perché ci sono moltissime persone che pur lavorando – non solo part time – hanno redditi bassi che non gli consentono di vivere un’esistenza dignitosa come invece prevede la Costituzione. Il nostro obiettivo è tutelare proprio tutti: anche i lavoratori autonomi e i commercianti prevedendo forme di indennizzo o di fondo perduto come avvenuto anche con il decreto Ristori, e le categorie più svantaggiate per le quali abbiamo deciso di dare altri due mesi di reddito di emergenza, andando oltre il Rdc.

Il salario minimo orario è una sua priorità tanto da averlo inserito nella Nadef. I sindacati però hanno paura che metta a repentaglio la contrattazione.

Abbiamo contratti nazionali di lavoro – penso alla vigilanza privata che ha un minimo orario di 4,60 euro l’ora lordi o il Multiservizi che non viene rinnovato dal 2013 – che hanno minimi salariali troppo bassi. Nel pieno rispetto delle parti sociali credo che fissare un salario minimo orario collegato alla contrattazione collettiva aiuterà a rafforzare il potere d’acquisto dei lavoratori. Su questo tema ho inoltre proposto di detassare gli aumenti dei contratti nazionali…

… È possibile che questa norma, storica richiesta Fiom, entri in legge di bilancio?

In legge di bilancio probabilmente no perché si interseca con la riforma fiscale che discuteremo nel 2021. L’ho però inserita nei progetti legati al Recovery Fund anche spiegando alla commissione europea che in Italia esiste un problema nel rinnovo dei contratti e che questa norma potrebbe facilitarli.

Nell’accordo con le parti sociali si parla anche di riforma degli ammortizzatori, falcidiati per durata ed entità dal Jobs act renziano. Quali i principi e i tempi della riforma?

La pandemia ci ha mostrato un sistema di ammortizzatori sociali frammentato e che non copriva parecchi settori. Per questo io punto ad una riforma che sia prima di tutto universalistica. In secondo luogo, serve semplificazione: non è possibile che le imprese debbano inviare più volte dati che la Pubblica amministrazione ha già. In terzo luogo, vogliamo prevedere uno stretto legame fra l’ammortizzatore e percorsi di formazione dei lavoratori. Puntiamo ad avere uno strumento unico come Cig ordinaria e uno strumento straordinario per le ristrutturazioni. Il confronto con le parti sociali partirà a breve e contiamo di preparare la riforma per la primavera avendo però già inserito in legge di bilancio sgravi per le assunzioni di donne e giovani Under 35 e una prima parte di politiche attive.

Circa 20mila rider, pur di non perdere il lavoro, sono costretti ad accettare un contratto capestro che mantiene il cottimo sottoscritto da Assodelivery e Ugl mentre voi portavate avanti un tavolo ministeriale con tutte le parti. Oltre alla lettera del suo ufficio legislativo che parla di «possibile illegittimità» e la circolare agli Ispettori per vigilare, cosa si sente di dire ai ciclofattorini?
La situazione dei rider, lavoratori giovani e precari, ci sta così a cuore che prima abbiamo emanato un decreto che garantiva tutele minime parametrate a quelle del lavoro subordinato e poi abbiamo aperto le porte del ministero per favorire la nascita di un contratto nazionale vero. Ora registriamo che c’è stato questo accordo parallelo che non va nella direzione auspicata dalla norma. Per questo ho deciso di riconvocare tutte le parti, comprese Assodelivery e Ugl, per mercoledì prossimo con l’obiettivo di arrivare ad un vero contratto in linea con il dettato normativo e condiviso dai rider.

Capitolo pensioni: nella relazione annuale il presidente dell’Inps Tridico ha finalmente parlato di pensione di garanzia e di flessibilità in uscita. Sapendo che il superamento di Quota 100 sarà discusso l’anno prossimo, questi due elementi entreranno nella riforma?
Leggo di ipotesi inventate mentre è vero che sia la pensione di garanzia per i giovani che la flessibilità in uscita sono obiettivi che ci prefiggiamo. Giovani e precari hanno salari bassi che avranno effetti sulle loro pensioni: o si interviene con una pensione di garanzia oppure da anziani rischiano di avere assegni sotto la soglia di dignità. Per quanto riguarda la flessibilità in uscita, la commissione sta lavorando a delle ipotesi. Molto dipenderà dall’esito dei lavori delle altre due commissioni in via di istituzione: quella sui lavori gravosi e quella sulla distinzione fra assistenza e previdenza.

* il manifesto - 3 novembre 2020

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