di
Bernard Guetta *
È una sorta di cambio generazionale.
Il 14 gennaio l’intero apparato dirigente palestinese ha constatato la totale
impasse di quello che non possiamo più chiamare processo di pace e ha
minacciato di sospendere il riconoscimento di Israele fino a quando lo stato
ebraico non riconoscerà uno stato palestinese all’interno delle frontiere del
1967.
Mahmoud Abbas, presidente
dell’autorità palestinese, ha definito “lo schiaffo del secolo” la decisione di
Donald Trump di trasferire l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, che la
Casa Bianca considera ormai come la capitale di Israele e non più come una
città da dividere, un giorno, in due capitali di due stati diversi. In questa
riunione di uomini anziani, ormai consapevoli di aver fatto il loro tempo senza
ottenere risultati, si percepiva una rabbia fredda.
La determinazione di Ahed
Poi però, nella giornata del 17 gennaio, è arrivata la decisione di un tribunale militare israeliano di rifiutare la libertà condizionata a una palestinese di 16 anni, Ahed Tamimi, che sarà processata alla fine del mese per aver partecipato a “scontri violenti”. Questa adolescente è diventata un’icona palestinese e una celebrità mondiale da quando ha schiaffeggiato un soldato che voleva impedirle di partecipare alla manifestazione settimanale del suo villaggio contro l’occupazione israeliana.
Poi però, nella giornata del 17 gennaio, è arrivata la decisione di un tribunale militare israeliano di rifiutare la libertà condizionata a una palestinese di 16 anni, Ahed Tamimi, che sarà processata alla fine del mese per aver partecipato a “scontri violenti”. Questa adolescente è diventata un’icona palestinese e una celebrità mondiale da quando ha schiaffeggiato un soldato che voleva impedirle di partecipare alla manifestazione settimanale del suo villaggio contro l’occupazione israeliana.
Nel 2012, quando Ahed aveva 12 anni,
era già diventata famosa agitando il pugno verso un altro soldato minacciando
di “rompergli la testa”. Un anno fa aveva morso un altro militare per
impedirgli di interrogare suo fratello. Ora è arrivato lo schiaffo, filmato
dalla madre e diventato virale sui social media. Nata in una famiglia che ha
scelto la non violenza, incarna una nuova generazione palestinese che non crede
più al processo di pace.
Definita da Haaretz, quotidiano di
riferimento israeliano, la “Giovanna d’Arco palestinese”, Ahed rappresenta per
la giustizia militare un problema irrisolvibile, perché la sua liberazione le
avrebbe permesso di presentarsi come un’eroina al processo mentre la sua
detenzione la rende una martire, una ragazzina vittima dei soprusi di
un’esercito potente.
I giudici militari hanno scelto di
confermare la detenzione di Ahed considerandola il rischio minore. In ogni caso
è evidente che questa adolescente, nata in una famiglia che ha scelto la non
violenza, incarna una nuova generazione palestinese che non crede più al
processo di pace e nemmeno alla soluzione dei due stati, decisa a battersi solo
per il riconoscimento dei propri diritti e della propria dignità.
Il fallimento del negoziato ha insegnato a
questa generazione che oggi essa non vive nella virtualità della Palestina, ma
nella realtà di uno stato di Israele che comprende la Cisgiordania, uno stato unico a cui chiedere diritti
civili, più difficili da rifiutare
rispetto a un insieme di frontiere, uno stato e una capitale.
Nella foto: Una manifestazione in
sostegno di Ahed Tamimi a Gaza, l’8 gennaio 2018. (Majdi Fathi, NurPhoto via
Getty Images)
* da Internazionale.it – 18 gennaio
2018
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