Il presidente turco oggi in Italia per rafforzare
rapporti economici mentre fa guerra ai curdi. Leonardo tra le ditte impegnate
nello sviluppo dell’apparato militare di Ankara. In Vaticano focus su Gerusalemme
Dimitri
Bettoni *
Arriva oggi
in Italia il presidente della Repubblica turca Recep Tayyip Erdogan per una
visita di due giorni nella quale incontrerà il presidente della Repubblica
Mattarella, il primo ministro Gentiloni e papa Francesco, prima visita di un
presidente turco in Vaticano da 59 anni. I due si erano già incontrati in occasione
del viaggio del pontefice in Turchia nel 2014. In cima all’agenda dell’incontro
tra le mura vaticane la questione del controverso riconoscimento di Gerusalemme
quale capitale dello Stato di Israele da parte del presidente americano Donald
Trump. Sia papa Francesco che Erdogan, infatti, si sono dichiarati contrari
alla mossa statunitense e hanno espresso soddisfazione per la risoluzione delle
Nazioni unite adottata il 21 dicembre scorso, che ha ribadito la necessità di
trovare per Gerusalemme una soluzione condivisa con il popolo palestinese.
Gli altri
temi sul tavolo riguarderanno la cooperazione religiosa tra le due confessioni,
ma anche la crisi umanitaria mediorientale. Un terreno su cui Erdogan dovrà
muoversi con estrema difficoltà, visto che la Turchia è tra i paesi più
coinvolti nel conflitto, ancor più dall’invasione del cantone curdo di Afrin,
una delle poche zone che erano state risparmiate dalla violenza. Il papa ha in
passato rivolto i propri complimenti allo Stato turco per i suoi sforzi economici
e sociali per attenuare le conseguenze della crisi umanitaria siriana.
Complimenti che oggi si scontrano con l’ultimo rapporto di Human rights watch
(Hrw), che denuncia «sparatorie indiscriminate e rimpatri sommari» nei
confronti dei siriani in fuga da Afrin e Idlib. Le relazioni tra Turchia e
Santa Sede hanno attraversato altri momenti problematici. Nel 2016 Francesco
non ha esitato ad utilizzare il termine «genocidio» per indicare i massacri che
i Giovani Turchi compirono contro la popolazione armena. La risposta rabbiosa
di Ankara era stata immediata.
Gli incontri
con le più alte cariche istituzionali italiane ed esponenti dell’imprenditoria
nostrana ambiscono a migliorare la cooperazione economica tra Italia e Turchia,
che vale annualmente quasi 20 miliardi di euro. Sul tavolo non solo la
tradizionale industria manifatturiera, ma anche i progetti di trasporto
energetico, a cominciare dal gasdotto Tap che intende collegare Azerbaijan e
Italia e deve passare necessariamente sul suolo turco. Entrano in gioco anche
le recenti tensioni tra Turchia e Nato nei rapporti tra i due paesi.
Recentemente Turchia, Francia e Italia hanno siglato un accordo per lo sviluppo
di un sistema di difesa aerea a lungo raggio, affidato al consorzio
franco-italiano Eurosam e ai partner turchi Aselsan e Roketsam e sostenuto da
una lettera d’intenti firmata dalla ministra della Difesa Pinotti con i
colleghi Nurettin Canikli e Florence Parly.
L’Italia ha un ruolo e una
responsabilità enormi nel programma di acquisizione di tecnologia portato
avanti da Ankara. Una delle ditte italiane con più interessi nell’apparato
militare e di difesa turco è Leonardo, che di recente ha collaborato allo
sviluppo del sistema di gestione e controllo del traffico aereo civile turco e
a sistemi per la sorveglianza delle coste e dei confini marittimi anatolici. Mauro
Moretti, amministratore delegato di Leonardo, ha confermato che «la nostra
conoscenza del paese ci consente di confermarci come partner strategico per le
industrie turche». Leonardo era presente alla fiera internazionale della difesa
tenuta a Istanbul lo scorso maggio, con l’intenzione di promuovere le proprie
attività e spingere la vendita dell’aereo militare da trasporto tattico C-27J.
Secondo quanto dichiarato da Giovanni Soccodato di Leonardo, l’azienda
collabora con la difesa turca allo sviluppo di sistemi di pattugliamento
marittimo, degli armamenti in dotazione ai vascelli militari, del settore
elicotteristico, dei sistemi radar e del mercato satellitare. E, spiega,
«stiamo cercando di fornire alla Turchia tecnologia attraverso i progetti
condivisi. Mettiamo insieme ingegneri turchi e italiani per svilupparne le
capacità e offrire i prodotti risultanti al mercato».
Erdogan
sbarcherà in una Roma sigillata dalle forze di sicurezza, 3.500 uomini e una
«zona verde» in cui il presidente turco potrà muoversi al riparo da ogni
disturbo. La preoccupazione riguarda soprattutto le annunciate contestazioni,
come quella promossa da Rete Kurdistan, che ha chiesto di sostenere la causa
curda contro l’aggressione della Turchia.
Intanto Fnsi, Articolo 21,
Osservatorio Balcani e Caucaso e altre associazioni hanno annunciato
l’intenzione di inviare una lettera aperta a Mattarella, Gentiloni e papa
Francesco perché si facciano portavoce di tutti coloro che in Turchia sono
vittima di una repressione che dovrebbe rappresentare il peggior biglietto da
visita con cui presentarsi in Italia.
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da il manifesto del 4 febbraio 2018
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