C'eravamo tanto armati. Non solo F35, cresce
l’acquisto di armi nel dossier 2018 presentato da Ican-Rete Disarmo
di Rachele Gonnelli *
C’è una base
militare italiana di cui si erano perse le tracce a Gibuti, tra l’altro ancora
intilolata a un «eroe» del Ventennio fascista, il tenente Amedeo Guillet, più noto
come comandante Diavolo. E c’è una foto, carpita dal web – una sorta di selfie
collettivo di un intero stormo di piloti in divisa grigia, sull’attenti davanti
a una bomba B61 con punta rossa – che è la prima prova dell’esistenza di
testate nucleari in una base Nato su territorio italiano.
POI C’È LA
SCOPERTA di un «tesoretto armato», un fondo
investimenti voluto dal governo Renzi per finanziare l’acquisto di droni
militari della Piaggio per la bellezza di 13 miliardi di euro, soldi nascosti
nella legge di bilancio 2016 votata a scatola chiusa dai parlamentari. Nessuno
pare se ne sia accorto. Queste e altre «perle» si leggono nel rapporto MilEx
2018 che squarcia il velo di opacità, per non dire di depistaggi e
occultamenti volontari, sulle enormi spese militari sostenute dall’Italia,
naturalmente a detrimento di altre priorità, dal welfare, alla sanità.
Il rapporto
è stato presentato ieri alla Camera dall’Osservatorio permanente creato da Rete
Disarmo , partner italiano di Ican, la Campagna internazionale per l’abolizione
delle armi nucleari che quest’anno ha vinto il Nobel per la pace dopo la
vittoria dei 120 paesi che hanno firmato a luglio l’accordo per un trattato di
messa al bando degli ordigni atomici. Anche se l’Italia non l’ha fatto e questo
è ora l’obiettivo di Rete Disarmo, facendo lobbing con tutte le forze politiche
in campagna elettorale. A Montecitorio ieri ha partecipato alla presentazione
del dossier italiano anche il coordinatore della campagna Ican, lo svedese
Daniel Högsta. E un altro riconoscimento molto prestigioso del lavoro dei
ricercatori italiani, annunciato dal coordinatore Francesco Vignarca, è l’avvio
di una collaborazione stretta con lo Stockholm International Peace Research
Institute, il più importante istituto di ricerca sulle spese militaria che
monitora oltre 150 paesi nel mondo.
COSA DICE
MILEX 2018? Dice che le spese militari in
Italia sono in crescita del 4% soltanto nell’ultimo anno. Ricostruendo i vari
capitoli di bilancio nascosti qua e là totalizzano 25 miliardi di euro, pari
all’1,4 % del Pil. Una tendenza forte al rialzo – si legge – «avviata dal
governo Renzi che riprende la dinamica di incremento delle ultime tre
legislature» (+25,8% dal 2006, primo anno di accesso ai dati, per quanto
complicato) dopo una «botta di arresto» nel 2008 per effetto della crisi e
della spending review.
LA SPESA
DELLA DIFESA è sempre al 60% impiegata per il
mantenimento di un esercito ipertrofico e di «tutti ufficiali», tipo i Ragazzi
della Via Paal, ovvero dove i graduati, super stipendiati e con pensioni d’oro,
sono in numero superiore alla «truppa» dei soldati semplici. Ma è nei conti del
ministero dello Sviluppo economico che si trovano le sorprese più grosse. È il
Mise infatti che finanzia la crescita del budget per armamenti: carri armati,
elicotteri militari, la nuova portaerei Thaon di Revel che la Fincantieri di
Trieste dovrebbe sfornare nel 2022, e poi droni, caccia, 700 nuovi modelli di
blindati Lince (che senz’altro piaceranno ancor di più a Ignazio Larussa) .
VIGNARCA
SPIEGA che tra l’altro il Mise utilizza
per finanziare queste spese la stragrande maggioranza dei fondi destinati agli
incentivi per aumentare la competitività delle imprese, «di fatto sottraendoli
ad altre produzioni in grado di creare più posti di lavoro e un fatturato più
alto», oltre che una utilità sociale un po’ migliore. Fondi agevolati
incanalati in un unico comparto produttivo, quello bellico, che – spiega –
funzionano così: è lo Stato committente ad accendere mutui per pagare a stretto
giro le commesse destinate a trovare poi canali per l’esportazione. Così, solo
di interessi lo Stato paga 427 milioni di interessi l’anno, alle banche,
naturalmente. «Tanto quanto per l’assistenza ai disabili».
INFINE IL
CAPITOLO F35, i nuovi
caccia a tecnologia Usa che dovrebbero subentrare ai Tornado come aerei
d’attacco con capacità nucleare in barba all’articolo 11 della Costituzione. Il
costo totale del programma, che il Parlamento avrebbe voluto dimezzare (ma che
nessuna forza politica si è ricordata di ribadire nel programma elettorale
depositato al Viminale ndr), è 14 miliardi. Ma dei 10 già acquistati gli 8
considerati «operativi» hanno ancora problemi tecnici. «Recentemente – spiega
Vignarca- abbiamo avuto la conferma della giustezza delle nostre stime: durante
lo shutdown la Casa Bianca ha dichiarato che ogni F35 costa 150 milioni di
dollari, al netto di gestione e mantenimento.
*
da il manifesto 2 febbraio 2018
Nessun commento:
Posta un commento