Sami Anan, ex capo di stato
maggiore e unico avversario di al Sisi, è stato arrestato
Egitto. Un altro potenziale sfidante che salta pochi
giorni dopo l’attesa ricandidatura dell’ex generale al-Sisi: il 19 gennaio in
un discorso tv ha rivendicato i risultati del primo mandato e promesso che non
permetterà a dei «corrotti» di «salire su questa sedia». Una minaccia poco
velata, che rende la possibilità di una corsa solitaria ogni giorno più probabile
di
Chiara Cruciati ( il manifesto 24 marzo 2018 )
Ieri Sami
Anan, ex capo di Stato maggiore egiziano, da poco candidato alle presidenziali
del 26-28 marzo, è stato arrestato: ufficialmente – dicono fonti della
sicurezza – è stato «convocato» con l’accusa di aver falsificato documenti
ufficiali nei quali dichiarava di essersi ritirato dall’esercito, condizione
necessaria alla candidatura. Un altro potenziale sfidante che salta pochi
giorni dopo l’attesa ricandidatura dell’ex generale al-Sisi: il 19 gennaio in
un discorso tv ha rivendicato i risultati del primo mandato e promesso che non
permetterà a dei «corrotti» di «salire su questa sedia». Una minaccia poco
velata, che rende la possibilità di una corsa solitaria ogni giorno più
probabile.
Se la
National Elections Authority ha ricevuto richieste di monitoraggio del voto da
48 organizzazioni locali e internazionali, il problema è a monte: la barriera è
mediatica. La denuncia è di altri aspiranti candidati: Mohamed Anwar Sadat,
nipote dell’ex presidente, non è riuscito a trovare un hotel o una sala
conferenze (la risposta ricevuta: ordine dei servizi di sicurezza) che
ospitasse il lancio della campagna e nessuna tipografia ha voluto stamparne i
volantini. Alla fine si è ritirato. Lo stesso ha fatto l’ex premier e uomo di
Mubarak, Ahmed Shafik: non sono l’uomo giusto, ha detto, troppo tempo trascorso
fuori dal paese. Ma il motivo – riportano fonti a lui vicine – è stata la
minaccia del governo di scatenargli contro la magistratura per casi di
corruzione.
E poi c’è
Khaled Ali, avvocato e rappresentante della sinistra, su cui pende la condanna
per gesti osceni. L’appello si terrà il 7 marzo: se la sentenza sarà confermata
sarà fuori dalla corsa. Nel frattempo anche lui è nella pratica impossibilitato
a presentare pubblicamente la candidatura.
Al-Sisi pigliatutto: per gli
sfidanti non c’è spazio
Presidenziali. La legge egiziana prevede come
requisiti alla candidatura 20mila firme di cittadini e l'appoggio di 20
deputati. Ma 510 su 596 lo hanno dato al presidente. E mentre Khaled Ali rischia
la prigione, Ahmed Shafiq si ritira per le minacce del Cairo
di
Chiara Cruciati ( il manifesto 11
gennaio 2018 )
Erano già
tanti ma continuano ad aumentare: da martedì il numero di parlamentari che
sostengono la candidatura del presidente al-Sisi – che di suo ancora non si è
fatto avanti, ma lo farà – alle presidenziali di marzo è salito da 466 a 510 su
596. Un dato da non tralasciare: la legge egiziana richiede come requisiti a
chi voglia candidarsi alla presidenza 20mila firme di cittadini e 20 deputati a
sostegno. Ne restano «liberi» 96, come vada la corsa non sarà certo affollata.
A denunciare una legge «troppo restrittiva» è Mohamed al Sadat, nipote dell’ex
presidente Anwar e potenziale candidato se il clima, dice, non fosse così
«scoraggiante»: Sadat non è ancora riuscito a presentare il suo programma alla
stampa.
Stesso
problema per Khaled Ali, candidato della sinistra, su cui pesa anche una
condanna in primo grado per «gesti osceni». L’appello sarà il 7 marzo: se la
condanna verrà confermata, sarà arrestato e perderà il diritto a concorrere. E
poi c’è l’ex uomo forte di Mubarak, Ahmed Shafiq, il cui tentativo di
candidarsi è ormai una saga: cacciato dagli Emirati dove viveva, detenuto in
Egitto al suo rientro e poi rilasciato, si è «volontariamente» ritirato due
giorni fa, ufficialmente perché non si ritiene «l’uomo giusto al momento
attuale». Ufficiosamente, dicono fonti a lui vicine, per le pressioni del Cairo
che avrebbe minacciato di tirare fuori vecchie storie di corruzione.
Sicuramente vere, verrebbe da dire, visto il ruolo giocato negli anni di
Mubarak, prima nell’esercito fino al grado di capo di Stato maggiore e poi come
primo ministro nel gennaio 2011 per placare (invano) le piazze.
Le elezioni
si terranno dal 26 al 28 marzo (dal 16 al 18 per gli elettori all’estero) e
l’eventuale ballottaggio dal 24 al 26 aprile. Per candidarsi c’è tempo fino al
29 gennaio, sempre che si superino le forche caudine del parlamento.
Nella foto: Il presidente dell'Egitto generale al Sisi
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