Anche l'italiana Eni SpA nella lista, al quattordicesimo posto e con
emissioni in aumento rispetto al 2014
Secondo il rapporto Global 100
greenhouse gas performance: new pathways for growth and leadership,
appena pubblicato dalla Thomson Reuters, da sole le 100 aziende con i più ampi
impatti climalteranti a livello mondiale hanno generato 28,4 miliardi di
tonnellate di CO2eq nel 2015, rappresentando il 25% dei gas serra emessi dai 7
miliardi di esseri umani che oggi popolano il pianeta.
Al primo posto per emissioni spicca Coal India, società indiana per
l’estrazione del carbone, con oltre 2 miliardi di tonnellate di
CO2 emesse nel 2015. Segue Pjsc
Gazprom, società russa per l’estrazione, la produzione, il trasporto e
la vendita di gas, con emissioni superiori agli 1,2 miliardi di tonnellate. La
multinazionale americana per il petrolio e il gas, ExxonMobil Corporation, è invece la terza più inquinante con
emissioni poco al di sopra del miliardo di tonnellate. Tra i soggetti europei –
osservano dall’ASviS,
l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile che ha analizzato il rapporto
– la Royal Dutch Shell Plc,
multinazionale anglo-olandese del petrolio e del gas, che occupa il nono posto
della classifica, la francese Total
S.A., undicesima, Eni SpA,
al quattordicesimo posto con emissioni in aumento rispetto al 2014, e la British Petroleum Plc, dodicesima.
Nella maggior parte dei casi, le emissioni
sono rimaste pressoché invariate tra il 2014 e il 2015, mentre avrebbero dovuto
diminuire. Quelle di alcuni soggetti sono addirittura aumentate».
Eppure, molte di queste multinazionali
risultano oggi più consapevoli che in passato del loro impatto sul clima, e
rientrano ormai tra qui soggetti che chiedono alla politica internazionale di
attivarsi per combattere il cambiamento climatico. Come mai? «Un’analisi della
correlazione tra gli introiti delle grandi aziende inquinanti e le loro
emissioni – dichiarano dall’ASviS – rivela che mentre i ricavi, cioè il
fatturato, sono proporzionali alle emissioni, l’utile netto (dal quale dipende
il valore per gli azionisti) non lo è. Questo indica che il decoupling (letteralmente
“disaccoppiamento”) funziona e che per gli azionisti il valore non è colpito
negativamente dalla decarbonizzazione». Anche le multinazionali fossili hanno
capito che il vento è cambiato.
* da www.greenreport.it, 31 maggio 2017
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