di Fabio
Marcelli *
Un
risultato, sia pure involontario, del renzismo è che il centro-sinistra
è oramai finito nell’immondezzaio della storia italiana, e risulterà del tutto
vano ogni tentativo di riesumarlo.
È un fatto positivo perché il centro-sinistra è partecipe da molto
tempo delle magagne italiane, corruzione compresa (Davigo docet).
La
situazione internazionale richiede d’altronde un nuovo inizio e una rottura
qualitativa totale rispetto al passato. Il recente vertice del G7 di Taormina ha marcato insanabili
divergenze tra gli Stati Uniti e l’Unione europea. Il declino di quella che
fino a qualche anno fa era la potenza-guida dell’Occidente e della
comunità internazionale nel suo complesso impone la nascita di una nuova
classe dirigente che sappia finalmente emanciparsi dalla tradizionale
servitù nei confronti di Washington, ovviamente senza convertirla i nuove
altrettanto paralizzanti servitù nei confronti di Berlino o di chicchessia.
Un’Italia che sia protagonista del rilancio europeo e sappia instaurare
relazioni di mutua cooperazione con Russia e Cina, fuori da ogni logica di
ricatto atlantico oramai definitivamente obsoleta.
Occorre che
emerga, a livello internazionale, europeo e nazionale, una nuova classe
dirigente che sia consapevole delle sfide che ci troviamo di fronte:
cambiamento climatico e ambiente, risanamento della forbice fra Nord e Sud,
migrazioni, guerre, terrorismo. Tutti temi strategici sui quali Gentiloni,
come prima di lui Renzi, Letta, Monti, Berlusconi e lo stesso Prodi,
che pure è il meno peggio della serie, si sono limitati negli anni e ormai
decenni passati a cincischiare e improvvisare sulla scia di altri.
Decenni e anni perduti che peseranno inesorabili sul futuro dell’Italia,
dell’Europa e del pianeta. Le prospettive non sono del resto rosee e
incoraggianti. Quello che gli zombies abbarbicati alle poltrone
vogliono proporre è un’alleanza tra Pd e destra per escludere i Cinquestelle
dalla possibilità di governare.
Una
strategia tutta in negativo per continuare a occupare il potere vivendo
alla giornata, in una situazione che precipita da tanti punti di vista e che
sempre meno consentirà il piccolo cabotaggio su cui Pd, Forza Italia e
compagni hanno vivacchiato in questi anni, mascherando le loro politiche
conservatrici con campagne propagandistiche in stile pubblicitario su un
rinnovamento delle istituzioni non solo immaginario, ma progettato in modo
pessimo (Renzi), sul primato degli Italiani e la cacciata degli “stranieri”
(Lega) o sul mito dell’impresa libera da lacci e lacciuoli impersonata
carismaticamente dal pluripregiudicato Berlusconi (Forza Italia). Una
montagna di falsità propinata in dosi massicce agli Italiani dietro le
quali si nasconde la solite triste realtà fatta di super-sfruttamento della
forza-lavoro, specie immigrata, sulla propagazione di corruzione e mafie di
ogni genere, sull’approfondimento delle diseguaglianze, a cominciare da quelle
di genere e territoriali tra Nord e Sud italiani. È questa, per sommi
capi, la costituzione materiale dell’Italia odierna che nega da ogni punto di
vista quella formale e nobile per cui i nostri padri e i nostri nonni
hanno combattuto e sono morti.
In una
situazione del genere, che definire stagnante è un eufemismo, dato che
ci troviamo, e da molti anni, nel pieno di sabbie mobili di profondità
insondabile, i Cinquestelle, con tutti i loro limiti, che non sono
pochi, hanno tutto il diritto di proporre la loro alternativa che va valutata
con rigore e attenzione da parte di chiunque non si rassegni a crepare in
compagnia di Renzi, Berlusconi e compagni. Ci sono però tre condizioni
indispensabili affinché questo tentativo possa avere un qualche successo.
La prima, una squadra di governo composta di personalità
indiscusse che siano latrici di proposte di riforma nei vari settori.
La
seconda, il rilancio di una sinistra anch’essa totalmente rinnovata
rispetto al passato e che soprattutto ripudi fino in fondo le fallimentari
esperienze del centro-sinistra e che converga con i Cinquestelle su taluni
qualificanti punti di politica interna e internazionale, come proposto anche da
Marco Travaglio.
La terza, la strutturazione di un controllo dal
basso su tutti i governi sia centrali che locali, da parte di movimenti e
strutture partecipative.
Tre punti di fondamentale importanza per evitare di
ripetere esperienze deludenti come quelle della giunta Raggi a Roma e di
spianare il terreno al ritorno degli zombies affamati di potere per il
potere. Il terzo punto si coniuga alla necessità di instaurare dentro il
Movimento una democrazia effettiva che ne travalichi gli angusti confini
e ne rifondi il gruppo dirigente.
* da ilfattoquotidiano,
5 giugno 2017
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