di Angelo
Baracca *
Dopo la
vittoria del NO al referendum del 2011 sulla ripresa dei programmi di energia nucleare per la
produzione di energia elettrica, l’attenzione verso questo problema in Italia è
crollata. Sarebbe necessario mantenere
l’attenzione sul progetto del deposito nazionale per i residui nucleari a media
e bassa attività che fu lanciato con molto risalto nel 2015, e del quale poi si
è perduta ogni traccia un anno fa quando era stata preannunciata la
pubblicazione dell’individuazione dei siti idonei: il che indica l’oggettiva
difficoltà che le autorità incontrano per la reazione che solleverebbe nelle
popolazioni interessate, ma finirà per aggravare la situazione confermando la
sfiducia popolare verso le autorità responsabili, di fronte a un’emergenza
nucleare (ma chi se la ricorda?) dichiarata nel 2003 dall’allora
governo Berlusconi! Intanto lo stato della ventina di depositi “provvisori”
esistenti in Italia continua, comprensibilmente, a deteriorarsi e ad aggravare
il rischio di incidenti. E i cittadini continuano a pagare (in larga parte
inconsapevolmente) nella bolletta elettrica gli “oneri nucleari” (componente
A2) per la dismissione del programmi nucleari decisa 30 anni fa!
Non consola,
del resto, il fatto che in tutto il mondo questo problema sia ben lungi
dall’essere risolto, poiché l’industria nucleare e i governi sono sempre stati
impegnati a fare profitti nella costruzione di nuove centrali trascurando
invece la gestione della “coda” del ciclo nucleare, che invece presenta costi e
rischi tutt’altro che indifferenti. Ma la
fine dei programmi nucleari civili sembra profilarsi in modo sempre più
minaccioso, malgrado il potente lavoro delle lobbies nucleari.
I segnali dell’agonia dei programmi nucleari civili si accumulano.
La
bancarotta dell’industria nucleare
Soprattutto
dopo gli spaventosi incidenti nucleari di Fukushima del 2011 (a proposito, la
situazione e l’emergenza rimangono drammatiche) lo stato finanziario dei
colossi dell’energia nucleare diventa sempre più disastroso. Il 29 marzo scorso la Westinghouse ha
presentato istanza di fallimento, per ristrutturarsi a causa dei costi dei
quattro reattori AP-1000 che sta costruendo in Georgia e Carolina del Sud, i
primi reattori ordinati negli USA dopo l’incidente di Harrisburg del 1979: i
costi per ciascuno di questi reattori stanno eccedendo, anche per i ritardi che
si accumulano, di 1-1,3 miliardi di $ quelli preventivati. La sua controparte
giapponese Toshiba ha dichiarato di avere già perduto nel
settore nucleare 6 miliardi di $, che potrebbero aumentare a 10. Il
gigante nucleare francese Areva ha registrato 665 milioni di
Euro di perdita nel 2016, dopo avere perduto 2 miliardi nel 2015, e 4,8
miliardi nel 2014: lo scorso anno EDF è subentrata per metà ad Areva.
L’ultimo progetto di EDF, il reattore noto col nome EPR, in costruzione a
Flamanville è in ritardo di 6 anni, e il suo costo è triplicato, a più di 10
miliardi. Areva è detenuta per l’87% dallo Stato, e l’industria
nucleare costituisce un asse portante dell’economia della Francia. Nel
2015 Areva incorse in un gravissimo scandalo per la
falsificazione di documenti relativi ad anomalie nella composizione
dell’acciaio dei vessel dei reattori che costruisce nell’acciaieria di Le
Creusot.
Negli USA il
nucleare non regge la competizione con le rinnovabili
Negli Stati
Uniti il costo delle fonti rinnovabili sta diminuendo a vista d’occhio, e sta rendendo non redditizi un numero crescente di
reattori nucleari (si tenga presente che negli USA le compagnie elettriche
sono private). Dopo il disastro di Fukushma esse hanno dovuto spendere milioni
di dollari in più in sistemi di sicurezza per mantenere in funzione le centrali
nucleari. Entergy ha già spento un reattore nucleare nel
Vermont, e progetta di spegnerne altri quattro in perdita. Da tempo il governo
ha fatto retromarcia sui prestiti all’industria nucleare.
La Germania
dopo Fukushima ha deciso di chiudere i suoi 17 reattori nucleari entro il 2022: oggi la sua produzione elettrica è coperta per il
26% da eolico, solare e altre rinnovabili (sebbene il 44% continui ad essere
prodotto con il carbone), e prevede di arrivare al 2025 con una produzione
elettrica da rinnovabili del 40-45% sul totale della domanda. In Svizzera
nel referendum del 21 maggio scorso il 58,2% della popolazione ha votato per
sostituire le 5 centrali nucleari del paese con fonti rinnovabili.
L’esperto
francese di problemi nucleari Mycle Schneider ha dichiarato che l’energia
nucleare “costituisce una bomba finanziaria ad orologeria, con gravi problemi
di sicurezza”. Dal 1979, con l’incidente di Harrisburg, vi sono stati 6
incidenti nucleari gravissimi (contando a Fukushima tre reattori con fusione
del nocciolo, più l’incidente, assolutamente nuovo e non meno grave, alla
piscina di disattivazione del combustibile esaurito) in 48 anni, con una
frequenza di un incidente grave ogni 8 anni.
È ora di
uscire definitivamente dal nucleare prima che possa accadere il prossimo
incidente! Ben sapendo che l’eredità della follia dei programmi nucleari dal
1946 lascerà comunque una pesantissima eredità per secoli, con costi colossali
e rischi enormi.
* da pressenza.com , 3 giugno
2017
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