di Laura Burocco *
In Nigeria si vota oggi per le elezioni presidenziali e legislative, mentre il prossimo 11 marzo si rinnoveranno i governatori dei 36 stati (più la capitale federale Abuja) che compongono la Repubblica federale nigeriana. Le elezioni coinvolgeranno circa 95 milioni di elettori registrati in 176.846 sezioni elettorali.
DURANTE LA CAMPAGNA i candidati che aspirano alla presidenza dopo i due mandati di Muhammadu Buhari, si sono mostrati nei loro abiti tradizionali sui poster colorati che adornano le strade del paese e hanno illustrato i loro piani su varie piattaforme. Mentre da una parte i media tradizionali hanno fatto molto per informare sui programmi, oltre a funzionare da garanti, i social media hanno consentito di raggiungere più persone, soprattutto nelle aree remote che di solito restano ai margini. Questo ha aperto nuove opportunità alle fasce povere della popolazione per essere più consapevoli. Ci sono stati dibattiti, riunioni comunali, comizi che hanno permesso ai cittadini di interagire maggiormente con i candidati.
Malgrado finora la gran parte della campagna si sia concentrata più su discorsi di odio e discorsi politicamente irrilevanti, una delle novità di questa tornata elettorale sono le persone in fila per ottenere le schede elettorali, e quelle impegnate nelle campagne in strada e online. Ma ci sono state anche manifestazioni e marce ed è visibile un maggiore interesse da parte dei cittadini, soprattutto i giovani.
UNO DEI TEMI INFATTI È L’ETÀ dei candidati dei due maggiori partiti in corsa per la presidenza: Bola Ahmed Tinubu, (anni 70, anche se si crede ne abbia 86), dell’All Progressives Congress (Apc) e Atiku Abubakar (anni 75) del Peoples Democratic Party (Pdp). Kólá Túbòsún, linguista e scrittore nigeriano, liquida così la faccenda: «Entrambe le scelte non prevedonbo la possibilità che il prossimo presidente del paese più popoloso dell’Africa potesse appartenere a una generazione emergente, piuttosto che morente». La Nigeria non è solo il paese più popoloso dell’Africa ma anche uno con l’età media più bassa al mondo: i giovani rappresentano il 28% della popolazione, 52,2 milioni di persone di età compresa tra 18 e 35 anni. Nel 2022, l’età media in Nigeria era di 18 anni.
E anche per questo il terzo “nuovo” candidato, Peter Obi del Labour Party (anni 60), sta generando entusiasmo tra i giovani disincantati dagli ultimi decenni di governo dei due principali partiti. Secondo la coordinatrice della sua campagna, Aishat Yesufu, il candidato Obi ha quella che si dice mancare agli altri due candidati: empatia con i problemi delle persone comuni. La campagna di Obi si è concentrata sui giovani, sulla corruzione e su come i vecchi governanti abbiano rubato il futuro alle nuove generazioni. Lo slogan che ne deriva è «una nuova Nigeria è possibile attraverso i giovani».
COSÌ È NATO IL MOVIMENTO “Obidient” in appoggio al nuovo candidato. «Alla gente piace il suo atteggiamento frugale e il suo messaggio sulla riduzione dei costi di governance», dice Idayat Hassan, direttore del think thank del Centre for Democracy and Development.
Molti analisti ritengono che il movimento “Obidient” sia un seguito del movimento nazionale #EndSars del 2020, quando migliaia di giovani sono scesi in piazza chiedendo la fine dell’unità di polizia della Sars, nota per gli arresti indiscriminati seguiti da estorsioni, torture o uccisioni, di persone innocenti. Le proteste hanno raggiunto l’apice dopo il massacro di Lekki Tollgate, quando almeno 46 manifestanti disarmati sono stati uccisi dalle forze di sicurezza. Proprio come #EndSars, il movimento “Obidient” è decentralizzato, finanziato dalla comunità, non ha un leader chiaro e vede una forte partecipazione femminile, in risposta al desiderio dei giovani che le donne siano rappresentate meglio nella governance.
UN ALTRO ELEMENTO importante è stato il blocco di Twitter da parte delle autorità nel giugno del 2021; blocco poi dichiarato illegale e in violazione della libertà di espressione dalla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) nel luglio 2022. L’intenzione era proprio quella di controllare e reprimere il dibattito politico fra i giovani, che si erano dimostrati troppo abili con i loro dispositivi nell’utilizzo dei social media. Ed è per questo che i giovani nigeriani vogliono che il governo garantisca il rispetto dei diritti digitali, la libertà di Internet e il diritto di ognuno mantenere la sovranità sui propri dati digitali.
Altro tema centrale è il deterioramento sistematico del sistema universitario. Nel 2022 le università del Paese hanno perso quasi un anno a causa di una disputa tra il governo federale e i vari sindacati su questioni relative a finanziamenti, governance e welfare dei lavoratori.
SE ALLA FINE DEL 2022 il governo federale ha ottenuto un’ingiunzione del tribunale che ha obbligato i docenti a tornare al lavoro, le richieste alla base degli scioperi sono state appena sfiorate. E mentre due università nigeriane (Ibadan e Lagos) compaiono tra i nove migliori atenei del continente africano, secondo l’Unicef in Nigeria ci sono 10,5 milioni di bambini che non vanno a scuola. Ma nel paese sono più sentiti i problemi legati alla violenza diffusa, l’emergenza jihadista che affligge in particolare le popolazioni degli stati settentrionali, la disoccupazione al 33%, la corruzione.
LA NIGERIA è uno dei paesi più ricchi del continente, ma anche uno dei più corrotti, al 150mo posto su 180 paesi nell’indice di percezione della corruzione.
A questo proposito Obi raccoglie le speranze di molti, ha fama di aver smantellato la politica clientelare nello stato di Anambra, dove è stato governatore per due mandati fino al 2014 e i suoi soistenitori sono convinti che «farà lo stesso quando vincerà!». Incorpora i valori di equità, uguaglianza e giustizia – dice la campagna – essendo tra i pochi politici a poter affermare di non avere beneficiato personalmente della propria posizione di potere.
Il Partito laburista, creato nel 2002, non ha avuto grossi riscontri elettorali fino a quando Obi, in corsa come vice di Abubakar nel 2019, ha deciso di lasciare il Pdp in maggio per entrare nelle sue file. L’assenza di una consolidata struttura partitica, come quella di cui godono i due avversari, è mitigata dal grandissimo sostegno nelle zone urbane e sui social media, dall’età, ma anche dalla sua etnia, un fattore costante nella politica nigeriana. Abubakar è Fulani del nord, Tinubu è Yoruba del sud-ovest e Obi è Igbo da sud-est. Gli Igbo non detengono la presidenza dal 1966.
PER QUANTO SI CERCHI DI SMINUIRE l’importanza dell’etnia nella politica nazionale, l’appartenenza etnica persiste ostinatamente e i tre principali candidati ora rispecchiano le tre maggiori “nazionalità etniche” del paese. La Nigeria più divisa e polarizzata di quanto non sia mai stata, mostra le sue divisioni nella controversia sui candidati alla presidenza e sulla fede religiosa, nelle agitazioni separatiste del neo-Biafra nel sud-est e nella retorica etnocentrica, tossica e bigotta diffusa nei media mainstream e nei social media.
Mentre il potere normalmente si alterna tra nord e sud e tra musulmani e cristiani, stavolta il Pdp ha scelto Atiku, un musulmano del nord, e l’Apc punta su Tinubu, un musulmano del sud, dando la percezione di vedere emarginati i cristiani.
«Obi – aggiunge Idayat Hassan – non è solo il candidato dei giovani, potrebbe eventualmente essere un candidato della comunità cristiana». E a questo proposito il pastore Anthony Abakporo, uno dei predicatori più seguiti nel paese, dichiara: «Siamo stanchi. Da quando siamo nati, non abbiamo mai visto niente funzionare. Quindi, riteniamo che sia sempre stato il loro turno, ma ora è il turno della Nigeria. Non è Igbo, non è Yoruba, non è Hausa… è oltre la tribù».
ANCHE WOLE SOYINKA, drammaturgo, poeta e saggista nigeriano, Nobel per la letteratura nel 1986, ha invitato i politici nigeriani a cogliere l’opportunità di non inasprire il dibattito vista la situazione in cui la società nigeriana si dibatte. Le cause del conflitti in Nigeria sono molteplici e includono la competizione per le risorse naturali, il cambiamento climatico, le crisi di identità, l’attività dei diversi gruppi armati attivi in molte parti del paese. Conflitti guidati dalla povertà, dalla proliferazione di armi, dai confini porosi e dagli spazi non governati dal potere centrale.
* da il manifesto 25 febbraio 2023
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