22 aprile 2022

Elezioni: Contro la Colombia di Petro si scatena la peggiore destra

  Il presidente Duque guida gli attacchi contro il candidato della sinistra al voto del 29 maggio. Il leader di Pacto Histórico costretto a rinunciare alla sua alleata storica, la senatrice Córdoba, sotto inchiesta per legami con le Farc

di Claudia Fanti *

Per scongiurare la vittoria di Gustavo Petro alle presidenziali del 29 maggio in Colombia, le forze conservatrici sono pronte a tutto. Dopo i brogli elettorali che hanno segnato le parlamentari del 14 marzo scorso, senza peraltro impedire la vittoria della sua coalizione, il Pacto Histórico, le destre hanno scatenato una delle campagne più sporche di cui si abbia memoria.

UNA STRATEGIA portata avanti con la benedizione del presidente Iván Duque che, malgrado la sua carica dovrebbe impedirgli di interferire nella campagna elettorale, non perde occasione per attaccare il candidato di sinistra, senza nominarlo.

Come quando, ricordando la propria devozione alla Vergine di Chiquinquirá, patrona della Colombia, si è detto sicuro della sua protezione «affinché la nostra democrazia non cada negli artigli della demagogia e del populismo».

Così, dal primo febbraio al 13 aprile, un discorso su tre di Duque – secondo il calcolo del sito di notizie La Silla Vacía – ha avuto come bersaglio una delle proposte della campagna di Petro, a cominciare da quella di una moratoria dello sfruttamento degli idrocarburi: «Forse non sanno, quanti promuovono queste idee, che questo settore rappresenta la maggiore fonte di attrazione dei capitali esteri, di royalty e di imposte».

Stessa sorte per le proposte del candidato di sinistra di rivedere le concessioni minerarie, di sciogliere la Esmad (lo Squadrone mobile antisommossa della polizia colombiana tristemente celebre per le sue violazioni dei diritti umani), di modificare il sistema delle pensioni per renderlo a maggioranza pubblica, di riformare il sistema di salute.

MA È STATA LA VISITA di suo fratello Juan Fernando ad alcuni detenuti rinchiusi nel carcere La Picota, l’8 aprile, a scatenare la più violenta offensiva contro il candidato del Pacto Histórico. P

oco importa si trattasse di una visita della Comisión Intereclesial de Justicia y Paz incaricata di accertare il rispetto dei diritti umani nelle carceri: le destre ne hanno approfittato per accusare Petro di negoziare uno sconto di pena per i politici condannati per corruzione in cambio di voti.

E tanto più furibondi sono stati gli attacchi quando Petro si è richiamato al concetto di perdono sociale di Jacques Derrida, benché non volesse certo proporre riduzioni di pena per i corrotti, indulti o amnistie, bensì indicare nella riconciliazione la via per sanare le ferite provocate dalle molteplici tragedie sofferte dal paese.

«IL PERDONO SOCIALE – ha spiegato su Twitter – non è impunità, è giustizia riparativa. Non è occultamento, è un processo di verità storica. Non è né giuridico, né divino, è il perdono terreno della cittadinanza. Non lo ordina il presidente, ma la società».

Eppure, per tutta la settimana, Petro ha dovuto ripetere in tutte le salse che «non c’è mai stata un’offerta di riduzione di pena né mai ci sarà».

Il polverone sollevato dalla visita del fratello a La Picota ha avuto, però, anche un’altra conseguenza: indurre Petro a chiedere alla senatrice e sua alleata storica

di fare un passo indietro in attesa di risolvere i problemi giudiziari in cui è coinvolta.

Una decisione dolorosa per il candidato presidenziale, che aveva voluto con sé a tutti i costi la senatrice, nota per aver mediato tra le Farc e il govero Uribe a favore della liberazione di politici sequestrati dalla guerriglia, ma accusata dalla Procura di aver tratto benefici economici e politici dai suoi vincoli con Hugo Chávez e con i comandanti delle Farc, oltre che di aver presentato a Maduro l’imprenditore colombiano Alex Saab, ora detenuto negli Stati Uniti per corruzione.

BENCHÉ CÓRDOBA abbia sempre negato ogni accusa, un’eventuale condanna giudiziaria nelle prossime settimane sarebbe stata per la campagna di Petro un colpo troppo duro.

nella foto:  Francia Marquez abbraccia Gustavo Petro

* da il manifesto 22 aprile 2022

 

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( di Claudia Fanti – il manifesto 16 marzo 2022)

È iniziata nel migliore dei modi la corsa di Gustavo Petro alla presidenza della Colombia. Il doppio appuntamento elettorale di domenica scorsa – per il rinnovo del Congresso e per la definizione dei candidati alle presidenziali del 29 maggio – è stato un successo, per lui e per la sinistra. Alle primarie presidenziali, Petro si è infatti affermato non solo come il candidato ufficiale della sua coalizione, il Pacto Histórico, con oltre l’80% di preferenze, ma anche, con 4 milioni e mezzo di voti, come quello più votato in assoluto, incassando mezzo milione di voti in più di quelli che l’attuale presidente Iván Duque era riuscito a raccogliere nelle primarie del 2018.

NESSUN DUBBIO quindi che sia lui il favorito alle elezioni del 29 maggio, quando dovrà vedersela con Sergio Fajardo, vincitore delle primarie della coalizione Centro Esperanza, con circa 720mila voti, e soprattutto con l’ex sindaco di Medellín Fico Gutiérrez, che, con più di 2 milioni di preferenze, ha trionfato in quelle della coalizione di destra, Equipo por Colombia, oltre che con alcuni candidati che non hanno concorso alle primarie, come Ingrid Betancourt, la leader e fondatrice del Partido Verde Oxígeno sequestrata dalle Farc nel 2002.

Sono state anche le prime elezioni dopo 20 anni che non hanno avuto come protagonista l’ex narcopresidente Álvaro Uribe, il quale ha rinunciato a candidarsi al Congresso dopo essere risultato, nel 2018, il senatore più votato della storia del Paese con oltre 860mila preferenze.

CHE L’URIBISMO, rimasto escluso dalle primarie, sia ormai sul viale del tramonto lo ha indicato del resto il magro risultato delle legislative, in cui ha visto ridursi di molto la sua pattuglia parlamentare – dai 19 senatori e 32 deputati del 2018 ai 14 e 16, rispettivamente, di oggi -, passando dal primo al quinto posto al Senato e dal primo al quarto posto alla Camera. Un risultato su cui ha pesato indubbiamente l’infimo livello di consensi nei confronti del “subpresidente”, come il popolo colombiano ha ribattezzato Duque per la sua dipendenza dal leader della destra più estrema e guarrafondaia: è lui uno dei grandi sconfitti della giornata, pagando la totale chiusura alle rivendicazioni portate avanti dalla rivolta sociale, la sconfessione completa degli accordi di pace del 2016, la continuità del genocidio politico.

E non è un caso che Oscar Zuluaga, il candidato del Centro Democrático fondato da Uribe, abbia già annunciato il ritiro dalle presidenziali, garantendo, in funzione anti-Petro, il proprio appoggio a Gutiérrez, il nuovo volto della destra colombiana.

A festeggiare il risultato delle elezioni, in cui non sono mancate irregolarità e violenze, è comunque, oltre a Petro, tutto il Pacto Histórico, risultato la forza principale tanto al Senato (con poco più del 14% dei voti) quanto alla Camera dei deputati. Ma per quanto si tratti del miglior risultato del progressismo nella storia del paese, il Pacto Histórico, con i suoi 16 senatori e 25 deputati, resta comunque una forza di minoranza all’interno di un Parlamento estremamente frammentato. Con la conseguente necessità per Petro, nel caso in cui sia lui a vincere le presidenziali, di negoziare con altre forze politiche. Non per niente il leader progressista, nel suo discorso dopo la vittoria, ha invitato il Partido Verde, il Partido Liberal e persino i «conservatori con etica» a dare vita «a un grande fronte ampio e democratico».

SORRIDE in particolare, all’interno della coalizione progressista, la grande rivelazione di queste elezioni: la leader afrocolombiana e Premio Goldman (il Nobel per l’ambiente) 2018 Francia Márquez, che, con il suo slogan «Io sono perché noi siamo», ispirato all’etica tradizionale sudafricana Ubuntu, è giunta seconda dietro a Petro con ben 781mila voti, più di quelli ricevuti dal vincitore delle primarie del centro Sergio Fajardo.

 

 

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