1 aprile 2022

“L’affrancamento da Mosca passa attraverso le abitazioni”

 Legambiente e Kyoto Club: Come dimezzare le importazioni di gas senza inquinare e abbattere le bollette


 di Daniela Passeri *

Il progressivo affrancamento del gas russo passa anche dal nostro locale caldaia. Riqualificando ogni anno il 3% del patrimonio edilizio con misure di efficientamento e di elettrificazione dei consumi che prevedano la sostituzione delle caldaie a gas con un milione di pompe di calore elettriche, entro 2030 si potrebbero risparmiare 12 miliardi di metri cubi di gas, pari al 41% delle importazioni da Mosca.

Il calcolo è contenuto nello studio «Dal gas alle rinnovabili: Scenari e benefici economici dei sistemi di riscaldamento degli edifici» realizzato da Elemens e presentato ieri da Legambiente e Kyoto Club. Il taglio del gas comporterebbe risparmi in bolletta (fino all’80% rispetto ai primo trimestre 2022), minori emissioni di CO2 (22 milioni di tonnellate in meno) e vantaggi per la sicurezza (nel 2019 ci sono stati 270 incidenti a caldaie a gas che hanno causato la morte di 35 persone).

Per ottenere questi risultati, però, serve cambiare passo nella politica degli incentivi che, secondo Elemens, hanno di certo avuto impatti sull’efficienza, ma sul fronte della riduzione del gas naturale il risparmio è stato contenuto ed è andato progressivamente a decrescere: se nel 2011 si sono risparmiati 0,8 miliardi di metri cubi, nel 2020 il risparmio si è ridotto a 0,3 miliardi di metri cubi, a fronte di 27 miliardi di euro di detrazioni fiscali. «La cosa non stupisce – ha commentato Tommaso Barbetti, l’autore dello studio – se si considera che gli eco-bonus finanziano l’installazione di caldaie a condensazione a gas». Solo nel 2020 ne sono state installate 133mila grazie agli incentivi.

«L’Italia è l’unico paese al mondo che regala caldaie a metano, una follia che stiamo pagando a caro prezzo – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini – Possiamo raggiungere risultati ambiziosi dando invece priorità agli interventi negli edifici più energivori, premiando chi riduce di più i consumi, aiutando chi oggi sta più soffrendo la crisi con interventi negli edifici di edilizia residenziale pubblica dove vivono famiglie in condizioni di povertà energetica. In questo modo, in pochi anni possiamo ottenere un risultato superiore alla costruzione di un nuovo gasdotto ma con benefici in termini riduzione delle bollette e aumento di posti di lavoro». Quella delle pompe di calore, infatti, è una filiera tutta italiana.

Tre le proposte per correggere il sistema degli incentivi avanzate da Legambiente e Kyoto club, insieme impegnate da mesi in una campagna per accelerare il processo di decarbonizzazione degli edifici: 1) legare l’entità del contributo alla riduzione del consumo di gas e dei fabbisogni energetici. 2) accelerare l’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi che favoriscono il consumo di gas e gpl negli edifici eliminando nell’arco di tre anni accisa e Iva ridotta. 3) eliminare gli incentivi per l’installazione delle caldaie a gas (dal 2023 esclusione dal superbonus 110%, dal 2026 esclusione dalla detrazione del 50%) e vietare l’installazione di caldaie a gas negli edifici nuovi (dal 2024) e nelle ristrutturazioni degli interi edifici (2027) per sostituirle con pompe di calore integrate con fonti rinnovabili.

Gli esempi a cui ispirarsi in altri paesi europei non mancano: in Irlanda nel febbraio del 2020 è stato approvato un pacchetto per il miglioramento delle classi energetiche degli edifici che prevede un incentivo fino al 50% della spesa, mentre per le persone che soffrono di povertà energetica è prevista la copertura intera. Interventi più radicali nella riduzione dei consumi possono accedere ad incentivi fino all’80%. In Francia, l’installazione delle pompe di calore è incentivata fino a 9.000 euro. Nelle Fiandre (Belgio) si mira a rendere obbligatoria entro il 2023 la riqualificazione energetica di immobili acquistati almeno fino alla classe D: l’intervento deve essere effettuato entro i 5 anni successivi all’acquisto. Inoltre, per i nuovi edifici sarà proibito avere un riscaldamento a gas – se non in conformazione ibrida con pompa di calore – e entro il 2026 sarà proibita anche la connessione alla rete del gas.

* da il manifesto – 1 aprile 2022

La pubblicazione dell’intervento non comporta la totale condivisione dei contenuti

 

Per scaldare gli edifici il gas ormai è superato

ENERGIA. Sostituire una caldaia a gas con una pompa di calore elettrica è il modo più efficace per avere case a 0 emissioni. Ma in Italia questa transizione è troppo lenta

Disfarsi della caldaia a gas e sostituirla con una pompa di calore elettrica è al momento la mossa più efficace per tagliare le emissioni di CO2 legate al riscaldamento degli edifici, in tutte le fasce climatiche e con ogni mix energetico, eccetto che in Polonia ed Estonia. Fa risparmiare e garantisce buoni livelli di comfort. Però la transizione a questa tecnologia è ancora troppo lenta persino in un paese come l’Italia dove, grazie al Superbonus 110%, il principale ostacolo, quello dell’investimento iniziale, potrebbe essere agilmente superato.

UNA RICERCA E UN SONDAGGIO commissionati da Eeb (European Environmental Bureau) e Coolproducts mettono in evidenza che sono la mancanza di informazioni, e in qualche caso la disinformazione su costi, prestazioni ed entità degli interventi, a frenare la decarbonizzazione degli edifici. Invece, chi ha già installato una pompa di calore è soddisfatto: su 670 utilizzatori intervistati in 22 paesi europei (anche Uk e Norvegia), l’85% si dice contento, l’81% considera migliorato il proprio livello di benessere, il 64% dichiara di spendere meno. Considerando che il sondaggio è stato fatto prima dell’impennata del prezzo del gas, il risparmio sembrerà oggi ancora più consistente.

È NECESSARIO SFATARE LE LEGGENDE urbane secondo le quali il gas è assolutamente necessario per la transizione energetica, le pompe di calore elettriche non riescono a riscaldare le case come i boiler a gas, per installarle sono sempre necessarie ristrutturazioni integrali, e possono addirittura compromettere la stabilità della rete come sostiene la lobby del gas – dice Davide Sabbadin, responsabile per le politiche del clima di Eeb – è chiaro che le prestazioni migliori si hanno in abbinamento ad interventi di isolamento, con impianti di solare termico e fotovoltaico e con termosifoni radianti. Nel Sud, dove molte abitazioni non hanno l’impianto di riscaldamento, si rivelano molto più efficienti delle stufe elettriche. Quello che serve per la loro diffusione sono politiche che consentano a tutti di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, altrimenti solo le famiglie con meno risorse rimarranno vincolate al gas. Quanto all’idrogeno per il riscaldamento, è un’idea con la quale si trastullano Eni e Snam, ma non ci crede nessuno»

OLTRE AI COSTI, SECONDO LA RETE di organizzazioni dei consumatori europei Beuc, un altro freno alla diffusione delle pompe di calore può essere la mancanza di installatori e quindi manutentori. Per idraulici, elettricisti o impiantisti serve un patentino ad hoc, ma non esiste alcuna forma specifica di formazione.

PER OVVIARE AI VARI OSTACOLI, IN OLANDA si stanno sperimentando forme di noleggio. L’utente non acquista la pompa, bensì un servizio, un «pacchetto» calore con cui si garantisce il riscaldamento della casa. Il vantaggio sta nel fatto che il fornitore, che normalmente è un fornitore di energia, ha tutto l’interesse a installare gli impianti più efficienti e a curarne il funzionamento ottimale. Per l’utente il vantaggio sta nel non doversi sobbarcare l’investimento iniziale e non dover pensare a manutenzione e cura dell’impianto.

PER SPIANARE LA STRADA alla decarbonizzazione degli edifici, secondo Eeb, è necessario che le normative europee siano coerenti con l’obiettivo: è nella selva di direttive che servono diversi ritocchi. In quella sul consumo energetico degli edifici sarà opportuno introdurre una definizione univoca e più stringente di cosa sia un edificio a zero emissioni (Zeb, Zero Emissions Building), fino ad oggi lasciata ai legislatori dei singoli stati membri che non hanno escluso la presenza di impianti alimentati con combustibili fossili.

 

ANCHE LA REVISIONE DELLA DIRETTIVA sulla tassazione dell’energia, che dovrebbe iniziare a giorni, dovrà favorire l’uso delle energie rinnovabili nelle comunità energetiche e l’elettrificazione dei consumi incentivando la diffusione del fotovoltaico e delle pompe di calore. Su questo provvedimento è intervenuta nei giorni scorsi la Corte dei Conti europea con un’analisi del periodo 2008-2021, sottolineando ancora una volta che le politiche di tassazione dell’energia non sono allineate agli obiettivi climatici: «In base alla direttiva in vigore – si legge in una nota dei magistrati contabili Ue – le fonti energetiche più inquinanti possono beneficiare di un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quelle più efficienti sul piano delle emissioni di carbonio: ed esempio, il carbone è tassato meno del gas naturale, così come alcuni combustibili fossili lo sono molto meno rispetto all’elettricità… Un basso livello di prezzi del carbonio e di imposte sull’energia per i combustibili fossili aumenta il costo relativo delle tecnologie più ecologiche e ritarda la transizione energetica».

ANDRA’ POI RIVISTA LA DIRETTIVA sull’efficienza energetica, là dove consente di calcolare i risparmi anche sulla base dei consumi dei fossili: è il meccanismo per cui oggi in Italia vengono incentivate caldaie a gas come quelle a condensazione, che sono sì più efficienti, ma continueranno a bruciare gas per decenni.

QUANTO ALLA REVISIONE DELLA DIRETTIVA sulle energie rinnovabili, Eeb auspica che introduca un target ambizioso sul riscaldamento che preveda un tetto massimo per le biomasse. «Le regole introdotte fino ad ora non sono sostenibili – fa notare Sabbadin – nell’Europa del Nord, dove vengono tagliate foreste invece di utilizzare solo i cascami del legno, non vogliono limiti all’utilizzo delle biomasse, mentre l’Italia non vuole target sul riscaldamento. Senza un tetto e senza target, con questi prezzi del gas, rischiamo di trovarci con milioni di stufette a pellet, che certo non giovano a all’inquinamento atmosferico». Infine, con la revisione delle direttive ecodesign ed etichetta energetica occorre prevedere una data ultima per l’immissione sul mercato di caldaie a metano non ibride. Data che ancora non è stata scritta.   ( Daniela Passeri – 3 febbraio 2022 )

 

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