Legambiente e Kyoto Club: Come dimezzare le importazioni di gas senza inquinare e abbattere le bollette
di Daniela Passeri *
Il progressivo affrancamento del
gas russo passa anche dal nostro locale caldaia. Riqualificando ogni anno il 3%
del patrimonio edilizio con misure di efficientamento e di elettrificazione dei
consumi che prevedano la sostituzione delle caldaie a gas con un milione di
pompe di calore elettriche, entro 2030 si potrebbero risparmiare 12 miliardi di
metri cubi di gas, pari al 41% delle importazioni da Mosca.
Il calcolo è contenuto nello
studio «Dal gas alle rinnovabili: Scenari e benefici economici dei sistemi di
riscaldamento degli edifici» realizzato da Elemens e presentato ieri da
Legambiente e Kyoto Club. Il taglio del gas comporterebbe risparmi in bolletta
(fino all’80% rispetto ai primo trimestre 2022), minori emissioni di CO2 (22
milioni di tonnellate in meno) e vantaggi per la sicurezza (nel 2019 ci sono
stati 270 incidenti a caldaie a gas che hanno causato la morte di 35 persone).
Per ottenere questi risultati,
però, serve cambiare passo nella politica degli incentivi che, secondo Elemens,
hanno di certo avuto impatti sull’efficienza, ma sul fronte della riduzione del
gas naturale il risparmio è stato contenuto ed è andato progressivamente a
decrescere: se nel 2011 si sono risparmiati 0,8 miliardi di metri cubi, nel
2020 il risparmio si è ridotto a 0,3 miliardi di metri cubi, a fronte di 27
miliardi di euro di detrazioni fiscali. «La cosa non stupisce – ha commentato
Tommaso Barbetti, l’autore dello studio – se si considera che gli eco-bonus
finanziano l’installazione di caldaie a condensazione a gas». Solo nel 2020 ne
sono state installate 133mila grazie agli incentivi.
«L’Italia è l’unico paese al
mondo che regala caldaie a metano, una follia che stiamo pagando a caro prezzo
– ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini – Possiamo
raggiungere risultati ambiziosi dando invece priorità agli interventi negli
edifici più energivori, premiando chi riduce di più i consumi, aiutando chi
oggi sta più soffrendo la crisi con interventi negli edifici di edilizia
residenziale pubblica dove vivono famiglie in condizioni di povertà energetica.
In questo modo, in pochi anni possiamo ottenere un risultato superiore alla
costruzione di un nuovo gasdotto ma con benefici in termini riduzione delle
bollette e aumento di posti di lavoro». Quella delle pompe di calore, infatti,
è una filiera tutta italiana.
Tre le proposte per correggere il
sistema degli incentivi avanzate da Legambiente e Kyoto club, insieme impegnate
da mesi in una campagna per accelerare il processo di decarbonizzazione degli
edifici: 1) legare l’entità del contributo alla riduzione del consumo di gas e
dei fabbisogni energetici. 2) accelerare l’eliminazione dei sussidi
ambientalmente dannosi che favoriscono il consumo di gas e gpl negli edifici
eliminando nell’arco di tre anni accisa e Iva ridotta. 3) eliminare gli
incentivi per l’installazione delle caldaie a gas (dal 2023 esclusione dal
superbonus 110%, dal 2026 esclusione dalla detrazione del 50%) e vietare l’installazione
di caldaie a gas negli edifici nuovi (dal 2024) e nelle ristrutturazioni degli
interi edifici (2027) per sostituirle con pompe di calore integrate con fonti
rinnovabili.
Gli esempi a cui ispirarsi in
altri paesi europei non mancano: in Irlanda nel febbraio del 2020 è stato
approvato un pacchetto per il miglioramento delle classi energetiche degli
edifici che prevede un incentivo fino al 50% della spesa, mentre per le persone
che soffrono di povertà energetica è prevista la copertura intera. Interventi
più radicali nella riduzione dei consumi possono accedere ad incentivi fino
all’80%. In Francia, l’installazione delle pompe di calore è incentivata fino a
9.000 euro. Nelle Fiandre (Belgio) si mira a rendere obbligatoria entro il 2023
la riqualificazione energetica di immobili acquistati almeno fino alla classe
D: l’intervento deve essere effettuato entro i 5 anni successivi all’acquisto.
Inoltre, per i nuovi edifici sarà proibito avere un riscaldamento a gas – se
non in conformazione ibrida con pompa di calore – e entro il 2026 sarà proibita
anche la connessione alla rete del gas.
* da il manifesto – 1
aprile 2022
La pubblicazione dell’intervento
non comporta la totale condivisione dei contenuti
Per scaldare gli edifici il gas
ormai è superato
ENERGIA. Sostituire una caldaia a
gas con una pompa di calore elettrica è il modo più efficace per avere case a 0
emissioni. Ma in Italia questa transizione è troppo lenta
Disfarsi della caldaia a gas e
sostituirla con una pompa di calore elettrica è al momento la mossa più
efficace per tagliare le emissioni di CO2 legate al riscaldamento degli
edifici, in tutte le fasce climatiche e con ogni mix energetico, eccetto che in
Polonia ed Estonia. Fa risparmiare e garantisce buoni livelli di comfort. Però
la transizione a questa tecnologia è ancora troppo lenta persino in un paese
come l’Italia dove, grazie al Superbonus 110%, il principale ostacolo, quello
dell’investimento iniziale, potrebbe essere agilmente superato.
UNA RICERCA E UN SONDAGGIO
commissionati da Eeb (European Environmental Bureau) e Coolproducts mettono in
evidenza che sono la mancanza di informazioni, e in qualche caso la
disinformazione su costi, prestazioni ed entità degli interventi, a frenare la
decarbonizzazione degli edifici. Invece, chi ha già installato una pompa di
calore è soddisfatto: su 670 utilizzatori intervistati in 22 paesi europei
(anche Uk e Norvegia), l’85% si dice contento, l’81% considera migliorato il
proprio livello di benessere, il 64% dichiara di spendere meno. Considerando
che il sondaggio è stato fatto prima dell’impennata del prezzo del gas, il
risparmio sembrerà oggi ancora più consistente.
È NECESSARIO SFATARE LE LEGGENDE
urbane secondo le quali il gas è assolutamente necessario per la transizione energetica,
le pompe di calore elettriche non riescono a riscaldare le case come i boiler a
gas, per installarle sono sempre necessarie ristrutturazioni integrali, e
possono addirittura compromettere la stabilità della rete come sostiene la
lobby del gas – dice Davide Sabbadin, responsabile per le politiche del clima
di Eeb – è chiaro che le prestazioni migliori si hanno in abbinamento ad
interventi di isolamento, con impianti di solare termico e fotovoltaico e con
termosifoni radianti. Nel Sud, dove molte abitazioni non hanno l’impianto di
riscaldamento, si rivelano molto più efficienti delle stufe elettriche. Quello
che serve per la loro diffusione sono politiche che consentano a tutti di
migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, altrimenti solo le
famiglie con meno risorse rimarranno vincolate al gas. Quanto all’idrogeno per
il riscaldamento, è un’idea con la quale si trastullano Eni e Snam, ma non ci
crede nessuno»
OLTRE AI COSTI, SECONDO LA RETE
di organizzazioni dei consumatori europei Beuc, un altro freno alla diffusione
delle pompe di calore può essere la mancanza di installatori e quindi
manutentori. Per idraulici, elettricisti o impiantisti serve un patentino ad
hoc, ma non esiste alcuna forma specifica di formazione.
PER OVVIARE AI VARI OSTACOLI, IN
OLANDA si stanno sperimentando forme di noleggio. L’utente non acquista la
pompa, bensì un servizio, un «pacchetto» calore con cui si garantisce il
riscaldamento della casa. Il vantaggio sta nel fatto che il fornitore, che
normalmente è un fornitore di energia, ha tutto l’interesse a installare gli
impianti più efficienti e a curarne il funzionamento ottimale. Per l’utente il
vantaggio sta nel non doversi sobbarcare l’investimento iniziale e non dover
pensare a manutenzione e cura dell’impianto.
PER SPIANARE LA STRADA alla
decarbonizzazione degli edifici, secondo Eeb, è necessario che le normative
europee siano coerenti con l’obiettivo: è nella selva di direttive che servono
diversi ritocchi. In quella sul consumo energetico degli edifici sarà opportuno
introdurre una definizione univoca e più stringente di cosa sia un edificio a
zero emissioni (Zeb, Zero Emissions Building), fino ad oggi lasciata ai
legislatori dei singoli stati membri che non hanno escluso la presenza di
impianti alimentati con combustibili fossili.
ANCHE LA REVISIONE DELLA
DIRETTIVA sulla tassazione dell’energia, che dovrebbe iniziare a giorni, dovrà
favorire l’uso delle energie rinnovabili nelle comunità energetiche e
l’elettrificazione dei consumi incentivando la diffusione del fotovoltaico e
delle pompe di calore. Su questo provvedimento è intervenuta nei giorni scorsi
la Corte dei Conti europea con un’analisi del periodo 2008-2021, sottolineando
ancora una volta che le politiche di tassazione dell’energia non sono allineate
agli obiettivi climatici: «In base alla direttiva in vigore – si legge in una
nota dei magistrati contabili Ue – le fonti energetiche più inquinanti possono
beneficiare di un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quelle più
efficienti sul piano delle emissioni di carbonio: ed esempio, il carbone è
tassato meno del gas naturale, così come alcuni combustibili fossili lo sono
molto meno rispetto all’elettricità… Un basso livello di prezzi del carbonio e
di imposte sull’energia per i combustibili fossili aumenta il costo relativo
delle tecnologie più ecologiche e ritarda la transizione energetica».
ANDRA’ POI RIVISTA LA DIRETTIVA
sull’efficienza energetica, là dove consente di calcolare i risparmi anche
sulla base dei consumi dei fossili: è il meccanismo per cui oggi in Italia
vengono incentivate caldaie a gas come quelle a condensazione, che sono sì più
efficienti, ma continueranno a bruciare gas per decenni.
QUANTO ALLA REVISIONE DELLA
DIRETTIVA sulle energie rinnovabili, Eeb auspica che introduca un target
ambizioso sul riscaldamento che preveda un tetto massimo per le biomasse. «Le
regole introdotte fino ad ora non sono sostenibili – fa notare Sabbadin –
nell’Europa del Nord, dove vengono tagliate foreste invece di utilizzare solo i
cascami del legno, non vogliono limiti all’utilizzo delle biomasse, mentre
l’Italia non vuole target sul riscaldamento. Senza un tetto e senza target, con
questi prezzi del gas, rischiamo di trovarci con milioni di stufette a pellet,
che certo non giovano a all’inquinamento atmosferico». Infine, con la revisione
delle direttive ecodesign ed etichetta energetica occorre prevedere una data
ultima per l’immissione sul mercato di caldaie a metano non ibride. Data che
ancora non è stata scritta. (
Daniela Passeri – 3 febbraio 2022 )
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