di Massimo Marino
Una battuta davvero cattiva ma efficace, pronunciata da una ragazza al primo voto di un quartiere popolare parigino, riassume lo spirito con il quale molti francesi si sentono di fronte alla scadenza elettorale che si conclude domani con il ballottaggio fra i primi due votati al primo turno: Macron e Le Pen.
Non so quanto consapevolmente la
nostra ragazza ha sfiorato la vera malattia che rende esangue la Francia e
purtroppo molti alti paesi dell’Occidente “democratico”: i sistemi maggioritari,
ancor più quelli a doppio turno, peggio quelli di tipo presidenziale, di cui
quello francese è fra i peggiori. Ultimamente, a seguito della riforma che ha
avvicinato le legislative alle presidenziali e che quindi si svolgeranno già il
prossimo giugno, si parla addirittura di iperpresidenzialismo, anche se
formalmente la Francia sarebbe una Repubblica semipresidenziale dove però il Presidente direttamente eletto ( il sogno di Meloni e forse di Salvini ) oltre alla politica estera ed alla difesa, gestisce di fatto tutta la
politica interna forzando e controllando con relativa facilità l’attività
legislativa del Parlamento e mettendo del tutto in ombra la figura del
Presidente del Consiglio che ha da tempo un ruolo molto marginale. (quanti
italiani sanno che si chiama Jean Castex ?)
Per comprendere quanto il
Presidenzialismo, specie con i leader che passa il convento di questa epoca
storica, sia un fiore appassito anche in Francia, tanto da spingere pure i
vescovi francesi a sostenere che l’astensionismo è accettabile, è bene
ricordare qualche numero che i nostri media si guardano bene dal mostrarci ( ma molti giornalisti che fanno i commenti sulla
Francia i numeri veri neppure li conoscono ).
Gli elettori attuali delle
Presidenziali sono 48,747 milioni ed hanno potuto scegliere al primo turno fra
12 candidati (quelli che sono stati in grado di raccogliere a loro sostegno 500
firme di parlamentari, consiglieri regionali e comunali in carica). La frammentazione
si è accentuata rispetto al 2017 quando i candidati erano stati 11. Molte presenze sono quasi simboliche : 8 su 12 non hanno neanche raggiunto il 5%, 3 di
questi neanche il 3%. Nel 2017 6 su 11 non avevano raggiunto almeno il
5% e di questi 5 su 11 erano rimasti sotto il 3%.
Le astensioni al primo turno sono
ancora aumentate e i dati ufficiali non calcolano bianche e nulle che sono
sempre 800-900 mila.
Macron ha ottenuto 9,783 mil. di
voti, esattamente il 20% del totale degli elettori abilitati al voto. La
Le Pen ha ottenuto 8,133 mil. di voti, il 16,7% del totale.
Il terzo, escluso dal
ballottaggio, è il candidato di alcune parti della sinistra che ha ottenuto
7,712 mil. di voti, il 15,8 % del totale. Cioè se avesse ottenuto 200mila voti
in più e la Le Pen altrettanti in meno sarebbe andato al ballottaggio con
Macron. E molti commentatori sussurrano sottovoce che avrebbe avuto molte più
chance della Le Pen di battere Macron. Per dare l’idea un altro candidato, il verde
Jadot, ha preso 1,627 mil di voti malgrado fosse chiaro che la sfida vera era a
due o al massimo a tre.
E’ possibile avallare un sistema
così bizzarro?
Per essere più chiari: come in un
lancio di dadi questo sistema demenziale comporterebbe che 200mila voti
spostati potrebbero cambiare 15 giorni dopo il nome del Presidente francese, di certo stravolgerebbero del tutto i risultati delle successive legislative per 5 anni, capovolgerebbero la politica interna ed
estera della Francia (che sarebbe molto diversa fra Macron e Melenchon) e verosimilmente
influenzerebbe molto quella dell’intera Unione Europea. Tutto questo per astrusi
marchingegni elettorali inventati per rendere impossibili veri cambiamenti (qui
la volontà degli elettori è davvero resa difficile ad esprimersi). Si può scegliere così la persona che ha di fatto tutti i poteri in Francia ?
Il ballottaggio di domani sarà
quindi fra il Presidente uscente (alcuni sostengono sia il più odiato e più
lontano dal suo popolo dell’intera Europa, spesso considerato il Renzi della
Francia) che non è stato votato da esattamente 80 su 100 dei
francesi e la signora Le Pen non votata da 83,3 su 100 dei
francesi.
Nel 2017 i due sfidanti avevano
ottenuto risultati quasi uguali al primo turno con il non voto rispettivamente
di 81,8 e di 83,9 elettori su 100. Al ballottaggio Macron aveva prevalso su Le
Pen con 20,743 contro 10,638 mil di voti ottenendo quindi il voto “forzato” di non
più di 44 elettori su 100. Malgrado la costrizione al voto ben 56
francesi su 100 non lo hanno comunque votando rifiutando di scegliere fra “la
peste e il colera “.
Non entro qui nel merito delle diverse posizioni politiche fra Le Pen e Macron. Non è il tema di questo breve
intervento a due mesi dalle legislative. Quelle concrete dei due personaggi,
fuori dalle sceneggiate mediatiche, a mio parere sono entrambe decisamente
pericolose per l’Europa. Neppure entro nel merito delle responsabilità e dei
limiti storici, gravi e sembra incurabili, delle forze che dovrebbero e
potrebbero promuovere una alternativa solidale ed ecologica in uno dei paesi
più importanti del continente europeo. Noto
solo che un paese che per tre anni è stato travolto dalle manifestazioni dei gilets
jaunes, poi da quelle sulla riforma delle pensioni, infine dai movimenti per il
clima, grazie anche ad un sistema elettorale e politico ottuso e immobile
risulta dopo cinque anni del tutto immutato e irriformabile.
E’ un fatto che se non si mette in discussione, in modo preminente e radicale, il carattere insopportabile dei sistemi elettorali truffaldini che ci circondano qualunque offerta politica di alternativa risulta del tutto insignificante e impraticabile.
sabato 23 aprile 2022
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