29 gennaio 2022

Egitto. L’ultimo regalo di al-Sisi all’esercito: 37 isole del Nilo

Da tempo nel mirino per una speculazione di lusso, ora quei territori vengono assegnati dal presidente alle forze armate e al loro impero economico. Rischio sgombero per centinaia di migliaia di egiziani poveri, contadini e pescatori, che da anni si battono per restare


di Chiara Cruciati*

Con un decreto presidenziale, Abdel Fattah al-Sisi fa un altro regalo alla fonte della sua legittimità: all’esercito assegna la proprietà di 37 isole del fiume Nilo, riserve naturali. Cresciuto nelle forze armate, nominato prima generale e poi ministro della Difesa (da un ignaro Morsi che poi da quell’uniforme fu deposto), nel 2013 ha guidato le forze armate verso i vertici delle istituzioni egiziane: (ri)preso il potere, è ripartita spedita la scalata all’economia.

Un oligopolio puntellato da riforme legislative che hanno ulteriormente ampliato le capacità commerciali delle forze armate (che già producono di tutto, dalla pasta ai fertilizzati fino alle tv), una fetta di Pil che si aggira sul 40%, grazie anche alla disponibilità di manodopera a basso costo (decine di migliaia di reclute pagate poche decine di dollari al mese) e alla garanzia di appalti milionari per le mega infrastrutture tipiche della strategia economica di al-Sisi. Ora si aggiudicano 37 isole su cui da tempo hanno messo gli occhi, luogo ideale per una speculazione edilizia di lusso. Ma quelle isole non sono vuote: ci abitano centinaia di migliaia di egiziani, per lo più poverissimi, pescatori, contadini, lavoratori a giornata. Hanno costruito spesso da soli le loro case, con mattoni di fango e lamiere, uno sviluppo urbano che le autorità hanno finto di non vedere per decenni, incapaci di fornire alternative. E così ormai da anni quelle isole sono divenute terreno di scontro, politico e fisico.

Operazioni di demolizioni e minacce di espropri hanno provocato proteste e ribellioni, a partire dall’isola al-Warraq che il governo vorrebbe destinata a ben altri scopi (il progetto Horus), un grande hub turistico e residenziale dedicato alle classi alte e finanziato, pare, anche con i soldi del Golfo. Il decreto presidenziale, una paginetta, cita un documento del ministero delle Risorse idriche, come riporta Middle East Eye, che suggerisce di trasferire la proprietà delle isole all’esercito «per proteggerle da diverse minacce». Non è chiaro quali siano. Dal 1998 – al potere c’era ancora ben saldo Hosni Mubarak – erano state tutte catalogate come riserva naturale, di proprietà dunque dello Stato.

Tra le 37 isole c’è Badrashin, la più grande, e Qursaya, appena 5mila abitanti. Pescatori e contadini, da tempo minacciati di sfratto: nel 2007 l’isola era stata promessa a una grande compagnia perché la tramutasse in un fiore all’occhiello turistico, con lo zampino delle forze armate. Un tentativo fallito nel 2010 quando i residenti di Qursaya vinsero in tribunale contro il governo: avevano il diritto di rimanere. Diritto ribadito di nuovo in tribunale nel 2013. Ora temono che il trasferimento della proprietà all’esercito, finora bloccato dalle corti egiziane – si legge sull’agenzia indipendente egiziana Mada Masr – permetterà gli sgomberi e la costruzione di case con prezzi impossibili da pagare per i poveri di Qursaya.

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Ramy Shaath: «Egitto Stato terrorista» A 20 giorni dal suo rilascio, dopo due anni e mezzo in detenzione cautelare, l’attivista palestinese egiziano Ramy Shaath rilascia la sua prima intervista alla Cnn. E nonostante le minacce alla sua famiglia, racconta i lunghi mesi nelle carceri del regime: «L’Egitto sta diventando uno Stato terrorista».

Per lunghi periodi in isolamento o in celle da 23 metri quadrati con altri 32 prigionieri e un buco a terra come «bagno», Shaath ha descritto i suoi compagni di prigionia: all’inizio attivisti della società civile o membri dei Fratelli musulmani, ma poi le celle si sono riempite di persone arrestate anche solo per un like sui social. «Non posso andare a dormire la sera pensando a migliaia di innocenti egiziani che marciscono all’inferno».

nella foto: il presidente egiziano al-Sisi

* da il manifesto 2022

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