1 febbraio 2022

Tassonomia verde e rincari in bolletta: tutti gli errori del governo

 QUALCHE CONSIGLIO - Secondo Legambiente, l’Italia non sta facendo la paladina dell’economia verde e della lotta alla crisi climatica: l'esecutivo non ha assunto una posizione chiara e avanzata, senza concessioni alle lobby del gas fossile e del nucleare. Ecco, invece, cosa servirebbe

di Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente*

Da mesi in Italia, sul tema rincari in bolletta, si indica la luna e si guarda il dito. Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Si è discusso in modo surreale del salasso energetico, da alcuni paradossalmente addebitato alla transizione ecologica, senza puntare i riflettori sulla vera causa, da ricercare nella eccessiva dipendenza del nostro Paese dal gas e nei ritardi nell’esecuzione della transizione ecologica e del Green Deal, come ha fatto giustamente notare anche il vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans. È stato alimentato un dibattito sterile sul nucleare, una tecnologia di produzione di energia superata dalla storia, surclassata da tecnologie più competitive sotto il punto di vista economico come quelle a fonti rinnovabili. Si sta anche cercando di raddoppiare la produzione nazionale di gas, lavorando su riserve certe e probabili che agli attuali tassi di consumo esauriremmo in soli 15 mesi.

Sul fronte europeo poi l’Italia non sta facendo la paladina dell’economia verde e della lotta alla crisi climatica. Nella discussione sulla nuova tassonomia verde – che si incrocia con il processo di decarbonizzazione dell’Europa al 2050 e con la conseguente liberazione dalla dittatura delle fossili – sarebbe stata infatti auspicabile da parte del governo italiano una posizione chiara e avanzata, senza concessioni alle lobby del gas fossile e del nucleare, così come hanno fatto altri governi. Non è andata così purtroppo.

Sono insopportabili anche le timidezze dimostrate sulle urgenti semplificazioni per decuplicare la potenza annua installata di impianti a fonti rinnovabili, sull’approvazione del nuovo Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) in linea con il nuovo obiettivo europeo per ridurre del 55% i gas climalteranti entro il 2030, sul taglio dei sussidi alle fonti fossili (c’è stato un microscopico taglio nel recente decreto sostegni di 100 milioni di euro rispetto ai 18 miliardi censiti dal ministero della Transizione ecologica).

In un Paese normale il costo esorbitante della bolletta energetica sarebbe stato affrontato lavorando ventre a terra per ridurre i consumi di gas. Un obiettivo che si può raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: la produzione di elettricità (30 miliardi di m3 nel 2020), il consumo domestico (19 miliardi di m3) e l’uso nei cicli produttivi delle aziende (10 miliardi di m3), su cui bisogna intervenire con un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di efficienza energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese.

Nell’Italia del sole e del vento, le rinnovabili purtroppo faticano a decollare, anzi il più delle volte sono ostacolate da una burocrazia farraginosa, ma anche da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali, da comitati Nimby (non nel mio giardino) dei cittadini e Nimto (non nel mio mandato) degli eletti, senza dimenticare il ruolo del ministero della Cultura e delle Sovrintendenze. A metterle sotto scacco matto sono normative obsolete, la lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, la discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono moratorie e contenziosi tra istituzioni. E la poca chiarezza è anche causa delle opposizioni dei territori che devono districarsi tra regole confuse e contraddittorie. Questo emerge dalla fotografia scattata dal nuovo report di Legambiente Scacco matto alle rinnovabili. Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni in cui raccontiamo e raccogliamo venti storie simbolo di blocchi alle fonti pulite.

Tutti questi ostacoli stanno mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici europei al 2030 per contribuire a mantenere l’aumento della temperatura media terrestre al di sotto del grado e mezzo rispetto all’era preindustriale. L’Italia, con i suoi 0,8 GW di potenza media annua installata negli ultimi 7 anni, rischia di veder raggiunti questi obiettivi non prima del 2100. Se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine dell’iter autorizzativo, la nostra Penisola avrebbe già raggiunto gli obiettivi europei.

È urgente snellire le procedure per i nuovi progetti di eolico a terra e a mare, per l’ammodernamento degli impianti esistenti, per la realizzazione dell’agrivoltaico che produce elettricità come integrazione e non sostituzione della coltivazione agricola, per le comunità energetiche che usano localmente energia prodotta da fonte rinnovabile. Il ministro della Cultura Franceschini deve dare il suo contributo, fissando regole chiare sulla semplificazione delle autorizzazioni del fotovoltaico integrato sui tetti nei centri storici, perché altrimenti le Soprintendenze continueranno a dire sempre no, a beneficio di chi vuole fare fotovoltaico a terra nelle campagne e nuove centrali a gas.

Al momento le attuali regole e procedure portano i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tempi infiniti per le imprese, ma soprattutto per la decarbonizzazione che ha bisogno di un quadro normativo, composto da regole chiare e semplici da applicare, e che dia tempi certi alle procedure, ma anche di linee guida che indichino come le diverse tecnologie debbano essere realizzate pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione nel 2050 quanto al modo migliore di integrarle nei territori. Inoltre è fondamentale mettere al centro il coinvolgimento dei territori, passando per una partecipazione attiva e costruttiva degli stessi, in grado di far realizzare 9 GW di fonti rinnovabili l’anno da qui al 2030. Il paesaggio è un bene comune e inevitabilmente sarà trasformato dalla presenza delle rinnovabili, ma questa trasformazione deve avere un valore positivo, con impianti ottimamente integrati che è quello che tutti auspichiamo, e con ciminiere e gruppi di centrali termoelettriche che verranno smantellati. Abbiamo poco tempo per fare questa rivoluzione. Il Pianeta ci chiede di fare in fretta.

* da FQ - 1 febbraio 2022

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