QUALCHE CONSIGLIO - Secondo Legambiente, l’Italia non sta facendo la paladina dell’economia verde e della lotta alla crisi climatica: l'esecutivo non ha assunto una posizione chiara e avanzata, senza concessioni alle lobby del gas fossile e del nucleare. Ecco, invece, cosa servirebbe
di Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente*
Da mesi in Italia, sul tema rincari in bolletta, si indica la luna e si guarda il dito. Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Si è discusso in modo surreale del salasso energetico, da alcuni paradossalmente addebitato alla transizione ecologica, senza puntare i riflettori sulla vera causa, da ricercare nella eccessiva dipendenza del nostro Paese dal gas e nei ritardi nell’esecuzione della transizione ecologica e del Green Deal, come ha fatto giustamente notare anche il vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans. È stato alimentato un dibattito sterile sul nucleare, una tecnologia di produzione di energia superata dalla storia, surclassata da tecnologie più competitive sotto il punto di vista economico come quelle a fonti rinnovabili. Si sta anche cercando di raddoppiare la produzione nazionale di gas, lavorando su riserve certe e probabili che agli attuali tassi di consumo esauriremmo in soli 15 mesi.
Sul fronte
europeo poi l’Italia non sta facendo la paladina dell’economia verde e
della lotta alla crisi climatica. Nella discussione sulla nuova tassonomia
verde – che si incrocia con il processo di decarbonizzazione
dell’Europa al 2050 e con la conseguente liberazione dalla dittatura delle
fossili – sarebbe stata infatti auspicabile da parte del governo italiano una
posizione chiara e avanzata, senza concessioni alle lobby del gas fossile e del
nucleare, così come hanno fatto altri governi. Non è andata così purtroppo.
Sono
insopportabili anche le timidezze dimostrate sulle urgenti semplificazioni per
decuplicare la potenza annua installata di impianti a fonti rinnovabili,
sull’approvazione del nuovo Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima)
in linea con il nuovo obiettivo europeo per ridurre del 55% i gas climalteranti
entro il 2030, sul taglio dei sussidi alle fonti fossili (c’è stato un
microscopico taglio nel recente decreto sostegni di 100 milioni di euro
rispetto ai 18 miliardi censiti dal ministero della Transizione ecologica).
In un Paese
normale il costo esorbitante della bolletta energetica sarebbe stato affrontato
lavorando ventre a terra per ridurre i consumi di gas. Un obiettivo che si può
raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: la
produzione di elettricità (30 miliardi di m3 nel 2020), il
consumo domestico (19 miliardi di m3) e l’uso nei cicli produttivi
delle aziende (10 miliardi di m3), su cui bisogna intervenire con un
forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di efficienza
energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese.
Nell’Italia
del sole e del vento, le rinnovabili purtroppo faticano a decollare,
anzi il più delle volte sono ostacolate da una burocrazia farraginosa, ma
anche da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali, da comitati
Nimby (non nel mio giardino) dei cittadini e Nimto (non nel mio
mandato) degli eletti, senza dimenticare il ruolo del ministero della
Cultura e delle Sovrintendenze. A metterle sotto scacco matto sono normative
obsolete, la lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, la discrezionalità
nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle
sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono
moratorie e contenziosi tra istituzioni. E la poca chiarezza è anche causa
delle opposizioni dei territori che devono districarsi
tra regole confuse e contraddittorie. Questo emerge dalla
fotografia scattata dal nuovo report di Legambiente “Scacco matto alle rinnovabili. Tutta la burocrazia che
blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni”
in cui raccontiamo e raccogliamo venti storie simbolo di blocchi alle fonti
pulite.
Tutti questi
ostacoli stanno mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici
europei al 2030 per contribuire a mantenere l’aumento della temperatura media
terrestre al di sotto del grado e mezzo rispetto all’era preindustriale.
L’Italia, con i suoi 0,8 GW di potenza media annua installata negli ultimi 7
anni, rischia di veder raggiunti questi obiettivi non prima del 2100.
Se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine
dell’iter autorizzativo, la nostra Penisola avrebbe già raggiunto gli obiettivi
europei.
È
urgente snellire le procedure per i nuovi progetti di eolico a
terra e a mare, per l’ammodernamento degli impianti esistenti, per la
realizzazione dell’agrivoltaico che produce elettricità come integrazione e non
sostituzione della coltivazione agricola, per le comunità energetiche che usano
localmente energia prodotta da fonte rinnovabile. Il ministro della Cultura
Franceschini deve dare il suo contributo, fissando regole chiare sulla semplificazione
delle autorizzazioni del fotovoltaico integrato sui tetti nei centri storici,
perché altrimenti le Soprintendenze continueranno a dire sempre no, a beneficio
di chi vuole fare fotovoltaico a terra nelle campagne e nuove centrali a gas.
Al momento
le attuali regole e procedure portano i tempi medi per ottenere
l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni
contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tempi infiniti per le imprese, ma
soprattutto per la decarbonizzazione che ha bisogno di un quadro
normativo, composto da regole chiare e semplici da applicare, e che dia tempi
certi alle procedure, ma anche di linee guida che indichino come le diverse
tecnologie debbano essere realizzate pensando sia agli obiettivi di
decarbonizzazione nel 2050 quanto al modo migliore di integrarle nei territori.
Inoltre è fondamentale mettere al centro il coinvolgimento dei
territori, passando per una partecipazione attiva e costruttiva degli
stessi, in grado di far realizzare 9 GW di fonti rinnovabili l’anno da qui al
2030. Il paesaggio è un bene comune e inevitabilmente sarà trasformato dalla
presenza delle rinnovabili, ma questa trasformazione deve avere un valore
positivo, con impianti ottimamente integrati che è quello che tutti
auspichiamo, e con ciminiere e gruppi di centrali termoelettriche che verranno
smantellati. Abbiamo poco tempo per fare questa rivoluzione. Il Pianeta ci
chiede di fare in fretta.
* da FQ - 1
febbraio 2022
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