Le riserve italiane sono limate e servirebbero alcuni anni per mettere in produzione nuovi giacimenti.
Espandere la produzione nazionale di gas “non avrebbe alcun impatto rilevante nel prezzo di mercato del gas e quindi per le bollette di imprese e consumatori” e, al contrario, “minerebbe la credibilità internazionale dell’Italia sul clima”, soprattutto alla luce degli impegni presi alla Cop26 di Glasgow.
Non poteva essere più netta l’analisi di Ecco,
think tank italiano fondato nel 2021 e specializzato in energia e clima.
L’idea di rilanciare l’estrazione di
combustibili fossili nel nostro Paese è dichiaratamente nell’arsenale
delle misure contro il caro-energia proposte, oltre che da forze politiche
come Lega e
da Forza Italia,
dallo stesso ministro
della Transizione ecologica, Roberto Cingolani .
Tuttavia, come già sottolineato da diverse
associazioni (Italia Solare, Elettricità Futura), la volatilità dei
prezzi energetici è superabile solo con una riduzione della nostra
dipendenza dal gas e una crescita delle rinnovabili, che hanno
i costi di
generazione più bassi.
Una prima considerazione di Ecco è che il gas
nazionale non costa meno di quello importato, perché il gas è
immesso nella stessa rete e scambiato in mercati organizzati
come prodotto indistinto, a prescindere che sia stato importato o
prodotto localmente, a un prezzo che è influenzato solo dal rapporto tra offerta complessiva
e domanda a livello europeo.
In sostanza, se anche l’Italia potenziasse la sua
offerta di gas, questa maggiore disponibilità sarebbe irrilevante in
confronto alle dinamiche complessive del mercato su scala europea.
Difatti, le intere riserve di gas naturale
in Italia ammontano a meno di un anno di consumi (oggi
pari a 70 mld mc/anno), pertanto la produzione nazionale non potrebbe aumentare
in modo rilevante rispetto ai 5 miliardi di metri cubi/anno attuali.
Il gas nazionale ha minori costi di trasporto, ma i
suoi costi di estrazione sono generalmente molto più
alti, perché viene estratto da giacimenti più piccoli e marginali rispetto
a quelli dei grandi esportatori internazionali.
Tra l’altro, un’eventuale crescita della produzione
dei giacimenti italiani non arriverebbe in tempo per mitigare
la crisi energetica odierna.
Identificare nuovi giacimenti, svilupparli e mettere
in produzione i pozzi richiede anni, evidenzia Ecco, e solo in caso di
giacimenti già coltivati possono bastare mesi. Inoltre, i prezzi a termine del
gas europeo dovrebbero calare, secondo le previsioni, alla fine
dell’inverno 2021-2022, senza però raggiungere i livelli di prima della
pandemia (febbraio 2020).
L’analisi poi ricorda le valutazioni della Iea
(International energy agency) nel suo scenario net-zero 2050,
quando sostiene che per azzerare le emissioni nette di CO2 entro metà secolo
bisogna sospendere ogni nuovo investimento in estrazione di
petrolio e gas.
Nemmeno dobbiamo aspettarci un aumento dei consumi italiani di gas.
Questi ultimi, spiegano gli esperti di Ecco, sono
in calo strutturale dal picco del 2005 (-14% tra 2005 e 2019)
e la domanda di gas in Italia e in Europa è attesa in forte diminuzione se gli
obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050 saranno
raggiunti.
La generazione elettrica italiana, che oggi si basa
sul gas per circa metà della produzione interna, prevede in prospettiva un
abbandono del gas e un suo utilizzo limitato alle ore in cui
la somma di rinnovabili, accumuli e demand response non è
sufficiente alla copertura della domanda.
* 25 gennaio 2022 link alle
analisi di Ecco
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possono stare nella tassonomia verde
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