di Anna Maria Merlo *
L’obiettivo è dare una scossa
alla sinistra, per ottenere una candidatura unica alle elezioni presidenziali.
Christiane Taubira, ex ministra della Giustizia di Hollande, che gode di
un’aura di «icona» della sinistra, ha annunciato ieri ufficialmente la sua
candidatura.
Per il momento, Taubira è
solo una candidata di più a sinistra, che conta ormai almeno 8 pretendenti, che
si fanno concorrenza per spartirsi non più del 25% degli elettori, mentre
nessuno supera attualmente nei sondaggi il 10%. Taubira ha promesso che si
sottometterà al verdetto della «primaria popolare», un’iniziativa di un gruppo
di cittadini e militanti che farà votare dal 27 al 30 gennaio gli iscritti sul
web (sono 120mila) per scegliere tra i diversi candidati. Il problema è che
praticamente nessuno dei principali candidati della sinistra accetta la
«primaria popolare»: Anne Hidalgo (Ps), che in un primo tempo sembrava
favorevole, adesso ha cambiato idea, Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise) ha mandato
tutti al diavolo, «lottate tra voi e lasciatemi in pace», Yannick Jadot (Verdi)
ripete «io non ci sono, l’ho già detto cento volte». Ma i promotori della
«primaria popolare» hanno comunque candidato sette pretendenti, tra cui i
recalcitranti Mélenchon, Hidalgo e Jadot, accanto a dei semi-sconosciuti (Anna
Agueb-Porterie, Charlotte Marchandise, Pierre Larrouturou). La star della
«primaria popolare» è Christiane Taubira, che probabilmente arriverà in testa
del sistema di voto organizzato sul «giudizio preferenziale»: ogni elettore
darà un «voto» a tutti i candidati, da «insufficiente» a «molto bene», passando
per «passabile», «abbastanza bene», «bene».
L’accoglienza della
candidatura di Taubira ha gettato nello scompiglio i principali concorrenti.
Mélenchon, che ha anche difficoltà a trovare i 500 patrocini di eletti,
necessari per convalidare la candidatura, è convinto di essere l’unico ad avere
la possibilità di arrivare al ballottaggio. Jadot pensa la stessa cosa. Hidalgo
si sente messa all’angolo: il Ps è sempre più a pezzi, di fronte a sondaggi che
la danno intorno al 4% (cioè al di sotto della soglia minima, il 5%, per
ottenere il rimborso delle spese di campagna dallo stato), e già il sindaco di
Marsiglia, il socialista Benoît Payan (eletto dalla coalizione del «printemps
marseillais») e la presidente Ps della regione Bourgogne, Marie-Guite Dufray,
hanno affermato che sosterranno il o la vincitrice della «primaria popolare»
(quindi molto probabilmente Taubira). Arnaud Montebourg, ex ministro di Hollande
ma «frondista», dovrebbe ritirare la candidatura e schierarsi con Taubira. Il
programma dell’ex ministra originaria della Guyana non è ancora ben definito:
ieri, nell’ufficializzazione della candidatura a Lione, nel quartiere della
Croix-Rousse (nel XIX secolo al centro della lotta dei tessili della seta, ma
oggi quartiere bobo), Taubira ha parlato di «collere», di «giustizia sociale»,
di aumento del salario minimo, di assegno di 800 euro per i giovani
universitari per 5 anni, di tasse sui patrimoni superiori ai 10 milioni di
euro, ha definito l’ecologia «l’affare del secolo», ma la politica economica
promessa è ancora confusa, mentre sull’Europa – uno dei principali punti di
discordia tra i candidati di sinistra – l’unica cosa che si sa è che al referendum
sul Trattato costituzionale del 2005 aveva votato «no».
Ieri, è stata una giornata
calda della campagna elettorale. La candidata di destra dei Républicains,
Valérie Pécresse, era in Grecia, per difendere i muri contro i rifugiati. E
Marine Le Pen, che già si vede al ballottaggio contro Macron, ha diffuso un
video filmato di fronte al Louvre (dove Macron aveva fatto il discorso della
vittoria nel 2017): ma il museo ha protestato e ha fatto sapere che la
registrazione è stata fatta senza autorizzazione.
* da il manifesto , 16
gennaio 2022
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