Lo studio Onu: se il termometro continuerà a salire la coltivazione dei prodotti necessari al sostentamento delle comunità locali crollerà dell'80 per cento
Che cosa potranno coltivare i piccoli agricoltori africani
in un mondo sempre più caldo? Poco o nulla. È la conclusione del rapporto del
Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo (Ifad)
secondo cui, se il termometro continuerà a salire a causa del cambiamento
climatico, la coltivazione dei prodotti necessari al sostentamento delle
comunità locali, come di quelli destinati al mercato, rischia di subire entro
il 2050 una riduzione fino all'80%. Le conseguenze potrebbero essere
"devastanti" in particolare per otto Paesi dell'area orientale e
meridionale già segnati da siccità estrema: Angola, Lesotho, Malawi,
Mozambico, Ruanda, Uganda, Zambia e Zimbabwe.
Un esempio: ipotizzando lo scenario peggiore, ovvero un innalzamento delle
temperature di 2 gradi, la produzione annuale di mais per ogni famiglia nella
provincia di Namibe, in Angola, potrebbe diminuire in trent'anni del 77%.
L'indisponibilità di cibo avrebbe un effetto gravissimo sui livelli di povertà.
Nasce da qui l'appello ai leader delle nazioni che parteciperanno
all'imminente Conferenza sul clima di Glasgow (Cop26): bisogna
"canalizzare con urgenza - avverte l'agenzia Onu - finanziamenti volti ad
aiutare i contadini in condizioni di vulnerabilità".
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