di Benoît Vermander *
La Cina,
primo Paese colpito dalla pandemia del Covid-19, è anche la prima nazione a
cercare di tornare a una certa normalità. È quindi, e doppiamente, un
laboratorio, e ciò che vi avviene è di interesse primario per l’intero Pianeta.
Inoltre, le specificità del suo sistema politico e sociale sollevano molte
domande su come la pandemia influisce e continuerà a influire sui suoi
equilibri interni, ma anche sulla sua posizione internazionale. L’insieme di
tali fattori determinerà il modo in cui la società globale negozierà l’uscita
dalla pandemia, la gestione a lungo termine dei rischi che essa continuerà a
comportare, ma anche le relazioni tra attori nazionali, che gli avvenimenti
probabilmente avranno reso ancora più difficili di prima.
La
negazione… poi lo scoppio dell’epidemia
Nel mese di
dicembre 2019 gli operatori sanitari di Wuhan – una città di 11 milioni di
abitanti, capitale della provincia di Hubei – devono affrontare a poco a poco
il manifestarsi di una polmonite virale che non risponde alle cure abituali.
Notano che molti pazienti lavorano nel mercato alimentare di Huanan, le cui
condizioni sanitarie sono a dir poco problematiche. Il 31 dicembre le autorità
nazionali avvisano l’ufficio di Pechino dell’Organizzazione mondiale della
sanità (Oms) del possibile scoppio di un’epidemia. Il 1° gennaio 2020 il
mercato viene chiuso, ufficialmente per la ristrutturazione, e l’area viene disinfettata [1].
* Professore di Scienze religiose all’Università Fudan di Shanghai.
da: /www.laciviltacattolica.it - Quaderno 4077 pag. 269
- 276 Anno 2020 Vol. II - 2 Maggio 2020
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