di
Massimo Marino
Dopo
25 giorni dalla doppia decisione di chiudere (quasi) tutto e tutti “come ha
fatto la Cina” (non è vero ma così si dice) è evidente che c’è qualcosa che non
va e che non torna nella narrazione quotidiana che ci viene raccontata da
mattina a sera: nei numeri delle ore 18, nelle decine di servizi e talk, nei
telegiornali. Siamo sommersi di dichiarazioni di esperti, medici, uomini
politici e di cultura, di graziose e un po’ tirate conduttrici note perché le troviamo
da anni sullo schermo al mattino, al pomeriggio, alla sera, fino alla rassegna
stampa di mezzanotte. Che naturalmente non ci possono mentire... o no?
A
25 giorni dall’avvio progressivo delle norme di chiusura di molte attività e di
distanziamento sociale ( 9 marzo) abbiamo superato i 120mila contagi ufficiali
e 14mila morti ufficiali. Da 13 giorni siamo al di sopra, anche di
molto, ai 600 morti al giorno anche se da qualche giorno il numero di nuovi
contagi ufficiali quotidiani sembra aumentare di meno. Dato per scontato
l’accantonamento della scadenza del 3 aprile si comincia ad azzardare ipotesi
di “graduali riaperture” dopo la pasqua (12 aprile ) o il 1° maggio.
Malgrado
il chiacchiericcio mediatico sia imponente (specie in tv) e dilaghi dai media
ufficiali fino ai social è evidente che i conti non tornano. I risultati attesi,
dopo due settimane si diceva, sono dopo tre settimane poco visibili. Il
Comitato Tecnico Scientifico Nazionale che accompagna il Governo nelle sue
scelte e sul quale si concentrano pressioni dai più diversi settori sociali non
ha una composizione particolarmente fantasiosa. Ne fanno parte: il Presidente
dell’ISS (Istituto Superiore Sanità) Brusaferro insieme al Segretario generale,
al Responsabile della Prevenzione sanitaria e sorveglianza epidemiologica, al Responsabile
della sanità marittima , aerea e di frontiera, tutti del Ministero della Salute.
In più il Direttore scientifico dell’Istituto malattie infettive Spallanzani
Giuseppe Ippolito. In aggiunta l’esperto nominato dalla Conferenza delle
Regioni Alberto Zoli. Per finire i due esponenti apicali della Protezione
Civile il cui responsabile per conto del Governo Angelo Borrelli trae dal Comitato
le proposte di azione da sottoporre al Governo.
Quest’ultimo da settimane ci aggiorna sulla situazione nelle famose
conferenze stampa delle ore 18 con in aggiunta le meno note comunicazioni
settimanali dell’ISS.
Nell’insieme
queste figure rappresentano la gestione della Sanità in Italia degli ultimi 15-20
anni, pur se
teoricamente subordinate ai decisori politici, cioè i Ministri della Salute e
i Governi che si sono susseguiti negli ultimi 20 anni, da quando si istaurò un
autonomo Ministero della Salute. I quali Ministri però sono stati in meno di 20
anni ben 11, di tre diverse estrazioni (CDX, CSX, Indipendenti):
Bindi (1996/2000 – CSX -D’Alema ), Veronesi
(2000/2001 – IND – Amato ), Sirchia
( 2001/2005 - IND – Berlusconi ), Storace
(2005/2006 - CDX – Berl ), Turco
(2006/2008 – CSX – Prodi ), Sacconi (
2008/2009 – CDX – Berl ), Fazio ( 2009/2011 - CDX – Berl ), Balduzzi ( 2011/2013 -
IND - Monti ), Lorenzin ( 2013/2018 - CSX - Letta, Renzi, Gentiloni ), Grillo
( 2018/2019 - M5S Lega – Conte I ), Speranza ( 2019/ .. - M5S CSX -
Conte II). Fa impressione che, con l’eccezione di Sirchia e Lorenzin, la durata
media dei nostri Ministri della Salute è stata inferiore ai due anni. Ovvio
quindi che l’apparato tecnico-scientifico-burocratico di vertice del Ministero
abbia avuto un ruolo di fatto rilevante.
Non è qui il posto dove entrare nel
merito delle note critiche sui costi e sui tagli alla Sanità pubblica, sugli
scandali che la hanno coinvolta periodicamente, sul ruolo delle aziende del
farmaco, sullo spazio e le risorse progressivamente acquisite dai privati che
ormai rappresentano la metà della gestione, sulla riduzione di organici e
strutture, sul numero chiuso per la Laurea.
Ricordo qui solo che dal marzo 2002
esiste un “PIANO ITALIANO MULTIFASE D’EMERGENZA PER UNA PANDEMIA INFLUENZALE”
(GU n.72 del 26 marzo 2002), ben articolato ma probabilmente dimenticato da
tutti, considerato che nel giro di pochi giorni abbiamo scoperto che anche
i più banali apparati di protezione sanitaria (dalle mascherine, ai guanti e le
tute in su) non erano disponibili per nessuno, neppure nelle aree
specialistiche, ne eravamo in grado di produrli per tempo. Indisponibilità che
ci è costata da sola decine di medici e infermieri e migliaia di cittadini
morti in un mese.
Si va lentamente facendo strada la
consapevolezza che i numeri ufficiali (contagi totali/ giornalieri e morti) non
sono attendibili. La causa principale è la presenza di asintomatici, che hanno
il virus, non manifestano sintomi ma possono in una certa fase essere
inconsapevoli diffusori del contagio; in aggiunta l’assenza per molti dei
sintomi anche per parecchi giorni dall’avvio del contagio e infine la non
registrazione di tanti casi vissuti nel chiuso delle abitazioni e mai arrivati
ad una registrazione ufficiale. In alcuni Comuni verificando per il mese di
marzo le medie dei morti totali negli anni precedenti e confrontandole con
quelli attuali e con i decessi ufficiali riferibili al Coronavirus si conclude
che le vittime reali possono essere anche 4-5 volte quelle ufficiali. Nell’area
di Bergamo si è arrivati a stimare le vittime reali pari a 10 volte quelle
ufficiali.
La disarmante impreparazione della
vigilanza sanitaria e delle strutture di emergenza e cura ha inoltre
trasformato strutture collettive vitali o addirittura preposte all’emergenza
(ospedali, cliniche pubbliche e private, medici di famiglia, residenze anziani,
conventi..) in focolai principali del virus. Un caso fra tutti
l’ospedale di Sassari per il quale si sostiene che l’arrivo di una decina di
contaminati dalla città ha provocato il contagio di 140 fra medici e
infermieri. Altro caso quello di una suora inconsapevole responsabile della
contaminazione di un intero convento (59 suore) e di parte di un secondo
convento da lei visitato.
Esiste una narrazione un po’ più
credibile di quanto sta avvenendo e di quanto dovremmo fare nelle prossime
settimane? Di che si discute in un Comitato che di fatto ha per certi versi in
mano il nostro futuro?
In due diversi interventi a distanza di
pochi giorni uno psicologo di origine spagnola, Tomas Pueyo, con un convincente
elenco di dati e tabelle, fatti e ragionamenti, riguardanti in modo ben
documentato il caso di Wuhan, quello italiano, della Corea del sud e di una
decina di altre nazioni, ci dà delle preziose indicazioni su come interpretare
quanto avviene e cosa si può fare. Per quanto conosco è il più importante e
interessante testo non specialistico che si possa leggere fra le centinaia
circolanti. Non perdete tempo a leggere banalità di esperti non convincenti o
ascoltare cazzate in TV e perdete 30 minuti del vostro prezioso tempo per
leggerlo, magari due volte di seguito.
Nel primo lungo testo “ Coronavirus
- Perché Agire Ora” ( Coronavirus: Why You Must Act Now , 12 marzo 2020)
Tomas Pueyo, che non è un medico, ma uno psicologo comportamentale 33enne
narratore di storie in modo profondo ( storytelling), noto per una sua
narrazione del retroterra di Star Wars, ci indica tre possibili modi ( vedi
fig.1), che qui riassumo in modo stringatissimo, per affrontare una pandemia con
l’obiettivo della ERADICAZIONE:
1)
INAZIONE
cioè lasciar fare al virus contando sulla possibilità di immunità di gregge
(senza vaccino presuppone una valanga indefinibile di morti), quindi la
autoimmunità individuale e la chiusura dei confini di stato. Ci hanno per un
po’ pensato Trump (USA), Iohnson ( GB), Bolsonaro (Brasile), forse Morrison
(Australia) e Modi (India) ma hanno presto cambiato programma per evitare di
essere ghigliottinati sulla pubblica piazza dai propri concittadini.
2)
MITIGAZIONE
cioè attuare progressivi interventi di contenimento della diffusione del virus
che tendono non a eliminare ma a rimandare o diluire nel tempo i contagi, cioè prendere
tempo con l’idea di salvaguardare l’economia del paese, sperare in un vaccino
e/o terapie e protocolli efficaci in tempi contenuti. Nella pratica
presupporrebbe la speranza di un numero più contenuto di perdite nell’immediato,
dovrebbe evitare il collasso delle strutture sanitarie e ridurre le perdite
dell’economia. E’ un po’ quanto hanno fatto, credo pentendosene qualche
settimana dopo, paesi come la Francia, la Spagna, in parte la Germania, che
aveva però una struttura per l’emergenza più efficiente degli altri.
3)
ISOLAMENTO
SOCIALE (SUBITO) cioè attuare l’isolamento totale, detto anche
distanziamento, della maggior parte possibile della popolazione nel tempo più
rapido possibile non badando ai costi economici e sociali immediati della
scelta che però alla fine si rivelerebbero minori rispetto alle altre scelte.
Insieme avviare una verifica di massa con tampone o analisi del sangue per
trovare e isolare i portatori di virus. A Wuhan hanno chiuso tutto e 1800
squadre da 5 persone hanno lavorato da subito per settimane per trovare i
portatori del virus, anche utilizzando i movimenti delle celle dei cellulari, ricostruire
e rintracciare tutti i loro contatti recenti e isolare tutti immediatamente.
Questa strategia presuppone di avere od ottenere con decisione e scelte
straordinarie un sistema sanitario efficace distribuito sul territorio e
dotato di protezioni che lo salvaguardino dal collasso. Mentre dalle nostre
parti qualche intellettuale mugugnava sulla tutela della privacy e della
democrazia, in alcuni paesi che avevano già vissuto l’esperienza della Sars dal
2003 (oltre alla Cina, Singapore, Hong Kong..) si sono salvate decine di
migliaia di persone e ridimensionato il virus in 8-10 settimane dalla sua
comparsa ufficiale.
Il testo di Pueyo, sconosciuto
apparentemente ai nostri media ufficiali, tradotto in una trentina di lingue,
ha avuto uno straordinario successo. Si dice 20 milioni di link in meno di 48
ore e fino a 50 milioni nei giorni successivi.
Nel secondo testo di Tomas Pueyo “Coronavirus:
il pugno di ferro e il balletto” ( Coronavirus: The Hammer and the Dance )
uscito circa una settimana dopo il primo ( 18 marzo 2020) si analizza nei
particolari le varie strategie attuate nelle ultime settimane da diverse nazioni e i loro primi effetti, del tutto
coerenti con le prime valutazioni pubblicate da Pueyo una settimana prima.
In questo secondo testo Pueyo precisa
che i risultati più efficaci si otterranno con la logica del “Pugno di ferro”:
rispetto rigido ed esteso dell’isolamento sociale, estensione più larga
e veloce possibile dei tamponi specie per la ricerca e l’isolamento degli asintomatici,
efficienza delle apparecchiature di salvaguardia, non solo quelle
professionali necessarie a impedire la strage dei medici e lo scasso delle
strutture sanitarie ma quelle di normale uso ( guanti, mascherine, gel e
spray disinfettanti , lavaggio delle mani etc..
) che vanno estese a tutti senza eccezione e per tutto il tempo
necessario nella normale convivenza sociale. Più si
tergiversa o si allenta l’iniziativa su
questi tre aspetti (Isolamento totale, Tamponi estesi, Salvaguardia persone )
più i risultati sanitari, sociali, economici saranno pesanti e prolungati nel
tempo.
Nel testo si contesta che la scelta del
Pugno di ferro abbia costi sociali, economici, psicologici, di restringimento
di privacy e democrazia, così pesanti da risultare impraticabile. Anzi, il
contrario. Poiché il virus non si commuove, la diluizione degli interventi (
mitigazione) ha solo il risultato di
rimandare a un po’ più avanti, di peggiorare e rendere più lunghi nel tempo gli effetti della
pandemia. Alla fine, si dovrà per necessità usare un pugno di ferro ancora peggiore.
Per molti mesi invece che per molte settimane, con molti più morti e molto
maggiori costi economici e sociali. Singolare che molti commentatori ed
esperti, non solo in Italia, riflettano poco su questi ragionamenti.
Tutto gira intorno al fattore R, la velocità di replicazione del
virus (il tasso di contagio). Si stima che all’inizio, in un paese normalmente
impreparato, il valore di R si situi in un qualche punto tra 2 e 3: cioè nelle
poche settimane in cui si rimane infetti ( prima di guarire o morire ), si
possono contagiare in media da 2 a 3 altre persone. Naturalmente in
condizioni particolari, come la suora sbadata, il direttore di ospedale
incapace, la partita di troppo del campionato, la discoteca chiusa in ritardo,
R può anche salire molto di più di 2 o 3 fino al focolaio, premessa dell’epidemia
e magari nel nostro mondo globalizzato, della pandemia; se R diventa minore
di 1, e questo è l’obiettivo, tende a esaurirsi l’epidemia. Con il Pugno di
ferro si porta R sotto il valore di uno (100 contagiati provocano meno di 100
nuovi contagi) più vicino allo zero e il più presto possibile. Così
si arriva vicini a soffocare l’epidemia (ERADICAZIONE).
I comportamenti del Governo italiano, attraverso i vari decreti DPCM
emessi, dopo la Cina, la Corea del Nord e alcune aree asiatiche già preparate
dall’esperienza Sars, tendono ad essere classificati vicino alla logica del
“Pugno di ferro” più che alla logica fallimentare della Mitigazione. Ma è così
?
Ad oggi i risultati cominciano a lasciare perplessi un crescente
numero di osservatori. In particolare mentre la curva (ufficiale) dei nuovi contagi tende a declinare, il
numero dei morti ( ufficiali ) sembra per il 13° giorno stazionario e
oscillante attorno ai 700-800 casi al giorno. Una preoccupante tendenza a
diventare una curva panettone che non
scende. Per quanto tempo possiamo accettare 7-800 casi al giorno senza valutare
altri interventi ?
A parte il fatto che i media stanno con superficialità diffondendo l’idea
che raggiunto il picco una curva chissà perché debba decrescere rapidamente
verso lo zero ( la speranza del riaprire tutto per festeggiare la pasqua o il primo
maggio), a me sembra che la perplessità sia giustificata e ci si debba spiegare
che succede.
Anche Pueyo, come altri, usa indifferentemente
i termini “Isolamento Sociale “e “ Distanziamento sociale” ma
almeno nel caso italiano andrebbero intesi come due azioni molto diverse. Possiamo stimare i decreti del governo come
umanamente tempestivi (pensate a Spagna , Francia, Usa etc..) ma risultano
politicamente timidi forse per eccesso di mediazione.
Se l’Isolamento sociale (nel senso di
chiudersi in casa) dopo i primi giorni è stato seguito abbastanza, per le attività
economiche e dei servizi pubblici e sociali la deroga alla chiusura è stata molto
più larga del necessario. Come esempio scandaloso, se confermato, il caso
delle 1800 aziende del bergamasco (proprio lì
!) che si sono auto-derogate per continuare
l’attività senza che avvenissero immediati interventi sanzionatori. Per non
parlare delle aziende che producono armamenti ed altre considerate
indispensabili.
Per quanto non sia facile trovare dati precisi
si stima che dopo il secondo DPCM del 22 marzo, almeno 3,5 milioni di persone
continuino, tutta o in parte, la loro attività lavorativa con le poche precauzioni
realisticamente possibili, senza modifiche strutturali dei luoghi di lavoro e
della loro attività, che richiedono tempo, poiché si dovrebbe garantire la
sicurezza e il loro “Distanziamento Sociale” da utenti o compagni di lavoro.
Queste persone, che alla sera tornano a casa
in famiglia, ci portano alla conclusione che almeno 6-7 milioni di persone, fra
le quali è scontata la presenza numerosa di asintomatici, non possono essere
considerate coerenti con le procedure di Isolamento Sociale ne di
Distanziamento Sociale. Essi
probabilmente sono la componente che alimenta la trafila di nuovi contagi,
apparentemente declinanti, e non fanno flettere la curva dei morti, fra i
quali, guarda caso, si sta abbassando l’età media.
Insomma, la pratica del “Guanto di velluto”
invece del “Guanto di ferro”, forse ispirata da un Comitato tecnico pieno di
incertezze e limiti, e/o dalle pesanti pressioni sociali e confindustriali
supportate da una parte dei media, potrebbe rivelarsi più pericolosa di quanto
possa immaginare chi non ha capito fino in fondo la particolare dirompente
capacità distruttiva del Coronavirus.
Tomas Pueyo, che ha ben chiara la difficoltà a
raggiungere una condizione di uscita stabile dalla crisi e che rileva la
continua possibilità di ricadute (R risale al di sopra di 1) ha “battezzato
«Balletto» il periodo di mesi fra l’introduzione del Pugno di ferro e l’arrivo
di un vaccino o di una terapia efficace, perché in questo lasso di tempo le
contromisure non saranno sempre le stesse, così severe. In alcune zone si
vedranno nuovi focolai, ma in altre no, e per un bel pezzo. A seconda di come
si evolvono i casi, si dovrà dare un giro di vite quanto al distanziamento
sociale, o lo si potrà allentare.”
È il balletto di R: un balletto di
contromisure tra il riprenderci la nostra vita e la diffusione della malattia,
tra l’economia e l’assistenza sanitaria... Come funziona questo
balletto? Gira tutto intorno al fattore
R che, abbiamo detto, rappresenta il tasso di contagio...”.
Per un bel po’ balleremo con il virus e il
problema è se riusciremo a condurre noi i passi del balletto. Non ci sarà un
momento in cui “tutto ritorna come prima”. Chi ne parla è uno sprovveduto,
o un ingenuo pericoloso se ha ruoli di potere, o un criminale se specula giocando
con le nostre vite.
Dovremo aspettare un vaccino e una terapia
efficace, avere la conferma che funzioni e si adatti alle possibili mutazioni
del virus. Dovremo capire il tipo di “memoria immunitaria “ cioè per quanto
tempo i guariti resteranno immuni ( un mese, un anno, dieci anni?). L’OMS ha avviato il progetto internazionale Security
che insieme a numerosi altri lavora per il vaccino ma al contrario delle prime
dichiarazioni circolanti i tempi previsti stimati non sono alcuni mesi ma 1 o 2
anni.
Non dimentichiamo quindi che, a parte i nostri guai
con la crisi climatica e l’inquinamento del pianeta, con la crisi da sovrappopolazione
e con la valanga di nuovi poveri che il Coronavirus sta già iniziando a
produrre sul pianeta, la crisi sanitaria può tornare ogni momento alla
ribalta. Il “balletto” durerà a lungo (1-2 anni?) e quindi diventa vitale (letteralmente) come
le leadership dei singoli paesi, in assenza di una leadership europea e
tantomeno mondiale, saranno in grado di regolare i passi in avanti e quelli
rapidi indietro quando è il caso, in
modo da essere noi e non il virus a condurre le danze.
Tomas Pueyo indica un lungo elenco di azioni,
da modulare nel tempo in base alla
necessità, necessarie fino alla
disponibilità di vaccino e/o altri strumenti di eradicazione, alle quali
attribuisce livelli diversi di importanza da bassa ad altissima,
stimandone costi, benefici e fiducia,
che sono già o devono imporsi all’attenzione di chi governa nel mondo. Ne elenco qui, con qualche aggiustamento mio, una decina che mi sembrano
le più importanti:
1)
Posti
di controllo temperatura in aree pubbliche, se possibile permanenti (stazioni, aeroporti,
stadi..)
2)
Tamponi
o esami ematici periodici a tappeto
3)
Disinfestazioni
pubbliche periodiche a tappeto
4)
Blocco,
pausa o annullamento di eventi sportivi, culturali, musicali.
5)
Chiusura
locali serali e notturni tipo discoteche, bar-ristoranti, cinema e teatri
specie al chiuso.
6)
Mantenimento
di forme variabili di isolamento o distanziamento sociale a livello locale,
provinciale, regionale applicato all’istante appena lo si valuti necessario.
7)
Riorganizzazione
totale delle forme di ingresso, visite, zone di accesso e percorsi, controlli,
in tutte le strutture ospedaliere, cliniche, pronti soccorsi, con l’obiettivo
primario di tutelare la sicurezza del personale interno (medici, infermieri, manutentori
e personale di pulizia).
8)
Riorganizzazione
totale di case e residenze collettive per anziani, convalescenziari, carceri.
9)
Riorganizzazione
totale delle strutture scolastiche specie scuole della prima infanzia ed
elementari, compresa una rigida educazione sanitaria per l’igiene personale
anche dei più piccoli. Espansione permanente di una frazione dell’attività
didattica fatta a distanza.
10) Tracciamento contatti via celle telefoniche
nei momenti di crisi.
Accenno solo in breve per chiudere, al
rapporto che alcuni hanno messo in evidenza fra le zone più colpite dal virus,
in Italia l’area della pianura padana, ed i preesistenti livelli di
inquinamento in particolare da traffico urbano, aziende insalubri e
inceneritori. In attesa di rilievi scientifici futuri, mi sembra naturale che le
popolazioni delle aree più inquinate siano più esposte in particolare a crisi
di tipo polmonare. E’ stupefacente osservare come in tre settimane e malgrado
le scarse piogge ed ancora un parziale utilizzo del riscaldamento e di alcune
attività produttive, ad esempio nell’area torinese da cui scrivo il livello di
smog, polveri sottili e gas climalteranti sia crollato a livelli inimmaginabili
fino a ieri. A conferma del rilevante apporto del traffico da auto che non è
più tollerabile come la forma prevalente di mobilità nei prossimi anni e che
nel corso di questo secolo va sostanzialmente cancellata.
Ricordo i dati di diversa origine (ISS, ISTAT,
INFLUNET) sui casi rilevati di malattia e di morte riferiti all’influenza negli
ultimi anni, con attenzione alla stagione influenzale, che parte dalla
settimana n. 42 di un anno (metà ottobre) alla settimana n. 17 dell’anno
seguente (fine aprile). E’ esattamente il periodo che ci interessa dato che
sembra ormai scontato (vedi l’ultima puntata di Report in TV) che il virus
fosse già presente in varie aree del mondo da novembre e in Italia da dicembre,
ben prima dei due famosi cinesi rientrati in Italia all’inizio di febbraio. Per
1-2 mesi nessuno se ne è accorto malgrado fossero stati segnalati alcuni
focolai di una polmonite particolarmente letale specie in Lombardia.
Fino alla terza settimana di febbraio un certo
numero di esperti in giro per l’Italia e l’Europa dichiaravano che il rischio
di contagio del nuovo virus era relativamente basso. Poiché si è sentito di
tutto fino a un mese fa, anche che avevamo a che fare con un virus influenzale un
po’ più aggressivo del solito, si tenga
presente che su un arco di 10 anni la media di malati da simil influenza in
Italia è sempre stata molto variabile ma sempre molto al di sotto dei 9 milioni
all’anno, all’incirca il 10% della popolazione e il numero di morti, con le
concause, a meno di 10mila casi all’anno, cioè alcune decine di casi al
giorno. Si fanno stime, di difficile verifica, che almeno 50 mila persone all’anno
muoiano a causa dell’inquinamento. In totale 100-200 persone al giorno. I morti
ufficiali prodotti dal Coronavirus in un mese, che sono già fortemente
sottostimati, sono ben più alti. Al momento di chiudere questo articolo (3
aprile), malgrado tutte le forme di isolamento ed emergenza in corso da settimane,
dal 26 febbraio quelli ufficiali sono già 15mila. Negli ultimi 12
giorni sono stabilmente al di sopra dei 700 al giorno. Non c’è nessuna discesa
dei morti ma un panettone che ci fa domandare se davvero abbiamo fatto e chiuso
tutto quello che si poteva fare e chiudere.
Comunque prepariamoci a fare il nostro balletto
bibliografia
San Mauro Torinese – 3 aprile 2020
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