Dire in
Italia con nettezza che “la corruzione puzza” e che i corruttori o
i corrotti puzzano è rivoluzionario. Non occorre essere papisti,
cattolici praticanti, ferventi credenti, clericali per riconoscere come questo
Papa si caratterizzi ogni giorno di più per essere un vero leader,
rivoluzionario ed anticonformista. Un francescano, semplice nei modi, onesto
nell’agire, fermo, vibrante nel rigore che manifesta ad ogni intervento. Dunque
autorevole leadership non solo per i credenti ma anche per i non credenti.
Avete mai sentito un (presunto) leader politico italiano tuonare con la stessa
veemenza parole simili a quelle adoperate ieri?
Tranne in qualche passaggio incidentale (Grillo, Vendola) mai ho udito parole
così potenti. Perché la potenza risiede anche nella chiarezza, nella semplicità
con cui i valori autentici anticipano le articolazioni seguenti.
Da noi al
massimo si sono sentite parole farneticanti come “Imu”, “ponte sullo stretto”,
“taglieremo”, “faremo”, “riforma della magistratura”, “separazione delle
carriere”, “decadenza” e acronimi indecifrabili tipo “Tarsu, Trise, Tares”.
Nessun leader che abbia mai raccontato che idea abbia del futuro dell’Italia,
quale Paese voglia progettare. Nessun leader che sia capace di dichiarare:
“Vogliamo una magistratura che accerti ogni forma di corruzione, individuando i
responsabili di questo sfacelo, che però non voglia invadere la politica;
vogliamo costruire un fisco equo, forte con i forti e garbato con i deboli;
vogliamo una politica che ridisegni un quadro di legalità sostanziale, con
poche leggi ma chiare; vogliamo un’Italia che riparta dai suoi beni più
preziosi: beni culturali, paesaggio, enogastronomia, bellezza, creatività; un
Paese dove i figli siano assai migliori dei padri”. Eppure l’Italia è in una
situazione di degrado morale, di radicata illegalità sostanziale, di
disfacimento culturale ed infine di involuzione economica tale da rappresentare
il naturale humus per la coltura di una tale figura morale. Perché non
riusciamo a produrre una così alta statura? I motivi sono tanti.
Il primo è
noto: la partitocrazia oligarchica ha conservato a lungo il potere nelle
mani di pochi soggetti, tendenti alla mediocrità, ultra conservatori, i quali
per garantirsi il potere hanno dovuto elargire posizioni di potere secondario
(quasi sempre economico) ad amici e agli amici degli amici, in un crogiuolo di
bieco familismo immeritocratico volto a creare e rafforzare una cupola di
potere, impenetrabile dall’esterno. Cupola oramai ondivaga tra il lecito e
l’illecito. Tutto ciò ha estromesso qualsiasi scelta meritocratica, l’unico
procedimento di formazione che consente a chiunque (dunque anche se proveniente
dalla scala sociale più bassa e figlio di n.n.) di divenire un leader o un
dirigente. Eppure la meritocrazia è uno strumento virtuoso di democrazia. Vi
farò un esempio di vita vissuta. A metà degli anni ’90 quando vivevo da giovane
con passione la politica attiva in prima persona in uno dei partiti della
sinistra, facevo parte di un gruppo di vivace fermento intellettuale che
progettava un Paese fondato sulla green economy, sul recupero e sulla
valorizzazione dei beni culturali, sulla qualità della vita come volano per la
nostra economia. Discutevamo di temi che ancora oggi sono definiti attuali.
Senza accorgerci che uno dei leader storici del partito, apparentemente unito
insieme a noi, in realtà aveva come unico scopo quello di controllarci per non
farsi scippare la leadership. Queste energie ed eccellenze dopo qualche anno
sono uscite dalla politica attiva, abbandonandola. Il “leader” falcidiante
invece oggi siede tra le fila del Pd. L’unico suo scopo era continuare a vivere
parassitariamente di politica, eliminando alla radice suoi concorrenti.
Questo
esempio può essere replicato in Italia per ogni movimento politico, per molte
imprese guidate da amministratori non fondatori. E per molti di voi. Realtà
(politiche ed economiche) guidate da presunti leader, in realtà mediocri figure,
tese a raggiungere un solo obiettivo: conservare sé stessi, il più a lungo
possibile, secondo l’aforisma mors tua vita mea. Soggetti non
illuminati ed egoisti, privi di senso comune. Ed è questo atteggiamento
meschino che dobbiamo sconfiggere in Italia se vogliamo consentire ai veri
leader di farsi largo, per il bene di tutti. Da noi ogni mese migliaia di
giovani espatriano per trovare nuove opportunità. Cervelli in fuga, tra questi,
eccellenze che andranno a far risplendere di luce (non propria) altri Paesi. Un
danno enorme, prima ancora che per la nostra economia, per la nostra
democrazia.
* da ilfattoquotidiano.it , 9 novembre
2013
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