Oggi l’importante manifestazione a Roma
in difesa della Costituzione (che vedrà la partecipazione di questo
giornale) è di grande importanza perché tesa a scuotere la
sensibilità sociale in un momento delicato per la nostra fragile democrazia,
invischiata com’è nelle larghe intese e nel più bieco consociativismo (e
giova ricordarne il significato, secondo la Treccani: “termine introdotto da A.
Lijphart (1968) per indicare un modello di democrazia rappresentativa, nel
quale la stabilità politica è il prodotto di un sistema di accomodamenti
e compromessi fra le élites di partito, che operano in modo da
controbilanciare i conflitti e le fratture esistenti nella società.”. Da noi il
consociativismo è perfettamente espresso da anni e soprattutto magnificato da
ultimo da una classe politica che si dà di gomito, palesandosi con le larghe
intese, con l’unico fine di salvaguardarsi e di continuare a mantenersi
a lunga vita. Da noi significa affarismo, oligarchismo, furbismo. Un
potere indistinguibile, coeso, solidale che ha rapporti leciti ed illeciti,
trasversale (perché non c’è settore della società che ne sia esente) il cui
unico scopo è quello di durare. Potere per il potere, imperituro.
Altro che
riduzione del costo del lavoro, abolizione del finanziamento pubblico ai
partiti, soppressione delle Province, riforma della giustizia e del fisco,
Porcellum, rinnovamento della classe politica, meritocrazia, cultura da
rilanciare, riforme strutturali, riduzione della spesa pubblica e tanti altri
temi fondamentali! Dinanzi ad una tale immensa cloaca, la difesa della
Costituzione diviene ancor più fondamentale. Lo dobbiamo ai nostri padri
costituenti, lo dobbiamo per salvare la dignità di noi stessi e dei nostri
figli. Perché consegnare definitivamente il Paese ad una banda di manigoldi
significa arrendersi e deporre le armi. La Costituzione è il simbolo e non solo
perché scolpisce i principi fondamentali sui quali si sorregge la nostra
democrazia e la nostra società. Poco tempo fa evidenziai come “la Costituzione
più bella del mondo” sia in larga parte inattuata. Mi fermai sfinito alla
lettura dei primi 13 articoli. Dall’approvazione dell’Assemblea
Costituente, il 22 dicembre 1947, ad oggi la nostra Carta costituzionale è
rimasta in buona parte lettera morta. Non viene insegnata a scuola, pochi la
conoscono, anche tra quelli che ne cianciano a vanvera, pubblicamente e non.
La
manifestazione di oggi non vuole affermare che la Costituzione sia intoccabile
ma che il sigillo in ceralacca apposto con l’art. 138 Cost. inserito
appunto nella “Sezione II Revisione della Costituzione Leggi
costituzionali” è un sigillo che non può essere rimosso con disinvoltura.
Certo non può essere rimosso da chi non possiede la legittimità morale e
storica di farlo. In pratica non può essere manomesso da una classe politica di
impuniti che ha trasformato il Paese in un deserto. La Costituzione non è
intoccabile. E’ intoccabile da costoro. Ma vi pare sensato e possibile che
vi entrino in casa i ladri, soggiornino a lungo e poi decidano anche come
ristrutturarla? I mass media ossequiosi e genuflessi si “cingono a corte”
intorno ai padri ricostituenti, i Gerovital pronti all’uso, chiamati a
riformare la Costituzione quale priorità per rilanciare il Paese. Ancora oggi
il pompiere della Sera a firma del battista di corte censura con indicibile
disprezzo i “conservatori costituzionalisti” e gli ignoranti che richiamano la
P2.
La difesa
della Costituzione è compito di tutti, a partire dalla scuola sino alla
magistratura ed all’avvocatura. Tanto la prima parte di essa, quanto la seconda
che disegna l’assetto democratico della repubblica parlamentare che qualcuno ha
già surrettiziamente trasformato in presidenziale. In questo momento è
opportuno riecheggiare a lungo i primi versi del poeta Goffredo Mameli dei
Mannelli: “Fratelli d’Italia/L’Italia s’è desta/Dell’elmo di Scipio/S’è cinta
la testa./Dov’è la Vittoria?/Le porga la chioma/ Ché schiava di Roma/
Iddio la creò./Stringiamoci a coorte/Siam pronti alla morte/L’Italia
chiamò./Noi fummo da secoli/Calpesti, derisi,/Perché non siam popolo,/Perché
siam divisi/Raccolgaci un’unica Bandiera, una speme:/Di fonderci insieme/Già
l’ora suonò./Stringiamoci a coorte/Siam pronti alla morte/L’Italia chiamò.
* dal
blog su ilfattoquotidiano.it
, 12 ottobre 2013
M.A. Mazzola è avvocato ed esercita a Milano nella materia
del diritto ambientale e della tutela della persona, nei settori del diritto
civile e del diritto amministrativo, fondatore dell’associazione Cendon & Partner,
membro del Consiglio di Direzione della Rivista Giuridica dell’Ambiente –
Giuffrè; da 2 anni rappresentante istituzionale dell’avvocatura Italiana
(delegato della Cassa nazionale di Previdenza e Assistenza Forense).
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