di Guido Viale *
Riusciranno le 100mila firma raccolte da Repubblica in
calce alla “lettera-appello degli scienziati alla politica” perché prenda atto
della gravità della crisi climatica a spostare in prima pagina, e tutti i
giorni, dal ghetto redazionale di Green&Blue, gli articoli sulle cause
della scomparsa del Po, dello scioglimento dei ghiacci, degli incendi di metà
delle foreste del pianeta, delle ondate di calore che si alternano ad alluvioni
devastanti, ecc.? E quand’anche quelle firme facessero l’effetto cercato, chi
mai si occuperà di realizzarla, la conversione ecologica? La fantomatica agenda
Draghi, fatta di guerre, armi, gas e Grandi Opere? Cingolani, che pensa solo ai
gassificatori e ad allungare la vita della Ferrari? Il ministro Giovannini,
alfiere dello “sviluppo sostenibile” con Alta Velocità e nuove autostrade (e
ora anche con il Ponte sullo Stretto)? Oppure “l’agenda Meloni”: Dio, patria e
famiglia? Quella sì che ci metterà al sicuro dal disastro!
Basta pensarci per capire che senza una radicale
sostituzione di tutta la classe dirigente presente e in arrivo – non solo in
Italia, ma in tutto il mondo – non ci si schioderà dalla deriva che ci sta
portando alla catastrofe. Ma chi può mai prendere il posto di un establishment
bollito in tutte le sue versioni?
Una nuova classe dirigente
Un candidato c’è. Sono le nuove generazioni sotto i
cui piedi la Terra brucia, si dissecca, si dissesta, preparando loro, nel
migliore dei casi, una vita d’inferno. Che se ne siano accorte lo dimostra,
prima e soprattutto dopo la comparsa di Greta, il movimento Fridays for Future
e gli altri movimenti fratelli. Ma per formarsi come nuova classe dirigente nei
tempi stretti che rimangono, non basta manifestare, protestare, appellarsi alla
“Scienza”. Occorre sperimentare e cominciare a praticare delle vere
alternative. A partire da dove il movimento è nato con gli scioperi del
venerdì.
Le scuole sono punti nevralgici di ogni possibile
ricomposizione di una comunità di umani, di territori e di altri esseri viventi
alleati per salvaguardare i rapporti reciproci che li tengono in vita. Le
scuole dovrebbero essere i luoghi deputati a trasmettere tra le generazioni saperi
frutto di decenni, secoli e millenni di esperienze. Ma la generazione presente,
quella adulta, sta dimostrando ben poca attenzione per quello che le succede
intorno. Ha imparato ben poco dalle generazioni precedenti (relegandolo nelle
soffitte di un’Accademia fine a se stessa) e non ha quasi più niente da
trasmettere alle nuove generazioni, se non tecniche avulse dalla consapevolezza
delle conseguenze della loro applicazione.
Nuove generazioni: Davide contro Golia
Per questo è nelle scuole, innanzitutto, che occorre
invertire rotta: fare sì che siano le nuove generazioni – quelle che hanno
capito o capiscono che ne va del futuro di tutti – a trasmettere alle
generazioni precedenti questa loro consapevolezza. Promuovendo un cambio
radicale dei programmi scolastici; delle pratiche didattiche; dei rapporti tra
allievi e docenti; di quelli tra interno (alla scuola) ed esterno (innanzitutto
le rispettive famiglie); di quelli tra vita quotidiana e istituzioni. E
soprattutto del rapporto tra gli esseri umani e il resto del mondo: alla
scoperta del fatto che siamo parte di questo mondo, ma anche che il resto del
mondo fa parte di noi. E poi battersi, perché la scuola sia aperta a tutti,
tutto il giorno, abbia pannelli solari, pompe di calore, coibentazione dei muri,
orti didattici nelle pertinenze. Perché sia di esempio per tutti.
E’ dalle scuole che deve iniziare l’abbandono di
quella cultura antropocentrica che ha dominato gli ultimi secoli in Europa e
poi nel mondo e delle attività che ne sono conseguite: quelle che con l’avvento
dell’Antropocene stanno portando all’estinzione la specie umana e non solo.
Un compito da Davide contro Golia, ma gli attivisti di
Fridays for Future e i loro compagni di mobilitazione devono avere il coraggio
di farsi Davide contro il Golia di un sistema di dominio che fino ad ora ha
irriso – o solo finto di prendere sul serio, il che è ancora peggio – la loro
irrilevanza, la loro “minore età”, la loro “incompetenza”. Loro sì, invece, che
sanno il da farsi … E’ già successo in un non lontano passato che un confronto
del genere si verificasse, sconvolgendo per qualche tempo i saperi e i poteri
costituiti, ma quel compito non è riuscito ad arrivare a buon fine. Ora però il
tempo stringe e “non c’è alternativa”.
Le scuole possono diventare un punto di accumulo delle
forze necessarie a invertire l’attuale deriva, per poi riverberarsi, anche
attraverso un salutare shock nelle famiglie, sui quartieri, sul territorio,
sulle aziende, sulle fabbriche, sulle istituzioni. Non si può pretendere che le
classi dominanti e i governi alle loro dipendenze cambino completamente le loro
stupide agende senza che i veri interessati a questo cambiamento dimostrino di
essere capaci di farlo loro: per lo meno nel loro ambiente naturale, che è la
scuola. Una scuola aperta, dove ci sia posto per tutte le persone di buona
volontà ecologica.
* dal blog - 12 agosto 2022
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