Lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del
livello dei mari, come tutti sanno (o almeno dovrebbero sapere), ci stanno
trasportando verso una catastrofe ambientale che a sua volta provocherà una
catastrofe umana.
L’ondata di calore che ha colpito l’Asia meridionale è
una delle manifestazioni del cataclisma ambientale in corso. Per diversi giorni
Jacobabad, nella provincia pachistana del Sindh, è stato uno dei posti più
caldi del pianeta. Moltissime persone sono morte nel subcontinente a causa di
colpi di calore e disidratazione. Sono le vittime del cambiamento climatico,
decedute solo perché il genere umano ha sostenuto idee fuorvianti sul
riscaldamento del pianeta o non ha prestato attenzione a chi aveva previsto
questa situazione.
Dalla loro comparsa sulla Terra, gli umani consumano
le risorse del pianeta e, da molti decenni a questa parte, stanno emettendo
troppa anidride carbonica nella sua atmosfera. Anche adesso le economie in
crescita come l’India e la Cina non sono interessate a impegnarsi per ridurre
le emissioni, nel timore che questo possa fermare la crescita delle loro
economie.
Il fatto che le conseguenze della catastrofe climatica
non sono contenute dai confini nazionali rappresenta un problema
Ma è proprio il fenomeno del degrado ambientale ad
aver reso evidente quanto la concezione che vuole lo stato nazionale come unità
politica fondamentale si sia rivelata fallimentare. È stata la pace di
Vestfalia, firmata nel 1648, a sancire questo principio. I regni e gli imperi
hanno lasciato il posto a paesi organizzati e delimitati da precisi confini
geografici, e per vivere al loro interno sono diventati necessari dei
documenti: un concetto del tutto nuovo per l’epoca. Viaggiatori del passato
come Ibn-i Battuta non si sono mai dovuti preoccupare di passaporti e visti,
come invece devono fare oggi gran parte dei viaggiatori. Negli anni di
Vestfalia, però, questi erano concetti nuovi, compresa l’idea che il governo
del popolo avrebbe sostituito il sistema delle monarchie sopravvissuto per
centinaia di anni. È molto probabile che così come noi non riusciamo a
immaginare un mondo senza stati nazione, i nostri antenati ridessero all’idea
di paesi non governati dai re e dalle loro corti.
Un problema transnazionale
I nuovi sistemi emergono quando quelli vecchi non funzionano più o perché le
loro lacune li rendono inutili. Nella situazione in cui ci troviamo oggi, il
fatto che le conseguenze della catastrofe climatica non sono contenute dai
confini nazionali si sta dimostrando un problema. Quando gli agricoltori del
Punjab indiano bruciano stoppie nei loro campi, il fumo arriva fino a Lahore e
per giorni la qualità dell’aria è talmente bassa che è difficile vedere anche a
pochi metri di distanza. E lo smog non è l’unico problema, come hanno evidenziato
molti esperti. Il fatto che il bacino idrico del Pakistan sia a valle rispetto
all’India crea anche un problema di sicurezza ed è una spada di Damocle sospesa
sulle teste di noi tutti. Se le ultime settimane hanno mostrato che inferno può
essere il cambiamento climatico, immaginiamo questa situazione moltiplicata
esponenzialmente nel momento in cui i fiumi si prosciugheranno in modo
permanente e la siccità diventerà la norma.
Il modello dello stato nazione è fallimentare anche
perché i suoi meccanismi obsoleti non riescono a gestire il cambiamento
climatico in modo giusto o equo. Per esempio, il Pakistan emette una quantità
di anidride carbonica inferiore a quella della maggior parte degli altri paesi.
Eppure, non gli sono mai state concesse risorse adeguate per far fronte alle
sfide climatiche delle quali è responsabile solo in minima parte.
Per gli ambientalisti il pianeta si sta trasformando
in una unità politica: i suoi limiti e la sua salvaguardia a livello globale
diventeranno l’obiettivo della cooperazione mondiale
Ne consegue dunque che una delle sfide più
significative della nostra epoca non si conforma al modello dello stato
nazione. I progressi negli studi sulle carote di ghiaccio ricavate dai
ghiacciai che si stanno sciogliendo consentono agli esseri umani di conoscere
il loro impatto sul pianeta andando indietro di migliaia di anni. Grazie alla
nascita e alla diffusione delle scienze della terra come la geologia, la
geofisica e altre, enormi quantità di dati sono stati convertite in numeri che
possono essere inseriti in modelli in grado di prevedere cosa aspettarci in
futuro. Gli umani non erano in grado di fare previsioni sul clima quando è
stata firmata la pace di Vestfalia. Adesso, invece, possono farlo con grande
accuratezza ed è grazie a questo genere di tecnologia se la nostra specie
riuscirà a comprendere davvero la gravità della catastrofe climatica che il
pianeta sta affrontando.
Cooperazione planetaria
Anche se le guerre come quella scoppiata in Ucraina sembrano sottolineare l’importanza
dello stato nazione e la costruzione di muri ai confini, eretti come intorno
alle fortezze, suggeriscono un’interpretazione il più letterale possibile di
questa forma di organizzazione politica, questi fenomeni potrebbero anche
rappresentare l’ultimo singulto dello stato nazione. Gli ambientalisti
sostengono che il pianeta si sta trasformando in una unità politica: i suoi
limiti e il suo benessere globale diventeranno l’obiettivo della cooperazione
mondiale. In parole povere, la valutazione del tempo sulla scala di millenni
resa possibile dai progressi scientifici e dai supercomputer sottolinea la
necessità di creare nuove unità politiche, pensate per interconnettere tutti e
tutto sul pianeta. Anche la pandemia, probabilmente, è stata causata dall’aumento
delle temperature, e anche questa sfida globale ha mostrato l’incapacità degli
stati nazionali di elaborare una risposta collettiva.
Il passaggio dallo stato nazione alla cooperazione
planetaria è inevitabile. La prospettiva di lungo periodo sullo stato del
nostro pianeta che possiamo estrarre dai ghiacciai ha svelato com’era la Terra
molto prima che facessero la loro comparsa gli esseri umani. Il pianeta sta
diventando più caldo, ambienti naturali si stanno perdendo e noi continuiamo a
scherzare con questa catastrofe. Il modello e l’ordinamento politico dello
stato nazione non ha prodotto gli anticorpi per arginare la più grande minaccia
per il nostro pianeta. Forse è il momento di pensare a un nuovo modello.
nella foto: un blocco di ghiaccio caricato su una moto a Jacobabad, nel
sud del Pakistan
· * da internazionale.it (traduzione di Giusy Muzzopappa dal quotidiano pachistano Dawn )
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