Germania. La
nuova guida socialdemocratica chiede salario minimo a 12 euro e finanziamenti
per il clima
nella foto Norbert
Walter-Borjans e Saskia Esken
di Sebastiano Canetta *
Vince
clamorosamente la coppia di super-critici della Grande coalizione con Angela
Merkel, e perde il duo fedelissimo all’alleanza con Cdu e Csu fino alla fine
della legislatura.
Il risultato
è che a Berlino da ieri alle 18 trema l’intero governo federale, dopo che alla
«Willy Brandt Haus» la Spd ha diffuso l’esito definitivo del ballottaggio per
l’elezione della nuova guida del partito. Con il 53% dei voti degli iscritti
espressi per posta o via web la parlamentare della sinistra Spd, Saskia Esken,
e l’ex ministro delle finanze del Nordreno-Vestfalia, Norbert Walter-Borjans,
sono i nuovi co-segretari della Spd.
UN MEZZO
MIRACOLO (partivano dal 21% del primo turno)
sancito dal 54% dei tesserati che hanno votato dal 19 novembre fino a venerdì
scorso, stabilendo – anche e soprattutto – la sonora bocciatura del
vicecancelliere Olaf Scholz e della deputata del Brandeburgo Klara Geywitz
incapaci di superare quota 45,3%. Per la prima volta dal 1890 i
socialdemocratici eleggono una donna e un uomo alla guida della Partei sul
modello già adottato dai Verdi e anche dalla Linke. Ora si attende solo la
ratifica dei delegati del congresso previsto a Berlino dal 6 all’8 dicembre,
che prevedeva l’annuncio della nuova «moderna politica socialdemocratica» e
invece ora si ritrova all’ordine del giorno la scelta se uscire dal governo
Merkel. Con la barra della Spd spostata decisamente a sinistra. Si chiudono
così sei mesi di commissariamento aperti dalle improvvise dimissioni di Andrea
Nahles, e si spalanca una marea di problemi per la tenuta del quarto esecutivo
di Mutti.
NESSUNA
USCITA PRECIPITOSA da parte di
Esken e Walter-Borjans, ma discussione subito sul «prezzo» della permanenza
della Spd nella «GroKo» con i cristiano-democratici. L’idea dei due nuovi
co-segretari è presentare una lista di condizioni all’Union da accettare in
blocco, a partire dal salario minimo a 12 euro, finanziamenti per il clima e
fondi per modernizzare le infrastrutture. Se Annegret Kramp-Karrenbauer (Akk)
segretaria della Cdu, non accetterà di rinegoziare il contratto di coalizione,
allora si aprirà la crisi di governo e quindi la scelta fra elezioni anticipate
o governo di minoranza Cdu-Csu.
SARÀ PER
QUESTO che si spolmonano «per l’unità
della Spd» due politiche del calibro dell’ex commissaria Manuela Schwesig,
governatrice del Meclemburgo-Pomerania, che ha invitato a sostenere i due nuovi
segretari «con cuore e anima» e Natascha Kohnen, leader Spd in Baviera, che
ricorda, in buona sostanza, «siamo tutti socialisti». Stride con i
festeggiamenti delle aree politiche Spd che hanno sostenuto Saskia Esken, e
Norbert Walter-Borjans. A cominciare dagli Jusos, i Giovani socialisti (da
sempre critici della «GroKo») incarnati a Berlino dalla presidente Annika Klose
che rivendica così lo storico risultato: «Ha prevalso la squadra che abbiamo
supportato fin dall’inizio e adesso abbiamo la possibilità di riposizionare la
Spd su un chiaro profilo di sinistra. Abbiamo il vento per passare dai sussidi
“Hartz IV” alla sicurezza di base superiore al livello di sussistenza. Oltre a
una nuova politica del lavoro basata sulla redistribuzione e sulla riduzione
dell’orario di lavoro. Non ultima: la politica climatica socialmente giusta con
la trasformazione dell’economia».
PROGRAMMA DA
INFARTO per Merkel e Akk, ma anche per il
vicecancelliere Scholz, ministro delegato alla gestione delle finanze
pubbliche. Infatti il presidente Cdu di Berlino, Kai Wegner, dalle colonne
della Berliner Zeitung dopo il voto invitava i partner della «GroKo» alla
scelta finale. «La Spd adesso deve decidere se continuare a essere un partito
di governo responsabile oppure sfuggire dalla responsabilità. Per quanto ci
riguarda è sempre in vigore l’accordo di coalizione. Insieme abbiamo lanciato
punti positivi e obiettivi lungimiranti».
Difficile,
se a vincere è stata la linea di Ina Czyborra, vicepresidente della Spd del
Land di Berlino, secondo cui «nella rinegoziazione dell’accordo con Cdu-Csu ci
dovrà essere l’equa distribuzione del reddito e la partecipazione del governo
federale sulla questione degli affitti su cui abbiamo già fatto molto a
Berlino».
*
da il manifesto - 1 dicembre 2019
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