di Gianfranco Amendola *
Ci aspetta
un 2020 così verde che più verde non si può. La migliore conferma, come
apprendiamo dai comunicati del Ministero dell’Ambiente, viene dal “decreto
clima” che è appena diventato legge. Un’apoteosi per il ministro “che ha
fortemente voluto questa norma per rendere più efficace l’azione di contrasto
ai cambiamenti climatici”, riuscendo a far passare “misure urgenti, positive e
concrete in tutti i settori considerati vulnerabili ai cambiamenti
climatici: acqua, agricoltura, biodiversità, costruzioni ed infrastrutture,
energia, prevenzione dei rischi industriali rilevanti, salute umana, suolo ed
usi correlati, trasporti”. Insomma, per dirla tutta con legittimo orgoglio, “il
primo pilastro del Green New Deal”.
E, infatti,
se lo andiamo a leggere vediamo che esordisce subito con “misure urgenti per la
definizione di una politica strategica nazionale per il contrasto ai
cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria”. Solo che,
per adesso, queste misure non ci sono perché dovranno essere stabilite
entro 90 giorni con “decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare,
sentiti il ministro della Salute e gli altri ministri interessati, nonché
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano”, che stanzierà anche “le risorse
economiche disponibili a legislazione vigente per ciascuna misura con la
relativa tempistica attuativa”.
Così come,
anche per avere “campagne di informazione e formazione ambientale nelle scuole”
dovremo aspettare le proposte che verranno dalle scuole sulla base di un
regolamento interministeriale che dovrà determinare “i criteri di presentazione
e di selezione dei progetti nonché le modalità di ripartizione e assegnazione
del finanziamento” di 2 milioni per i prossimi tre anni.
Per fortuna
che, invece, non dobbiamo aspettare per avere un auspicabile “coordinamento
delle politiche pubbliche per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”,
che si ottiene in un modo semplicissimo e geniale: dal 1° gennaio 2021
il Comitato interministeriale per la programmazione economica cambierà nome e
si chiamerà Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo
sviluppo sostenibile (Cipess): insomma dal Cipe al Cipess.
Seguono
diverse iniziative “sperimentali” con finanziamenti, appunto, sperimentali:
in primo luogo “misure per incentivare la mobilità sostenibile nelle aree
metropolitane”: e cioè, nei limiti delle risorse disponibili, un buono mobilità
fino a 1500 euro per la rottamazione dell’auto sino alla classe euro 3 e
fino a 500 euro per i motocicli sino agli euro 2 e 3 a due tempi; che però
deve essere utilizzato “entro i successivi tre anni, per l’acquisto, anche a
favore di persone conviventi, di abbonamenti al trasporto pubblico locale e
regionale nonché di biciclette anche a pedalata assistita o per l’utilizzo dei
servizi di mobilità condivisa a uso individuale”. Infatti, se pure non ce ne
eravamo accorti, l’Italia inquinata è piena di gente che aspettava questo
cospicuo contributo per liberarsi della vecchia auto inquinante e servirsi
finalmente del servizio pubblico; oppure per comprarsi una bella bicicletta
a pedalata assistita senza correre il rischio di intossicarsi per le strade,
visto che – grazie all’effetto del bonus mobilità – lo smog scomparirà
da un giorno all’altro.
E poi si
stanziano 20 milioni per i prossimi due anni da destinare ai Comuni per
progetti sperimentali per la “promozione del trasporto scolastico sostenibile
con mezzi ibridi o elettrici” nelle città sottoposte a procedure di infrazione
per lo smog, visto che evidentemente gli scuolabus oggi esistenti sono i
maggiori responsabili.
E poi c’è il
programma sperimentale per la “messa a dimora di alberi, di reimpianto e di
silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane, nelle città
metropolitane, la piantumazione e il reimpianto di alberi, di silvicoltura,
creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane” che, con 15
milioni complessivi l’anno ci insegnerà come avere delle foreste urbane e
periurbane nelle città metropolitane.
E ci sarà
anche un decreto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali
che ci farà capire come sarà possibile, “contrastare il dissesto idrogeologico
nelle aree interne e marginali del Paese”, con un fondo di 1 milione per il
2020 e 2 milioni per il 2021.
E intanto si
inventano nuove sigle ecologiche: il territorio di ciascuno dei parchi
nazionali diventa una Zea (zona economica ambientale) dove si darà sostegno a
imprese ecocompatibili con risorse che dovranno essere ricavate come
“una quota dei proventi delle aste di competenza del Ministero dell’Ambiente e
della tutela del territorio e del mare per gli anni 2020, 2021 e 2022”.
Arriva
Italia Verde, un premio per le città che presenteranno un “dossier di
candidatura che raccoglie progetti cantierabili volti a incrementare la
sostenibilità delle attività urbane, migliorare la qualità dell’aria e della
salute pubblica, promuovere la mobilità sostenibile e l’economia circolare, con
l’obiettivo di favorire la transizione ecologica”.
Arriva il programma,
sempre sperimentale, Mangiaplastica con 27 milioni complessivi per
cinque anni a quei Comuni che vorranno installare ecocompattatori “al fine di
contenere la produzione di rifiuti in plastica… nel limite di uno per Comune
ovvero di uno ogni 100.000 abitanti”.
Né potevano
mancare i caschi verdi per l’ambiente, un programma sperimentale “con lo scopo
di realizzare, d’intesa con il Ministero degli Affari esteri e della
Cooperazione internazionale, iniziative di collaborazione internazionale volte
alla tutela e salvaguardia ambientale delle aree nazionali protette e delle
altre aree riconosciute in ambito internazionale per il particolare pregio naturalistico,
anche rientranti nelle riserve di cui al programma “L’uomo e la biosfera” – Mab
dell’Unesco, e di contrastare gli effetti derivanti dai cambiamenti
climatici”. Tutto con la modica spesa di 6 milioni per i prossimi 3
anni.
Dulcis in
fundo, per combattere i cambiamenti
climatici, si stanzia un contributo a fondo perduto “pari alla spesa
sostenuta e documentata per un importo massimo di euro 5.000 ciascuno,
corrisposto secondo l’ordine di presentazione delle domande ammissibili, nel
limite complessivo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021,
sino ad esaurimento delle predette risorse” a favore di esercenti commerciali
per incentivare la vendita di detergenti o prodotti alimentari, sfusi o alla
spina.
E qui
finisce “il primo pilastro del Green New Deal” all’italiana che, a dire il
vero, era partito un po’ più seriamente, prevedendo la cancellazione dei sussidi
alle fonti fossili che, secondo Legambiente, solo nel 2018 sono
stati 18,8 miliardi di euro (altro che programmi sperimentali). Ma poi
non si è cancellato niente e questo è quello che è rimasto.
Meno male
che Greta c’è.
* da Il
Fatto Quotidiano - 29 dicembre 2019.
allegato: Decreto Clima
LEGGE 12 dicembre 2019, n. 141
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 ottobre
2019, n. 111, recante misure urgenti per il rispetto degli obblighi
previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualita' dell'aria e
proroga del termine di cui all'articolo 48, commi 11 e 13, del
decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229. (19G00148)
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