Crisi. Dopo l’arresto di 22 cittadini, la Germania
invita le imprese a non investire in Turchia. Si fa strada l’idea che Erdogan
faccia arrestare tedeschi per scambiarli con i golpisti in esilio
Relazioni
tra Germania e Turchia nuovamente in fibrillazione: il nuovo motivo d’attrito
ha il nome di Peter Steudtner, consulente in materia di diritti umani,
arrestato il 5 luglio durante un workshop di Amnesty International insieme ad
un collega svedese e quattro attivisti turchi.
Parole
durissime sono state pubblicate dal ministero degli esteri tedesco: «È stato
necessario comunicare alle autorità turche tutto lo sdegno e l’incomprensione
del governo tedesco per il caso di Steudner e degli altri attivisti. La
Germania ne ha richiesto l’immediato rilascio e l’accesso ai servizi consolari.
Le accuse di collegamenti con il terrorismo sono palesemente inventate, a meno
di voler assurdamente considerare Amnesty come un’organizzazione terroristica».
E il
ministro Sigmar Gabriel ha annunciato un cambio di linea nelle relazioni
turco-tedesche: «Vorremo che la Turchia continuasse a far parte dell’Occidente,
ma non assistiamo ad alcuno sforzo di volontà da parte del governo turco. La
Germania si vede quindi costretta a rivedere la propria politica verso la
Turchia».
In
precedenza rivolto solo ad alcune categorie sensibili, un avviso è stato
diramato a tutti i cittadini tedeschi in Turchia, allertati su come possano
essere soggetti a provvedimenti giudiziari arbitrari e privati dell’accesso ai
servizi consolari, «ristretto dalle autorità turche in violazione del diritto
internazionale».
Gabriel ha
annunciato che si stanno considerando provvedimenti finanziari in linea con la
nuova politica estera: «Non vedo come il governo tedesco possa continuare a
garantire investimenti di nostre aziende in Turchia quando c’è la minaccia di
espropri arbitrari dettati da ragioni politiche».
Il
riferimento è a casi come quello di Ozel Sogut, uomo d’affari tedesco detenuto
per presunti collegamenti con la rete dell’imam Gülen, che il governo turco
accusa del tentato golpe del 2016. Alimenta la tensione anche una presunta
lista di oltre 60 aziende tedesche che il governo turco avrebbe inoltrato a
Berlino perché ritenute di avere collegamenti con i gulenisti.
La stampa
tedesca ha anche lanciato la pesante accusa ad Erdogan di aver offerto uno
scambio di prigionieri: Deniz Yucel, giornalista in carcere dal febbraio scorso
con accuse di terrorismo, al posto di due generali turchi che hanno chiesto
asilo politico in Germania.
La notizia è
stata smentita da Gabriel, ma stampa e mondo della diplomazia tedeschi sembrano
prenderla sul serio. Bild e Faz citano fonti del ministero degli
esteri, mentre conferme indirette arrivano dalla politica turca, dov’è opinione
diffusa che il mancato rilascio di cittadini tedeschi sia la naturale
conseguenza del rifiuto di Berlino a soddisfare le richieste di estradizione di
Ankara.
La reazione
del governo turco arriva per bocca del portavoce Ibrahim Kalin, che ha
ribattuto a Gabriel: «Riteniamo che queste dichiarazioni sfortunate
rappresentino un investimento politico interno mirato alle prossime elezioni in
Germania. Non ci è possibile recepire dichiarazioni che intendono confondere
l’ambiente economico a scopi politici».
Il vice
premier Mehmet Simsek ha dichiarato che «le uscite stampa che sostengono che la
Turchia stia indagando compagnie come Daimler e Basf sono completamente false».
Il dissidio
tra Turchia e Germania era già scoppiato per il divieto ad alcuni parlamentari
tedeschi, che Ankara ritiene vicini al Pkk, di visitare basi turche in cui
stazionano soldati di Berlino, che ha quindi deciso di muovere le proprie
truppe in Giordania. A rischio anche l’accordo sui migranti, pensato e voluto
dalla Germania.
Sono circa
450 i militari turchi che hanno chiesto asilo in Germania e 22 i cittadini
tedeschi transitati per le prigioni turche, di cui sei tuttora in carcere con
accuse di terrorismo.
Nella
foto: Deniz Yucel, giornalista turco-tedesco in carcere
*
da il manifesto, 21 luglio 2017
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