E’ la percentuale di aventi
diritto al voto che gli è bastata per conquistare la maggioranza assoluta del
Parlamento, il 53% dei seggi (308, a cui si aggiungono i 42 dell’alleato MoDem).
I socialisti hanno convinto il 5,7% dei votanti, cioè appena il 3,5%
dell’elettorato, mentre la sinistra di Melenchon ha un risultato non
disprezzabile ma non decolla. Il più forte partito d’opposizione (113 seggi) è
di destra come il governo
dal blog di
Carlo Clericetti *
Il tempo di
un brindisi paneuropeo e delle elezioni francesi già non si parla quasi più.
Senza nemmeno aver aggiornato gli ultimi dati sui votanti e sulla distribuzione
dei seggi, che pure qualche importanza ce l’hanno. Persino sui giornali
francesi non è facile trovare una descrizione precisa dei risultati: non è male
questo articolo di Le
Monde, ma persino
la titolatissima testata incorre in qualche imprecisione. Eppure bastava fare
come ha fatto l’amico Maurizio Benetti, di cui qui sfrutterò il lavoro:
consultare i dati ufficiali del ministero degli Interni francese. Una piccola
fatica non inutile.
Per esempio,
quanti seggi ha preso alla fine Macron? 370, 350? No, 308. È sempre il 53% dei
seggi, quindi la maggioranza assoluta solo col suo En Marche!, il che è
comunque un risultato clamoroso per un partito nato da nemmeno un anno. Però
non è il 70% di cui si è favoleggiato nei sondaggi e in qualche exit poll, e i
seggi non sono 350 come scrivono quasi tutti: a quel livello si arriva
aggiungendo i 42 del partito alleato MoDem.
Ma quello
che più di tutto fa riflettere è con quale percentuale degli aventi diritto al
voto Macron ha ottenuto questa maggioranza: il 16,55%. E non vale l’ipotesi che
ciò sia dovuto all’astensionismo che – dopo il record storico del primo turno –
è aumentato ancora al ballottaggio, perché magari si dava per scontato il
risultato. L’aumento è fisiologico se relativo ai candidati che non hanno
passato il turno, perché magari i loro elettori non hanno voluto scegliere
altri. Ma Macron ha preso più voti rispetto al primo turno, quindi si deve
supporre che abbia fatto il pieno di chi voleva sceglierlo. E quel “pieno” si è
fermato, appunto, a poco più del 16%. Ecco comunque una tabella riassuntiva dei
dati più importanti (grazie a Benetti).
Sarà
interessante vedere come si orienteranno i socialisti, ridotti a miseri 29
seggi, che al primo turno avevano raccolto nientemeno che il 3,5% degli
elettori e il 7,5 dei votanti, e al secondo il 5,7% dei votanti. Il segretario
si è dimesso prima ancora che arrivassero i risultati definitivi del voto. La
domanda è: continueranno sulla linea Hollande-Valls (il Renzi d’Oltralpe), che
ha dato questi splendidi risultati? O si
ricorderanno che l’alternativa alla destra è la sinistra, che è una cosa
diversa da quella che hanno praticato finora?
Di certo
hanno fatto danni terribili allo stesso concetto di “sinistra”. Non è andata
bene neanche “La Francia ribelle” di Jean-Luc Melenchon, che pure al primo
turno delle presidenziali aveva sfiorato il 20% e a questo primo turno si è
fermato all’11% dei votanti (al secondo è sceso a poco meno del 5, ma perché se
ne sono andati i voti dei collegi dove non era ai ballottaggi). Per carità, è
un risultato che la residua e frammentata sinistra italiana non può neanche
sognare, ma non si può dire certo che abbia sfondato.
In Francia
ci sarà così un governo di destra che ha la maggioranza assoluta in Parlamento
e l’unico partito d’opposizione di una certa consistenza anch’esso di destra:
Les Republicains (il partito che fu di Sarkozy) hanno infatti evitato la
débâcle e possono contare su 113 seggi. Per i francesi delle classi più
svantaggiate si prospettano tempi duri, ma è quello che hanno scelto. E che
probabilmente, anche se in modi diversi, succederà anche in Italia.
(pubblicato su Repubblica.it il 19 giugno 2017)
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