Francia. Mélenchon attenua le critiche e privilegia il
"piano A" (ridiscutere con la Germania, senza uscire dall'euro).
Hamon a Place de la République. Polemica Stiglitz-Le Pen
* di Anna Maria Merlo
La Francia
voterà contro l’Europa? Quasi alla vigilia del primo turno, gli ultimi comizi e
appuntamenti portano un chiarimento su questo fronte, dopo settimane di
attacchi, da destra e da sinistra, contro la costruzione comunitaria. I
sondaggi restano incerti: per l’istituto Ipsos, Emmanuel Macron, in testa al
23%, sta perdendo terreno (2 punti in meno rispetto a tre settimane fa), come
Marine Le Pen, al 22,5%, che cala di 2,5 punti. Al terzo posto, François Fillon
tiene, con il 19,5%, in crescita, consolidando l’elettorato tradizionale della
destra, anziani e possidenti in testa, che per difendere il patrimonio mettono
tra parentesi considerazioni di carattere morale.
La sorpresa
è Jean-Luc Mélenchon, che conferma la crescita, è al quarto posto con il 19%,
tallona Fillon perché ha ancora riserve di voti tra gli indecisi, ma anche tra
gli elettori confusi soprattutto delle classi popolari che cominciano a
rendersi conto della truffa della propaganda del Fronte nazionale. Inoltre, c’è
sempre la riserva di elettori di Benoît Hamon, che ieri ha organizzato il suo
ultimo appuntamento “festivo” in place de la République, ma che ormai manca di
slancio, isolato dai cacicchi del Ps, malgrado la presenza, ieri, di Martine
Aubry e, in video, di Christiane Taubira (ex ministra della Giustizia) e Anne
Hidalgo (sindaca di Parigi). Il 43% degli elettori socialisti sono ancora
indecisi a pochissimi giorni dal voto di domenica e potrebbero cedere alle
sirene del “voto utile” (per evitare un ballottaggio Le Pen-Fillon o per
permettere a un candidato di sinistra di essere al secondo turno, quindi nel
primo caso verso Macron, nel secondo verso Mélenchon).
MÉLENCHON si sente quindi investito di una grossa
responsabilità, perché potrebbe arrivare al ballottaggio. Secondo il sondaggio
Ipsos, il candidato della France Insoumise è in testa nelle intenzioni di voto
degli studenti, di giovani che stanno costruendo il loro futuro. Così, la
posizione sull’Europa si è fatta più sfumata. Sono finiti i tempi dell’aut aut,
«l’Europa o cambia o ce ne andiamo», slogan coniato per sedurre un elettorato
popolare che si sente abbandonato e che cerca una rivincita. A Digione, nel
comizio moltiplicato da sei ologrammi in giro per la Francia e l’Oltremare,
Mélenchon ha precisato: «Non credete a quello che vi dicono» (l’accusa ai
giornalisti è diventata moneta comune, a sinistra e a destra, con le eccezioni
di Hamon e Macron), “vuole uscire dall’Europa, dall’euro”, via, è una
sciocchezza, siamo seri». Mélenchon ora punta tutto sul “piano A”: se eletto,
presenterà delle proposte alla Germania, «certo di venire ascoltato». Sulla
base della constatazione che «l’Europa è una grande idea ma i trattati che
l’organizzano sono una calamità», Mélenchon proporrà delle modifiche, che
dovrebbero permettere programmi di rilancio dell’economia, appoggiati dalla
Bce, con l’abbandono del Patto di stabilità. Hamon, che ha presentato con
Thomas Piketty un piano di rilancio dell’Ue, ha criticato le posizioni del
candidato della France Insoumise sull’Europa: «Vogliamo il 7 maggio sera vedere
la Francia rinunciare all’Europa, di fronte alla ferocia di Trump e
all’instabilità di Erdogan? O allinearci per altri 5 anni su Merkel e
Schäuble?».
MACRON è il candidato “dell’Europa”, accusano i contendenti,
l’unico del resto sugli 11 candidati del primo turno ad aver votato Sì al
Trattato costituzionale nel 2005 (ma Mélenchon aveva votato Sì a Maastricht nel
1992). François Fillon difende «l’Europa delle nazioni», per imporre la sua
purga ultra-liberista.
COSÌ, MARINE
LE PEN resta sola nella battaglia anti-Ue.
Ieri, l’economista Joseph Stiglitz ha ribattuto seccamente alla candidata del
Fronte nazionale, che continua a citare il nome del Premio Nobel dell’economia
a supporto del suo programma di uscita dall’euro: «Vorrei che Marine Le Pen
smettesse di dire che siamo d’accordo». Poco prima Stiglitz con più di una
ventina di altri Nobel (tra cui Amartya Sen), aveva pubblicato un appello,
uscito su Le Monde, a favore dell’Europa e dell’euro, «contro le politiche
isolazioniste e protezioniste, e le svalutazioni competitive, tutte realizzate
a detrimento di altri paesi, mezzi pericolosi per cercare di generare
crescita», che «comportano misure di rappresaglia e guerre commerciali».
Marine Le
Pen fa propaganda, «l’euro morirà, ci sarà una crisi finanziaria, tutti sanno
che l’euro non funziona, molti Premi Nobel di economia, anche se scrivono
appelli contro di me, dicono che non funziona, parlo di Stiglitz». Ma anche lei
sa che nel suo elettorato, soprattutto quello tradizionale fedele a Jean-Marie
Le Pen, ci sono dei risparmiatori che non vogliono l’uscita dall’euro.
* da il manifesto - 20 aprile 2017
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