In settimana la ministra degli esteri tedesca,
l’ecologista Annalena Baerbock, ha rimesso in discussione uno dei princìpi
cardine della diplomazia del suo paese: wandel durch handel, ovvero
il cambiamento attraverso il mercato. In altri termini si tratta dell’idea
secondo cui gli scambi economici favorirebbero la democrazia e la pace. Due
esempi pratici sono la Russia e la Cina, paesi con cui la Germania ha tessuto
legami economici molto stretti e con cui si trova oggi in contrasto.
In un discorso pronunciato davanti agli ambasciatori
tedeschi riuniti a Berlino, Baerbock ha dichiarato che “l’interdipendenza
economica comporta diversi rischi. Il commercio non è automaticamente seguito
da cambiamenti democratici”.
Fredda ironia
È una svolta che pone la Germania davanti alla sfida di ridefinire il suo ruolo
nel mondo e le sue relazioni internazionali. Una situazione non semplice.
A provocare questa presa di coscienza, evidentemente,
è il gas russo. Il 24 febbraio scorso, giorno dell’invasione russa
dell’Ucraina, è stato anche il giorno di un doloroso risveglio per la Germania.
Fino alla fine Berlino ha difeso il Nord stream 2, il gasdotto russo che non entrerà
mai in funzione. Alla fine Mosca ha chiuso anche i rubinetti del Nord stream 1.
In un
video pubblicato sui social network il gigante Gazprom ha ironizzato
su un’Europa che avrà freddo a causa della sua opposizione alla Russia.
La rottura con la Russia avviene nel dolore della guerra in Ucraina
La Germania, dunque, rivaluta radicalmente la sua
politica economica internazionale dopo essersi ritrovata dipendente dalla
Russia per l’energia e dalla Cina per il suo immenso mercato. Se alle grandi
case automobilistiche o ai produttori di macchine utensili tedeschi si
togliesse il mercato cinese scoppierebbe una crisi di grande portata. Per oltre
due decenni l’industria tedesca è stata un partner chiave dell’ascesa economica
cinese. Il risveglio, in questo caso, è arrivato con il tentativo cinese di
fare man bassa sul gioiello della robotica Kuka, quando l’inverso sarebbe
impossibile. Non è facile trarre le conclusioni di questa presa di coscienza.
La rottura con la Russia avviene nel dolore della guerra in Ucraina e nella
necessità di trovare nuove fonti di energia. Berlino non aveva più scelta.
Con la Cina la situazione è più complessa, perché
parliamo di miliardi di euro di investimenti e scambi con un paese considerato
dalla Germania e dall’Europa sempre più come un “rivale sistemico”, per usare
una formula della Commissione europea. La Cina, soprattutto, è impegnata
politicamente al fianco della Russia nella crisi ucraina.
La Germania, al pari della Francia, continua a
coltivare la speranza di poter trattare con Cina e Russia separatamente. La
settimana scorsa Emmanuel Macron ha dichiarato di non voler prendere posizione
nella guerra fredda sino-americana. La Germania condivide questa scelta: il
futuro ci dirà quanto sia realistica. Di sicuro l’illusione secondo cui il
commercio dovrebbe ammorbidire i costumi politici è scomparsa, e con essa una
certa idea di globalizzazione, uccisa dal covid, dall’invasione dell’Ucraina e
dalla svolta totalitaria dei regimi che speravamo potessero intraprendere il
cammino della democrazia.
nella foto: Shanghai, 6 novembre 2018. Lo stand della
Kuka alla China international import expo. (Ding Ting, Xinhua/Zuma
Wire/Ansa)
* fonte France Inter, Francia - da internazionale
.it 7 settembre 2022
( traduzione di Andrea Sparacino)
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