6 marzo 2020

Cambia il clima e le cavallette si mangiano mezza Africa


Il fatto della settimana. 200 miliardi di locuste stanno devastando i paesi dell’Africa orientale che già soffrono la fame. Gli uccelli predatori sono migrati in anticipo e gli insetticidi non sono risolutivi



Dagli albori dell’agricoltura l’uomo ha sempre dovuto fare i conti con le locuste, cavallette migratrici che distruggono i raccolti portando fame e miseria. La più devastante invasione degli ultimi decenni sta colpendo l’Africa orientale. Nubi di locuste si sono impadronite dei cieli del Corno d’Africa, abbattendosi sotto forma di tempeste sulla vegetazione di vaste aree. Un insieme di eventi meteorologici anomali, dovuti al cambiamento climatico, ha favorito la riproduzione esplosiva nella penisola arabica della Schistocerca gregaria (locusta del deserto) e la successiva diffusione in Somalia, Eritrea, Etiopia, Kenya, Sudan del Sud, Uganda. Sono tutti paesi che vivono una situazione di emergenza umanitaria a causa della carenza di cibo e delle guerre che si sono succedute negli ultimi anni.

LA SICCITÀ, CHE NEGLI ULTIMI ANNI HA COLPITO i paesi dell’Africa orientale, ha determinato una crisi alimentare che con l’arrivo delle locuste può diventare drammatica. «L’invasione delle locuste minaccia la sicurezza alimentare di una intera regione, con 20 milioni di persone che rischiano di aggravare irrimediabilmente la loro condizione», ha dichiarato il direttore generale della Fao. Il fenomeno sta assumendo dimensioni incontrollabili per la velocità con cui gli insetti si spostano, per il ritardo e gli strumenti inadeguati con cui si sta affrontando il problema. In autunno gli osservatori della Fao avevano già espresso la loro preoccupazione per le intense piogge cadute nelle aree semidesertiche dove le cavallette vivono e si riproducono. Il suolo, per l’elevato grado di umidità, ha favorito una riproduzione di dimensioni straordinarie degli insetti che, raggiunto lo stadio adulto, si sono organizzati formando sciami di milioni di individui che si sono mossi alla ricerca di cibo. I cereali (mais, grano, sorgo) risultano i più colpiti. La distruzione del sorgo, in particolare, è una tragedia per le popolazioni delle regioni aride, perché si tratta dell’unica pianta che si sviluppa in condizioni di scarse precipitazioni e che resiste alle carenze idriche, rappresentando il principale alimento. Il ciclo vitale delle locuste è stato oggetto di numerose ricerche negli ultimi anni, consentendo di comprendere il loro comportamento.

QUESTI INSETTI, CHE APPARTENGONO all’ordine degli Ortotteri (dal greco «ali dritte»), vivono due fasi: una sedentaria, che è solitaria, e una migratoria, che è gregaria. Le condizioni meteorologiche e la disponibilità di cibo svolgono un ruolo fondamentale nel favorire questo passaggio. I ricercatori delle università di Oxford e Cambridge hanno dimostrato che è la serotonina a modificare il comportamento delle locuste. Questo neurotrasmettitore, che nell’uomo regola la temperatura corporea, il sonno, l’umore, l’appetito, la sessualità, è presente anche nel sistema nervoso centrale delle locuste ed è in grado di modificare la loro percezione, attivando i segnali chimici (feromoni) utilizzati per comunicare. Gli insetti, dopo la riproduzione e lo sviluppo, continuano la loro vita solitaria se si trovano in una condizione di bassa densità abitativa, mentre, in caso di sovraffollamento, la serotonina produce modificazioni metaboliche e comportamentali che portano alla formazione di sciami devastanti che fanno terra bruciata. Avere compreso il meccanismo che controlla il processo di aggregazione delle locuste può consentire di intervenire sul loro comportamento per limitare i danni. I tre cicli riproduttivi, che si sono susseguiti a partire dall’autunno, hanno portato a un rapido aumento della popolazione di locuste, arrivando a superare i 200 miliardi di individui nei territori del Corno d’Africa. Le migrazioni dipendono da vari fattori: disponibilità di cibo, direzione e intensità dei venti, umidità, pressione atmosferica. Trasportati dai venti, che ne determinano la direzione e la velocità di spostamento, gli sciami possono percorrere in un giorno distanze superiori a 100 km. Uno sciame di media grandezza, formato da 30-40 milioni di individui, è in grado di divorare in un giorno tre mila tonnellate di vegetazione.

IN KENYA, IN QUESTI GIORNI, È STATO SEGNALATO uno sciame largo 40 km e lungo 60 km. Anche nell’Asia meridionale (Iran, Pakistan e India) si segnala la presenza di sciami provenienti dalla penisola arabica. Nel 2013 era stato il Madagascar a subire una invasione di locuste di proporzioni incontrollabili che avevano creato gravi problemi alimentari al 60% della popolazione. In un periodo in cui tutta l’attenzione è rivolta al coronavirus, si sta producendo un altro fenomeno legato ai cambiamenti climatici, una proliferazione abnorme di locuste del deserto che porta alla scomparsa di decine di migliaia di ettari di vegetazione in una delle aree più povere del pianeta.

DAVID PHIRI, COORDINATORE DELLA FAO IN AFRICA orientale, che ha quantificato in 70 milioni di dollari gli aiuti necessari a contenere l’invasione, ha lanciato un appello: «Bisogna agire al più presto per impedire un nuovo ciclo riproduttivo che porterebbe alla formazione di nuove larve che moltiplicherebbero di 500 volte il numero di insetti». Ma solo una piccola parte degli aiuti richiesti è arrivata e i singoli paesi non sono in grado di affrontare l’emergenza. L’intervento aereo per spargere insetticidi sulle aree di invasione viene vista come una scelta obbligata. Le operazioni avvengono durante la notte, quando gli insetti si posano a terra. Il problema è che gli insetticidi, anche quando vengono usati su larga scala, mostrano una efficacia parziale sugli insetti adulti, riducono il loro numero, ma a costo di un elevato impatto ambientale. Si spera nel clima più secco, che arriva a fine giugno, per limitare il numero e l’espansione delle locuste. Negli ultimi anni si è lavorato molto per cercare di prevenire la formazione degli sciami.

QUESTO OBIETTIVO SI RAGGIUNGE SOLAMENTE se si individuano le zone di deposizione delle uova e si interrompe il ciclo vitale degli insetti. Si cerca di monitorare in maniera permanente le condizioni ambientali delle aree di riproduzione e l’evoluzione delle popolazioni, intervenendo prima che gli insetti acquisiscano un comportamento gregario e si organizzino in sciami. Quest’anno l’operazione non è riuscita e le conseguenze sono gravi. Sono gli uccelli gli antagonisti naturali delle locuste. Ma gli uccelli hanno modificato il loro comportamento. A causa del riscaldamento del pianeta, che ha determinato un aumento della temperatura nelle zone temperate, anticipano la loro migrazione verso l’Europa. Quando gli sciami di locuste si sono diffusi nei territori dell’Africa orientale, molte specie di uccelli si erano già messe in viaggio verso nord e non potevano più svolgere una opera di contenimento degli insetti. La crisi climatica produce i suoi effetti anche nelle relazioni tra specie animali, alterandone il rapporto e modificando equilibri che sono il risultato di un lungo processo evolutivo. La presenza di locuste si registra anche in Italia, in particolare in Sicilia, Sardegna e regioni tirreniche. I lunghi periodi di siccità alternati a periodi di intensa piovosità, l’aumento delle terre incolte, dove le locuste trovano l’ambiente ideale per depositare le uova, favoriscono l’arrivo, la riproduzione e la diffusione nel nostro paese di questi insetti migratori. Nei mesi di giugno e luglio del 2019 diversi comuni della provincia di Nuoro hanno dovuto fronteggiare una invasione di cavallette crociate (Locusta del Marocco) che hanno distrutto più di due mila ettari di vegetazione. Il fenomeno è destinato a ripetersi e ad estendersi a causa dei processi di desertificazione che investono il 30% del territorio italiano.

* da il manifesto - 5 marzo 2020

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