La SPD ha iniziato a presentare il suo piano di
riforma dello Stato sociale tedesco. Si comincia con l'Hartz IV. Qui qualche
commento.
di Fernando D'Aniello *
Andrea
Nahles, da poco meno di un anno presidente della Spd, sta
tentando di far uscire il suo partito dalla crisi nella quale si trascina ormai
da anni. Una crisi confermata dai sondaggi
che danno ormai i socialdemocratici terza forza politica dopo i conservatori e
i Grünen e a rischio di essere superati dalla stessa Alternativ für
Deutschland. Per invertire questa tendenza, Nahles ha intenzione di innovare
profondamente il programma del partito e ha già avviato una discussione interna
con lo slogan “Zukunft in Arbeit” (il futuro nel lavoro).
Lasciamo per
ora da parte la questione del se e del come la Spd riuscirà a far convivere
queste proposte – molte delle quali sono già state valutate molto negativamente
dai vertici della Cdu – con la sua
presenza in un’alleanza di governo che, almeno nel testo del Koalitionsvertrag,
non prevede moltissimi degli interventi chiesti dalla socialdemocrazia. Anche
perché, d’altro canto, alla Spd serve tempo, quantomeno per comunicare agli
elettori queste nuove proposte: il partito di Nahles è indubbiamente l’ultimo a
volere adesso una crisi di governo che condurrebbe a nuove elezioni
(catastrofiche per la socialdemocrazia).
Il primo
pacchetto di riforme che la Spd ha presentato lunedì scorso (Un nuovo stato sociale per un nuovo
tempo) è dedicato proprio al lavoro e, in
particolare, al superamento di gran parte delle famose riforme di Schröder, la
ormai celebre Agenda 2010.
A fare da
perno del sistema è un diritto al lavoro (Recht auf Arbeit) con il quale
la Spd intende schierarsi decisamente contro un reddito di base o di
cittadinanza (Grundeinkommen). Diritto al
lavoro significa che «la comunità solidale si obbliga a occuparsi di ogni
singolo membro e rendere possibile ad ognuno lavoro e partecipazione, invece di
sottrarsi da questa responsabilità con un reddito di base». Il lavoro resta,
dunque, elemento centrale anche nell’epoca della digitalizzazione e del
mutamento tecnologico: «salari equi e buone condizioni di lavoro restano anche
per il futuro la chiave di una vita autodeterminata». Tutela e dignità del
lavoro si traducono in proposte concrete: salario minimo (approvato proprio
dalla Grande coalizione a partire dal 2015 e fissato a 8,50 euro, attualmente è
di 9,19 euro e, in prospettiva, la Spd lo fissa a 12 euro, misura che dovrebbe
coinvolgere poco meno di 10 milioni di lavoratori), maggiore centralità dei
contratti di categoria (tramite vantaggi fiscali per le imprese che li
adottano), rafforzamento della codecisione (Mitbestimmung) nei luoghi di
lavoro, provvedimenti ad hoc per le nuove forme di lavoro autonomo (in
particolare quelle delle piattaforme online) che garantiscano «diritti e
condizioni minime di lavoro, come una paga minima e protezione sociale».
C’è, poi,
l’altra gamba del sistema (per ragioni di spazio non ci soffermiamo sugli
interventi previsti per la famiglia, come un’assicurazione universale per i
bambini), quella rivolta a chi non lavora (e non accede quindi ai benefici
previsti dalla tutela della disoccupazione che i lavoratori stessi pagano
mensilmente con le trattenute sulla basta paga) o a chi, pur lavorando, non
guadagna a sufficienza da garantirsi una vita dignitosa.
Qui si
prevede il superamento del sistema dell’Hartz IV con un nuovo Bürgergeld
(diciamo una sorta di reddito minimo garantito) fondato su tre presupposti.
1) È privo di sanzioni, quantomeno di quelle senza senso e vergognose:
si pone ovviamente subito il problema, per ora non chiarito del tutto, di quali
siano queste sanzioni. 2) È più attento alla storia professionale di ogni
singolo cittadino, per evitare che debba essere costretto ad accettare ogni
proposta di lavoro. Infine, 3) rende possibile per i titolari di questa
prestazione di disporre comunque di piccoli patrimoni personali, mentre oggi
chi riceve l’Hartz IV è obbligato a utilizzarli (quasi) completamente
(finendo quasi sempre per peggiorare la propria condizione, diventando sempre
più povero).
Si tratta di
una modifica più letterale che sostanziale: il superamento del sistema di
Schröder del fördern und fordern (incentivare e pretendere)
avviene tramite altre formulazioni, tutto sommato abbastanza simili. I
cittadini, ad esempio, sono senz’altro titolari dei diritti alle prestazioni
dello Stato sociale ma sono anche investiti da precisi obblighi e
responsabilità. La ragione è evidente: in un sistema che fa del lavoro il
perno con il quale assicurare agli individui libertà e autodeterminazione,
quelli che non lavorano vanno inseriti, quanto prima, in un percorso di
riqualificazione professionale o messi nella condizione di tornare a lavorare.
La Spd, però, tramite l’innalzamento del salario minimo vorrebbe combattere il
fenomeno, oggi stabile ma comunque molto consistente, dei salari bassi o
bassissimi e vorrebbe affidare i lavoratori che recepiscono il Bürgergeld
(magari perché il loro salario è comunque troppo basso) alla mediazione dell’Agentur
für Arbeit e non più degli uffici del Jobcenter (la cui asfissiante
e irrazionale burocrazia è particolarmente odiata). In questo modo dovrebbe
essere limitata il vero problema dell’Hartz IV: un enorme regalo alle imprese,
tramite l’intervento dello Stato che mette di tasca propria una certa quota di
salario (che dunque, nella sua quota di spettanza alle imprese, resta molto
basso), senza che i lavoratori abbiano ricevuto alcunché in cambio. Lo
testimonia il dato in base al
quale i disoccupati sono diminuiti ma sono aumentati coloro che pur lavorando
fanno domanda di Hartz IV.
In attesa di
leggere anche le altre proposte è possibile fare due valutazioni. Innanzitutto Nahles
sta riuscendo, lentamente, a dare la propria impronta al partito: superando
razionalmente e senza inutili estremismi quanto andava superato delle
riforme del 2003. Ci sono certamente ancora punti oscuri – come ha fatto notare
il professor Butterwegge
vicino alla Linke – ma nella sostanza è evidente che la Spd si stia
confrontando con maggiore chiarezza e senza inutili affanni o estremismi con il
proprio (recente) passato. Del resto che le riforme del 2003 abbiano bisogno di
essere riviste e riaggiornate è un fatto ormai acquisito. Riacquistando alcuni
tratti tipici della socialdemocrazia classica, a partire dalla centralità dei
lavoratori e delle loro rappresentanze: è un inizio indubbiamente interessante,
seppur segnato da alcune contraddizioni e forse non sufficiente a superare
l’attuale crisi.
Perché ciò
che ancora lascia aperto più di un dubbio sulla consistenza di queste proposte
è il rapporto della Spd, più che con la propria storia, con il futuro: questa
centralità del lavoro e dei lavoratori come si traduce in una proposta politica
complessiva adatta al contesto internazionale che si è venuto a determinare
negli ultimi anni? Qual è, ad esempio, la declinazione europea di queste
proposte? Come ci si relaziona ai colossi economici che operano in Europa, come
Amazon, il cui fondatore ha
dichiarato proprio in Germania l’inutilità dei sindacati?
Ma ancor più
stringente appaiono anche altre questioni: il ruolo dello Stato non solo nelle
prestazioni sociali come il Bürgergeld ma anche nella tutela e
nell’erogazione di beni comuni, a partire dal patrimonio immobiliare, dal quale
lo Stato tedesco si è ritirato negli ultimi decenni con la conseguenza di
un’impennata degli affitti in un Paese storicamente di affittuari e non di
proprietari (Il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung segnala che
il rischio di povertà è cresciuto enormemente proprio tra chi ha una casa in
affitto). Le proposte della Spd permettono certamente di riaprire una
discussione politica importante con le altre forze progressiste tedesche. Ma,
almeno per ora, appaiono più dettate dalla gestione dell’emergenza che da una
chiara indicazione di rotta.
*
Berlino, 21 febbraio 2019 - da rivistailmulino.it ( origine: fernandodaniello.net )
(nota
mm : il contributo pubblicato sul tema non comporta da parte mia la
condivisione del contenuto )
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