La tragedia
del crollo del Ponte Morandi a Genova con i suoi 43 morti, i tanti feriti, gli
sfollati dalle proprie case, lascia davvero sgomenti. Adesso indaga la
magistratura, che ha già dichiarato che non può essere stata una fatalità, che
dovrà accertare le ragioni del crollo e le responsabilità precise di Autostrade
per l’Italia, il Concessionario tenuto alla custodia ed alla manutenzione
ordinaria e straordinaria del manufatto, e l’efficacia della vigilanza del
Ministero per le Infrastrutture ed i Trasporti, il soggetto Concedente.
Il Ministro
Toninelli ha istituito una Commissione d’inchiesta presso il MIT per accertare
quanto accaduto, ed il Presidente del Consiglio Conte ed il suo Governo hanno
deciso di avviare la procedura per la revoca della Concessione ad Autostrade,
secondo le regole fissate nella Convenzione Unica vigente per gravi
inadempienze.
La società
concessionaria Autostrade per l’Italia (ASPI) ha annunciato la messa a
disposizione di un fondo per le vittime e per gli sfollati e che rifarà il
ponte autostradale sul torrente Polcevera e la ferrovia: si tratta di impegni
dovuti sempre ai sensi della Convenzione Unica.
Non ha senso
mettere in relazione la tragedia del crollo con il progetto della nuova Gronda
autostradale di Ponente, come qualcuno in modo strumentale vorrebbe fare,
progetto che prevede il mantenimento del Ponte Morandi, con la maggior parte
del traffico che avrebbe continuato ad attraversarlo. Bisognava intervenire in
modo tempestivo per la sua manutenzione questo il problema reale, se era
degradato in modo irreversibile andava rifatto, se costituiva un pericolo
andava chiuso.
Questa
tragedia umana si è trasformata anche in una discussione pubblica sul sistema
delle concessioni autostradali italiane, dove improvvisamente si “scoprono i
privilegi dei Signori delle Autostrade” che non riguardano solo Autostrade per
l’Italia, con i suoi 3000 km di rete in concessione. Ma riguardano anche
gli altri 3500 km di concessioni autostradali ripartite tra il Gruppo Gavio, il
gruppo Toto, la A4 Brescia Padova, le concessioni pubbliche dell’autostrada del
Brennero e di Autovie. Non solo, anche le nuove autostrade come la Brebemi o la
Pedemontana Veneta (in costruzione), pur nate sotto l’egida di una gara, hanno
assunto le stesse distorsioni e gli stessi privilegi del vecchio sistema di
concessioni privatizzate e prorogate.
E qui lo
sgomento diventa indignazione perché noi ambientalisti, sostanzialmente
inascoltati, abbiamo documentato e denunciato questo sistema che ha visto
crescere i poteri delle concessioni private, senza che lo Stato fosse adeguatamente
messo nelle condizioni di regolare, vigilare ed intervenire sulla gestione di
questi grandi monopoli naturali costituita dalla rete autostradale italiana.
La
privatizzazione del centrosinistra di IRI/Autostrade del 1997 e la proroga di
20 anni della concessione.
Fino agli
anni ‘90 la gestione delle autostrade è pubblica sia per la parte in gestione
dell’IRI e sia per la proprietà di molti Enti Locali.
A metà degli
anni 90 si avviano le privatizzazioni, sia per fare cassa ed anche su impulso
della Unione Europea. Gli Enti locali dismettono molte loro quote e cosi cresce
il Gruppo Gavio a nord ovest. Il Governo Prodi nel 1997 (voto contrario dei
Verdi) decide la privatizzazione dell’IRI, entro il cui perimetro ricade la
società Autostrade, che ottiene anche la proroga della scadenza di 20 anni con
il via libera da Bruxelles, portando la concessione dal 2018 al 2038. Negli
stessi anni vengono anche prorogate tutte le principali concessioni
autostradali Italiane nonostante che dal 1993 fosse in vigore una direttiva con
obbligo di gara, ma si invoca il contenzioso pregresso (investimenti
realizzati, incrementi tariffari mancati, contenziosi) per assicurare che
saranno le ultime proroghe: alla fine anche Bruxelles darà il via libera. Il
soggetto concedente è ANAS.
Il
Governo di centrodestra approva nel 2008 la Convenzione Unica ANAS/ASPI
Nel 2006 il
secondo Governo Prodi, con il Ministro Di Pietro ai Lavori Pubblici
– a seguito della ventilata fusione di Autostrade per l’Italia con
la spagnola Abertis equivalente ad una svendita della società italiana e preso
atto di regole che tutelano di più gli utili delle concessionarie che gli
investimenti – emana un Decreto Legge per rivedere queste regole e farle
diventare molto più stringenti per l’interesse ed il controllo pubblico.
Nella norma
viene inclusa la previsioni di penali progressive, la possibilità di revoca o
decadenza della concessione, viene prevista la Convenzione Unica in cui
riordinare tutti gli atti e le convenzioni aggiuntive, che nell’ottobre 2007
viene applicata, discussa e sottoscritta tra ANAS ed Autostrade per l’Italia.
All’epoca apparve chiaro che la stessa Convenzione Unica ANAS-ASPI era molto
tutelante per il concessionario, che infatti non ottenne il via libera dal
Nars, del Cipe e venne criticata dall’Antitrust. La discussione fu molto accesa
anche in Parlamento, le concessioni autostradali fecero ricorso a Bruxelles che
aprì una procedura d’infrazione contro l’Italia con l’ipotesi di voler cambiare
unilateralmente le Convenzioni.
Poi il
Governo Prodi va in crisi, si torna al voto ed è il nuovo governo Berlusconi
del Popolo della Libertà e Lega Nord a risolvere con un emendamento ad un decreto-legge
(Legge 101/2008) la questione. Si alleggeriscono le norme del decreto-legge
Prodi del 2006 per le concessioni invocando la procedura d’infrazione UE e si
approvano per legge tutte gli schemi di Convenzioni già sottoscritti da ANAS.
Tra cui quello con Autostrade per l’Italia del 2007, evitando così pareri
parlamentari, Nars, Cipe, Corte dei Conti, che così nella seconda metà del 2008
diventa operativa. E’ questo il contratto base tuttora vigente ed ora
utilizzato dal Governo Conte per avviare la procedura di contestazione ad ASPI.
Non si
istituisce l’Agenzia indipendente per le infrastrutture stradali e
autostradali.
Si prosegue
rivedendo ancora le norme anche nel 2010 e 2012, eliminando i pareri delle
Commissioni Parlamentari, non attuando la norma che introduceva l’Agenzia per
le Infrastrutture stradali ed autostradali, che sarebbe dovuta subentrare ad
ANAS nei contratti e nella vigilanza, che invece viene portata al MIT. Alcune
funzioni vengono consegnate all’Autorità per la Regolazione dei Trasporti
(ART), ma sono funzioni deboli, senza il subentro effettivo nelle convenzioni e
nella vigilanza. Anche questa è una scelta politica, mantenere dentro il MIT le
funzioni di controllo, senza consegnarle ad una Autorità indipendente. Addirittura
di recente si è invocata dal MIT la segretazione degli allegati alla
Convenzione Unica, rendendo quindi impossibile un reale controllo pubblico e
parlamentare sugli atti e contratti in essere.
Nuove
proroghe previste dallo Sblocca Italia del Governo Renzi
Nel 2014
arriva lo Sblocca Italia del Governo Renzi e del Ministro Lupi, che propone di
unificare diverse concessioni private ed assentire ancora a nuove proroghe, per
realizzare nuovi investimenti autostradali, su cui dovrà dare il via libera
anche la Commissione Europea. Si parla di proroghe per il gruppo Gavio anche di
20 anni, la polemica è notevole, e quando arriva il Ministro Delrio al MIT
prosegue il confronto con la UE. Fino ad arrivare ad aprile 2018 quando
Bruxelles dà il via libera alle proroghe: 4 anni al gruppo Gavio per completare
l’Asti Cuneo (503 milioni di investimento) e 4 anni ad ASPI per 7.9 miliardi di
investimenti di cui 4,3 per la Gronda di Genova. Hanno di nuovo prevalso il
realismo politico della UE, gli investimenti da realizzare come un ricatto, la
promessa che sarà “l’ultima volta” del Governo italiano. Ma queste proroghe non
sono state perfezionate con Decreti ministeriali ed atti aggiuntivi perché nel
frattempo è arrivato il Governo 5telle/Lega che deve ancora decidere che cosa
fare.
Infine va
ricordato il nuovo Codice Appalti del 2016 che ha recepito al suo interno anche
la Direttiva n.23 del 2014 sui contratti di concessione e che consente il
prolungamento della durata della concessione per le società interamente
pubbliche in house soggette al controllo analogo, di cui è in corso una
complessa applicazione per l’Autostrada del Brennero e per la società del
nordest Autovie.
Il sostegno
trasversale di destra e sinistra al sistema delle concessioni
La lista
potrebbe essere molto più lunga, ciascuna con la sua storia deformata di
proroghe, cavilli, conti che non tornano, aiuti pubblici. investimenti che
avrebbero dovuto autofinanziarsi come per la BrebeMi, il Tibre Parma Verona, la
Valdastico, la Pedemontana Veneta, l’autostrada SAT della Maremma, l’Autostrada
della Valtrompia, la Pedemontana Lombarda, la strada dei Parchi del gruppo Toto,
la Campogalliano Sassuolo e la Cispadana del gruppo Autobrennero.
Privatizzazioni
senza gara, proroga costante delle concessioni, adeguamento automatico delle
tariffe (cresciute per ASPI del 25% in 9 anni), contributi pubblici, la
defiscalizzazione, il valore di subentro, aiuti ai pedaggi, la difficoltà di
imporre l’incremento delle spese per la manutenzione, si traducono in atti
convenzionali deboli verso l’interesse pubblico e con strumenti di vigilanza
delle istituzioni assai limitati.
Solo gli
utili privati crescono, basti pensare che dalla privatizzazione il gruppo
Benetton ha ricavato 10 miliardi di utile netto dalla fine degli anni
‘90. Per chi ha voglia di approfondire rimando ai testi “I signori delle
Autostrade” di Giorgio Ragazzi (edizioni il Mulino, 2008) e “Strade senza
uscita. Banche, costruttori e politici. Le nuove autostrade al centro di un
colossale spreco di risorse pubbliche.” di Roberto Cuda (Edizioni
Castelvecchio, 2013). O ai dossier che abbiamo prodotto ed inviato anche a
Bruxelles insieme a Monica Frassoni, copresidente del partito verdi europeo,
alle associazioni ambientaliste WWF e Legambiente, per contrastare proroghe,
aiuti vantaggiosi e gestioni senza gara.
Un sostegno
ai nuovi investimenti autostradali, ai concessionari autostradali ed AISCAT (la
loro associazione), che ha condizionato in modo trasversale le scelte del
Partito Democratico, della Casa della Libertà e della Lega Nord, senza
eccezioni. Inutili quindi le lacrime odierne di coccodrillo del Vicepresidente
del Consiglio Salvini che non solo ha votato la Convenzione Unica del 2008 ma
conosce perfettamente il ruolo del suo partito a livello nazionale e regionale
nel sostenere il sistema delle concessioni autostradali.
Avviata dal
MIT la procedura per la risoluzione della Concessione ad ASPI
Vedremo sei
i 5Stelle – ora al governo del Paese con la Lega con il Governo Conte –
sapranno riscrivere davvero queste regole a tutela dell’interesse pubblico,
come vanno invocando.
Ma serve
molto rigore e molta competenza per scardinare un sistema cosi stratificato.
Personalmente condivido la procedura di avvio della procedura di contestazione
della Concessione che il Governo attraverso il MIT ha rivolto ad Autostrade per
l’Italia per grave inadempienza dei suoi compiti. Ma l’esito non è scontato
perchè la Convenzione Unica prevede molte tutele verso il concessionario.
Autostrade
per l’Italia – che incassa 3,5 miliardi di pedaggi ogni anno, con 972 milioni
di utile netto nel 2017, che ha 7000 dipendenti, è una imponente realtà
italiana ed internazionale – che ha sottoscritto una Convenzione Unica di
massima tutela dei propri interessi, che di certo cercherà di far rispettare in
ogni sede. Atlantia, la società del gruppo Benetton proprietaria di ASPI, ha
inoltre in corso il perfezionamento dell’acquisto della società Abertis,
proprietaria di una grande parte della rete autostradale spagnola.
Da quanto si
apprende dalla lettera del MIT di avvio della contestazione ai sensi degli
articoli 8, 9 e 9bis della Convenzione il Concedente può accertare le
inadempienze in contradditorio del concessionario, e se si ritiene non
soddisfatto può avviare la procedura di decadenza della concessione. Quindi il
primo passo per il MIT sarà accertare le responsabilità soggettive di ASPI nel crollo
del ponte Morandi per incuria nella manutenzione ordinaria e straordinaria. Su
questo bisognerà aspettare le risultanze della Commissione di esperti istituita
dal MIT, e se questa non fosse sufficiente anche quelle della magistratura che
sta indagando sul crollo del Ponte e le responsabilità di ASPI e della
struttura vigilanza del MIT.
Accertamenti
complessi e dai tempi lunghi. Inoltre sembra di capire che se venisse accertata
la responsabilità di ASPI e decisa la decadenza il concessionario avrebbe diritto
ad un indennizzo legato alla scadenza naturale (2038) decurtato di una penale
del 10% sull’importo. Un autorevole giornale stima in 8 miliardi questo valore
di indennizzo ma altri esperti hanno stimato anche in 15-20 miliardi. La
Convenzione contiene anche altre clausole tra cui una ulteriore decurtazione
per “il maggior danno subito dal concedente per la parte eventualmente
eccedente la predetta penale forfettaria” che potrebbe ridimensionare
l’indennizzo. La Convenzione contiene anche un ulteriore articolo 9bis dedicato
a Recesso, Revoca e Risoluzione della Convenzione, che a sua volta sembra
essere di massima tutela del concessionario, che prevede lo stesso indennizzo
ma senza la penale del 10%.
In realtà,
dato che non sono noti e sono stati secretati gli allegati alla Convenzione
Unica, sarà opportuno che vengano resi pubblici e depositati in Parlamento e su
questo ragionare per comprendere bene che cosa sia necessario ed opportuno
fare.
Contestare
ASPI solo sulla base delle Convenzioni in essere sottoscritte in quel contesto
di regolazione pubblica “debole con i forti” come le concessionarie
autostradali temo non si riveli sufficiente. Servirà anche un quadro di nuove
regole e nuove norme di pulizia da approvare in Parlamento, di un dialogo serrato
e motivato con la Commissione Europea, di un tavolo con AISCAT perché la
revisione delle regole deve riguardare tutti i concessionari autostradali e non
solo ASPI. Del resto, se nel 2008 la Convenzione Unica di ANAS/ASPI (e non solo
quella) è stata approvata per Legge (saltando tutti i pareri e le procedure),
perché ora non dovrebbe essere possibile per la sua revisione se non la
risoluzione utilizzando lo stesso strumento?
Nazionalizzazione
o liberalizzazione?
La
valutazione deve essere accurata e vanno pesati tutti i pro e contro delle
scelte, i costi degli indennizzi ai privati ed i costi/ricavi di una gestione
pubblica. La discussione è già aperta, è già stata proposta la
nazionalizzazione della gestione, il trasferimento ad Anas, mentre altri invocano
la liberalizzazione con gara, qualcuno per un unico gestore, altri con uno
spezzatino che metta a gara singole tratte per promuovere la concorrenza degli
operatori.
Di certo vi
saranno nuovi operatori e non solo italiani, che staranno guardando “con interesse”
al dibattito in corso sul futuro delle autostrade Italiane.
Ed in caso
di gara il concessionario ASPI uscente potrà gareggiare per restare nel
mercato? Si tenga conto che in diverse gare effettuate in Italia di gestione
dei servizi si è lasciato l’operatore uscente gareggiare insieme ai nuovi
operatori.
C’è anche
chi propone di nazionalizzare ed eliminare il pedaggio anche se poi non spiega
come dovrebbe essere pagata la manutenzione e la gestione, dimenticando inoltre
che il pedaggio e la sua destinazione dovrebbe essere una delle componenti
della politica dei trasporti sostenibile per scoraggiare il trasporto su gomma
e sostenere il trasporto ferroviario, il cabotaggio e l’intermodalità.
Tra le
diverse opzioni va inclusa – se le valutazioni tra risarcimenti ed incassi
futuri non fosse positiva – anche il mantenimento della concessione in capo ad
ASPI, ma con una forte revisione della Convenzione in essere a tutela
dell’interesse pubblico.
Ogni ipotesi
ha dei rischi molto concreti: di creare un nuovo carrozzone pubblico opaco e
clientelare, di indurre una concorrenza sfrenata tra gli operatori che punti ai
massimi profitti e risparmi proprio sulla manutenzione e la sicurezza, di
“cambiare tutto per non cambiare niente” lasciando la concessione in capo ad
ASPI.
Per fortuna
le norme previste nel nuovo Codice Appalti del 2016 impongono clausole sociali
per i lavoratori che dovranno essere riassunti dal nuovo soggetto gestore che
dovesse vincere la gara e quindi da questo punto di vista i lavoratori sono tutelati.
Ma in caso di trasferimento in house ad ANAS, a parte l’autorizzazione
UE, andrebbe risolto anche il nodo lavoratori.
Non
dimentichiamo che la rete autostradale italiana è rimasta di proprietà dello
Stato e le privatizzazioni della seconda metà degli anni 90 hanno riguardato la
gestione, manutenzione ed investimenti, se pur con lunghe concessioni. (ricordo
che nel caso Telecom abbiamo fatto di peggio vendendo ai privati anche la rete
che entra nelle case)
Quindi una
volta visionati tutti gli atti, allegati, norme, accertate le responsabilità
sulle inadempienze, andranno prese le decisioni per il futuro. Ma in ogni
opzione in campo c’è una costante: il ruolo forte e potenziato verso
l’interesse pubblico che lo Stato deve assumere. Anche con il trasferimento dei
poteri di vigilanza e controllo sulle concessioni autostradali che ritengo
opportuno trasferire all’Autorità di Regolazione dei Trasporti.
Una
politica dei trasporti sostenibile per le infrastrutture
Come
ambientalisti abbiamo sempre denunciato come siano state le concessionarie a
fare la politica dei trasporti in Italia, con programmi per nuove autostrade,
terze e quarte corsie, capaci di condizionare la politica, le istituzioni, i
Governi nazionali, regionali e locali, tanto più in tempi difficili per le
scarse risorse pubbliche. In questo modo le autostrade puntano ad
autoriprodursi e prosegue la corsa alla crescita del traffico motorizzato. Sono
queste le ragioni fondamentali per cui gli ambientalisti si sono opposti alla
nuova Gronda autostradale di Genova, insieme all’impatto di un territorio
fragile, già fortemente compromesso e che fa aumentare il consumo di suolo.
E’ davvero
impressionante che a Genova la maggior parte delle merci che arrivano al primo
porto italiano proseguano la loro destinazione su strade ed autostrade, come
dimostra anche la ricerca di soluzioni urgenti stradali a seguito del crollo
del ponte Morandi. Non dimentichiamo che anche la ferrovia è interrotta a causa
del crollo e merita una rapida riapertura e potenziamento per essere in grado
di assorbire una quota delle merci su strada.
A Genova
servono investimenti per il potenziamento del nodo ferroviario che consenta a
merci e passeggeri, in un territorio denso e congestionato, di muoversi in modo
sostenibile. Invece si è data la priorità al terzo valico ferroviario Milano
Genova con 7 miliardi di investimenti.
Il ministro
Toninelli ha annunciato l’analisi costi benefici su diverse infrastrutture tra
cui anche sulla Gronda di Genova e vedremo le risultanze di queste valutazioni.
Riteniamo in senso generale che non si dovrà trattare di una analisi puramente
economica ma di valutare in modo articolato il ruolo ed il peso delle
infrastrutture in termini ambientali, territoriali e per la mobilità urbana.
La tragedia
del crollo del Ponte Morandi ci impone un’azione decisa sulla politica dei
trasporti nel nostro paese: come già prescrive il Codice Appalti 2016 ma non
ancora attuato, va aggiornato il Piano Generale dei Trasporti e della
Logistica, in cui far rientrare un coerente politica delle regole, delle
infrastrutture e dei servizi di mobilità del nostro Paese.
* da greenitalia.org -agosto 2018
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