Richiesta di
una sessione speciale dal Burkina Faso a nome dei cinquantaquattro paesi del
gruppo africano al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
da YTALI *
Mercoledì 17
giugno a Ginevra si terrà una riunione speciale del Consiglio dei diritti umani
per discutere del “razzismo sistemico, della brutalità della polizia e della violenza
contro proteste pacifiche” negli Stati Uniti e altrove. La richiesta di una
sessione speciale è stata presentata dal Burkina Faso a nome a nome dei
cinquantaquattro paesi del gruppo africano. La richiesta arriva dopo gli
appelli all’azione lanciati al Consiglio dalla famiglia di George Floyd, dalle
famiglie di altre vittime e da più di seicento ong.
L’ambasciatore
del Burkina Faso presso le Nazioni Unite a Ginevra, Dieudonné Désiré Sougouri, ha dichiarato che
La morte di
George Floyd, sfortunatamente, non è un caso isolato. La sua morte ha portato a
manifestazioni di protesta in tutto il mondo contro le ingiustizie e la
brutalità della polizia che persone che discendono dall’Africa devono
affrontare quotidianamente in molte aree del globo.
Un
diplomatico americano di lunga data di stanza a Ginevra ha dichiarato a Reuters
che
La nostra
trasparenza, l’impegno per una stampa libera e l’insistenza sul diritto alla
giustizia consentono al mondo di vedere i nostri problemi e i nostri sforzi per
trovare soluzioni.
Il Consiglio
dei diritti umani è un organo delle Nazioni Unite che promuove e protegge i
diritti umani in tutto il mondo. Composto da quarantasette membri eletti per
aree regionali, è stato spesso oggetto di critiche. Tra i membri del Consiglio,
infatti, molti paesi autoritari con scarso rispetto per i diritti umani ne sono
stati membri. Tra questi Cuba, Arabia Saudita, Cina, Indonesia e Russia.
Gli Stati
Uniti hanno sempre avuto un rapporto complicato con l’organo sin dalla sua
nascita nel 2006. Il presidente George W. Bush lo boicottò rendendolo
praticamente ininfluente, per protestare contro la presenza nel Consiglio di
stati che praticavano politiche di repressione sistematica dei diritti umani.
Il presidente Obama cambiò poi approccio e gli Stati Uniti s’impegnarono
attivamente nell’istituzione, con puntuali polemiche su alcune candidature.
Nel 2018
Donald Trump decise di abbandonare definitivamente l’organo per il pregiudizio antisraeliano
espresso dai suoi membri. Un’accusa nel passato sostenuta anche da due
segretari generali – Kofi Annan e Ban Ki-moon -, oltre che da
Unione Europea e Canada.
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16 giugno 2020
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