17 giugno 2020

Floyd. L’Africa ricorre all’Onu: razzismo sistemico negli Usa


Richiesta di una sessione speciale dal Burkina Faso a nome dei cinquantaquattro paesi del gruppo africano al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

da YTALI *

Mercoledì 17 giugno a Ginevra si terrà una riunione speciale del Consiglio dei diritti umani per discutere del “razzismo sistemico, della brutalità della polizia e della violenza contro proteste pacifiche” negli Stati Uniti e altrove. La richiesta di una sessione speciale è stata presentata dal Burkina Faso a nome a nome dei cinquantaquattro paesi del gruppo africano. La richiesta arriva dopo gli appelli all’azione lanciati al Consiglio dalla famiglia di George Floyd, dalle famiglie di altre vittime e da più di seicento ong.

L’ambasciatore del Burkina Faso presso le Nazioni Unite a Ginevra, Dieudonné Désiré Sougouri, ha dichiarato che 
La morte di George Floyd, sfortunatamente, non è un caso isolato. La sua morte ha portato a manifestazioni di protesta in tutto il mondo contro le ingiustizie e la brutalità della polizia che persone che discendono dall’Africa devono affrontare quotidianamente in molte aree del globo.

Un diplomatico americano di lunga data di stanza a Ginevra ha dichiarato a Reuters che 
La nostra trasparenza, l’impegno per una stampa libera e l’insistenza sul diritto alla giustizia consentono al mondo di vedere i nostri problemi e i nostri sforzi per trovare soluzioni.

Il Consiglio dei diritti umani è un organo delle Nazioni Unite che promuove e protegge i diritti umani in tutto il mondo. Composto da quarantasette membri eletti per aree regionali, è stato spesso oggetto di critiche. Tra i membri del Consiglio, infatti, molti paesi autoritari con scarso rispetto per i diritti umani ne sono stati membri. Tra questi Cuba, Arabia Saudita, Cina, Indonesia e Russia.

Gli Stati Uniti hanno sempre avuto un rapporto complicato con l’organo sin dalla sua nascita nel 2006. Il presidente George W. Bush lo boicottò rendendolo praticamente ininfluente, per protestare contro la presenza nel Consiglio di stati che praticavano politiche di repressione sistematica dei diritti umani. Il presidente Obama cambiò poi approccio e gli Stati Uniti s’impegnarono attivamente nell’istituzione, con puntuali polemiche su alcune candidature.
Nel 2018 Donald Trump decise di abbandonare definitivamente l’organo per il pregiudizio antisraeliano espresso dai suoi membri. Un’accusa nel passato sostenuta anche da due segretari generali – Kofi Annan e Ban Ki-moon -, oltre che da Unione Europea e Canada.

* 16 giugno 2020

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