Spagna. La capitale va a destra, sconfitta la sindaca
Manuela Carmena, Vox entra in consiglio. Anche la Comunità in mano al Partito
popolare. A Barcellona vince l’indipendentista Maragall, ma ora il Psoe
corteggia Ada Colau
di Luca Tancredi Barone *
Simbolo della grande sconfitta di queste elezioni
erano le lacrime emozionate di Ada Colau domenica sera davanti ai fedelissimi
di Barcelona en comú e il discorso serio e appassionato di Manuela Carmena a
Madrid. Quest’ultima ribadiva anche in un tweet che non sarà più sindaca, «ma
Madrid continuerà a essere solidale e partecipativa, progressista e aperta».
Colau invece ricordava orgogliosamente di aver avuto tutti contro, ma
nonostante questo di aver messo in piedi un nuovo modo di fare politica e un
nuovo progetto di città, e diceva di essere disposta a parlare con tutte le
forze di sinistra che vogliono mandare un messaggio di speranza al mondo:
«Dando priorità alle politiche sociali contro l’auge delle destre e la
giudiziarizzazione della politica».
Ma le due città simbolo del vento del cambiamento
entrato nei palazzi della politica 4 anni fa non possono essere più diverse.
A MADRID, dove l’affluenza è stata praticamente
identica a 4 anni fa, 68,2% contro il 68,9%, ha vinto la destra, per due seggi:
4 anni fa il movimento Ahora Madrid e i socialisti superavano la destra di Pp e
Ciudadanos di un solo seggio. Ma nel frattempo la sinistra è esplosa, da Ahora
Madrid Carmena ha allontanato Izquierda Unida e Podemos e oggi la destra anche
se divisa in tre (con Vox), supera socialisti e Más Madrid (il movimento
capeggiato dall’ex sindaca). Paradossalmente, sarà sindaco lo scialbo
capogruppo di un Pp molto più debole (passa da 21 a 15 consiglieri). Se è vero
che Carmena ha perso 15mila voti (e 1 seggio), i socialisti guidati dall’ex
allenatore di basket Pepu Hernández ne hanno persi 27mila (e un altro seggio),
mentre 43mila voti sono andati a Izquierda Unida che si è presentata da sola
con un ex assessore di Carmena, Carlos Sánchez Mato, senza però superare la soglia
di sbarramento.
NELLA COMUNITÀ, che il Psoe dava per conquistata dopo 30 anni di Pp e
innumerevoli scandali di corruzione, accade lo stesso: la maggioranza uscente
(Pp-C) era sopra l’opposizione di uno solo scranno, ora le tre destre superano
le sinistre di due seggi, ma a sinistra oltre all’egemonico Psoe, ora c’è Ínigo
Errejón, uscito da Podemos, con Más Madrid e tre volte i voti di quel che resta
di Podemos e Izquierda Unida, che pure entrano nel consiglio regionale.
SE LA DESTRA ha vinto chiaramente a Madrid, a Barcellona
(partecipazione al 66%, 6 punti in più che 4 anni fa) l’asse politico è invece
quello indipendentista. La destra ha un voto residuale: Vox non entra neppure,
il Pp entra per il rotto della cuffia superando dello 0.1% la soglia, con 2
consiglieri, e gli eredi del PdCat di Puigdemont ottengono solo 5 seggi (ne
avevano 10). Il resto si spartisce fra Esquerra, primo partito, con 10 seggi,
il doppio che nel 2015, altrettanti per Barcelona en comú (che ha 5mila voti
meno di Maragall, il candidato sindasco di Erc: lo 0,7%; rispetto al 2015 perde
20mila voti e 1 scranno), 8 al Psoe (il doppio di quelli che aveva), 6 a
Ciudadanos guidato dall’indipendente ex premier francese Valls: 28 seggi vanno
a sinistra e solo 13 a destra. Ernest Maragall sarebbe il primo sindaco
indipendentista (e di Esquerra republicana) dal 1939, ma conta solo su 15
consiglieri indepe, i suoi e quelli del Pdcat.
Di qui le manovre che già si intravedono. I socialisti
hanno già teso la mano a Colau per evitare un sindaco indipendentista; Valls
(che ha altri due fedelissimi nel gruppo di 6) minaccia di staccarsi da
Ciudadanos se si accordano con Vox – cosa che senz’altro accadrà in quasi tutta
la Spagna. È il preludio di un patto tra BeC, socialisti e Valls? L’unico modo
perché Maragall non sia sindaco è che Colau ottenga l’appoggio di 21
consiglieri, e con questo accordo i numeri ci sarebbero. Ma certamente
Barcelona en comú non sarebbe la stessa se governasse con Valls e con i
socialisti che hanno passato tutta la campagna elettorale attaccandola.
Ci sono però due importanti comuni i cui sindaci del
cambiamento non piangono: Cadice, dove migliora il risultato José María
González “Kichi” aumentando i suoi consiglieri da 8 a 13, a solo un seggio
dalla maggioranza assoluta. Peccato che Kichi si sia allontanato dalla linea di
Podemos, tanto che Iglesias non lo ha visitato in campagna elettorale. Un
risultato analogo è avvenuto a Valencia, terzo comune spagnolo: il sindaco
uscente Joan Ribó, di Compromís, partito valenziano di sinistra ed ex alleato
di Podemos, rimane alla guida, rafforzandosi, come pure gli alleati socialisti:
Podemos invece rimane fuori.
* da il manifesto 28 maggio 2019
nella foto: Manuela Carmena e Ada Colau
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