Nordreno-Vestfalia. Cinquemila attivisti invadono il
più grande impianto a cielo aperto del Paese con la «più imponente azione di
disobbedienza civile degli ultimi anni». Garzweiler, di proprietà del colosso
Rwe, è il luogo che emette più CO2 in Europa
di Sebastiano Canetta *
L’invasione dall’alto della più grande miniera di
carbone della Germania, ovvero il blocco «dal basso» dell’impianto a cielo
aperto che da 47 anni rappresenta la maggiore fonte di inquinamento
dell’Europa. Accade a Garzweiler, in Nordreno-Vestfalia, nel recinto di 66
chilometri quadrati che delimita la gigantesca area di proprietà della
Rheinisch-Westfälisches Elektrizitätswerk (Rwe): il colosso energetico di Essen
che fin dai tempi del Kaiser qui “estrae” soprattutto profitti milionari. Per
questo motivo ieri pomeriggio 5mila attivisti riuniti nella rete di Ende
Gelände hanno dato il via alla «più grande azione di disobbedienza civile
degli ultimi anni» per dirla con le parole degli organizzatori, per una volta
confermate dalla versione delle forze dell’ordine. Vestiti con la consueta tuta
bianca e mascherina, in 150 hanno sfondato il massiccio cordone di polizia
schierato a difesa del luogo-simbolo della lotta al cambiamento climatico.
Attraversando di corsa il vallo che separa le ciclopiche ruspe per l’estrazione
della lignite da ciò che resta del circondario urbano «i cui ultimi borghi
stanno per essere fagocitati dalla voracità produttiva della Rwe» come ben
riassumono i manifestanti, arrampicatisi sull’orlo del buco marrone e beige
visibile perfino dal satellite.
PER FERMARLI
non è bastata l’intimidazione preventiva della polizia locale pronta a
minacciare di arresto «chiunque avesse intenzione di commettere reati», quanto
a fermare (con mail dal contenuto falso e tendenzioso) gli studenti delle
scuole superiori interessati a partecipare in massa alla protesta. Ancora meno
sono risultate sufficienti a reprimere la disobbedienza le nubi di spray
urticante sparate ad altezza-occhi da centinaia di agenti in assetto
anti-sommossa. Poco prima dell’invasione
della miniera, circa 800 attivisti avevano bloccato il traffico della “ferrovia
Nord-Sud” utilizzata per trasportare la lignite dall’impianto di Garzweiler
alle centrali elettriche di tutto il Nordreno-Vestfalia. A partire dai binari
nell’area naturale di Hambach, dove da settembre è in corso la battaglia per
salvare la foresta dal disboscamento previsto nel piano di espansione della
Rwe.
RISULTATO: VAGONI FERMI per ore, con il combustibile
destinato alla vicina centrale di Neurath bloccato a un passo dalla meta. Di
fatto, l’impianto renano ieri ha potuto funzionare solamente a causa delle ingenti
riserve di carbone stivate nei magazzini adiacenti al forno che dal 1972
coincide con la più grande “fucina” di CO2 del continente.
«Uscire dal carbone adesso, non nel 2038 come
pretenderebbero il governo e gli industriali del settore» scandisce dal megafono
uno dei portavoce di Ende Gelände. «La crisi climatica non è uno scenario
futuro: sta accadendo qui e adesso. Ecco perché oggi siamo sul bordo della
fossa di lignite e sulla ferrovia, dove si produce il riscaldamento globale»
tiene a precisare uno tra le decine di attivisti provenienti da nove Paesi
europei. Messaggio chiaro, e strategia cristallina così riassumibile: «Entrare
a spinta nelle miniere per uscire di forza dal carbone». Un ragionamento privo
di grinze politiche, perfettamente allineato con quanto richiesto dalle
migliaia di tedeschi che venerdì scorso hanno animato l’ennesimo Friday For
Future tedesco. «Salvare i borghi – espropriare Rwe» è l’imperativo categorico
stampato sulle bandiere con i martelli incrociati, il simbolo storico di Ende
Gelände. Un’idea spaventosa per la Rwe, ma anche per la Polizei renana che ieri
ha cercato di impedire anche il racconto giornalistico della manifestazione.
NEL POMERIGGIO gli agenti hanno bloccato Fabian
Hillebrand, cronista della Neues Deutschland, obbligandolo a salire sul
bus bianco (con le scritte Rwe) trasformato nella centrale di polizia
provvisoria. Controllo di documenti, tesserino-stampa e inibizione formale a
partecipare alla manifestazione. Prima della sua liberazione: «Sono stato
salvato da una parlamentare, ma sono in custodia e non posso seguire la demo»
ha denunciato il giornalista via Twitter. È la libertà di stampa nell’epoca
della quarta Grande coalizione della cancelliera Angela Merkel, che sottoscrive
le Cop sull’Ambiente promettendo la fine dell’estrazione del carbone «prima
possibile», facendo tuttavia l’impossibile per rinviare sine die decisioni poco
gradite alla lobby degli industriali metalliferi come ai Paesi di Visegrad, tra
cui spicca la confinante Polonia.
Solamente nel 2018 la Rwe ha contabilizzato 335
milioni di euro alla voce guadagni netti (44,6 miliardi il fatturato nel
bilancio 2017), grazie al carbone tedesco e alle attività che – alla faccia
dell’embargo di Donald Trump – spaziano fino agli Usa dove Rwe controlla «American
Water Works» e «California American Water».
Nella foto: Gli attivisti del movimento per l’uscita
dal carbone invadono la miniera di Garzweiler, in Nordreno-Vestfalia
* da il manifesto – 23 giugno
2019
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